XII

152 8 0
                                    




"Sì, Liz, gli ho detto di sì. Sì, sono serio. Gesù, sto per chiuderti il telefono in faccia. Ecco, grazie. Ciao." sbuffò riattaccando e lanciando il telefono sul sedile del passeggero di fianco a lui per poi allacciarsi la cintura e mettere in moto la macchina.

Era appena uscito da casa del cantante dopo davvero troppo tempo rispetto a quello che si era ripromesso ma almeno adesso il suo quaderno era al sicuro ed era tornato al legittimo proprietario. Tutto sommato non era nemmeno andata così male con l'altro: dopo aver finito la tisana avevano continuato a parlare del progetto che Marco aveva per il loro insolito duo e Alessandro era semplicemente rimasto in silenzio ad ascoltare mentre l'altro viaggiava con l'immaginazione per mondi paralleli.

Non gli era mai capitato di lavorare con qualcuno così consapevole eppure tanto confuso. Riccardo era solo confuso, ad esempio, e sicuramente tra di loro quello più centrato era lui; invece con Marco sembrava di rivedere un pezzo di entrambi i mondi e dire che la cosa gli dispiacesse sarebbe stata una bugia.

Si erano messi d'accordo per vedersi la mattina dopo verso le dieci in uno studio che lui non aveva mai sentito nominare ma che a detta dell'altro era 'lo studio più bello della metropoli' qualunque cosa quella frase volesse dire, quindi per la prima volta in vita sua decise semplicemente di ritirarsi a casa e di riposare per l'evento del giorno successivo.

Era strano non fiondarsi in qualche squallido locale solo per far trascorrere il tempo in modo meno rumoroso ma per qualche motivo quella sera si sentiva abbastanza leggero da permettersi di restare da solo al buio e al silenzio senza sentirsi soffocare. Ne era contento, forse. Sicuramente sua madre avrebbe fatto i salti di gioia se l'avesse saputo e Alessandro non l'aveva chiamata proprio per quel motivo.

Viaggiò in silenzio, senza musica. Aveva  semplicemente abbassato il finestrino e lasciato che l'inquinamento rumoroso della città riempisse lo spazio vuoto all'interno della vettura con i suoi tipici suoni confusi e lontani.

Quando però si ritrovò da solo sul divano del proprio salotto, intento a fumare una sigaretta e a fissare il panorama serale fuori dall'ampia finestra posta di fronte a lui, la sua calma e sicurezza cominciarono a vacillare sentendo la famosa sensazione alla bocca dello stomaco irradiarsi lentamente verso lo sterno e infine verso i polmoni.

L'ansia lo stava annegando nuovamente nell'ombra del suo passato e per quanto volesse credere di essere più forte e determinato di lei, sapeva di essere solo una mera e insulsa nullità se paragonata a quella forza liquida che ora abitava nella sua cassa toracica come un inquilino abusivo.

Provò a farsi una tisana come quella che gli aveva preparato Marco qualche ora prima perché effettivamente al tempo lo aveva aiutato ma questa volta la bevanda bollente non fece altro che renderlo ancora più consapevole del proprio stato, quasi come se stesse versando benzina su un fuoco già troppo rovente.

Successivamente cercò di distrarre la propria mente aprendo il proprio quaderno e pensando a qualche frase o idea o qualsiasi cosa da buttare per iscritto da poter mostrare al cantante il giorno dopo, ma più pensava e cercava di riflettere e più dal retro della sua mente poteva udire echi della sua voce ripetergli quanto tutto ciò fosse completamente inutile e stupido.

Così nel giro di mezz'ora si ritrovò a infilarsi le scarpe, con le chiavi in una mano e i suoi sensi di colpa nel cuore che lo implorava di fermarsi mentre la sua mente lo applaudiva maligna per la scelta presa. Sapeva come avrebbe concluso quella serata che doveva essere diversa e che invece si stava rivelando essere la manifestazione concreta della sua assoluta incapacità di vivere, ma lui sapeva anche di essere una delusione dall'inizio alla fine e sapeva che i miracoli al mondo non avvenivano, perciò quando spinse la porta d'entrata del solito locale serale di Milano, quel senso di colpa e di piccolezza furono messi da parte da diversi shottini carichi di illusioni, disperazione e forse speranza di ritrovare all'interno di quella pozione alcolica la felicità e tranquillità vitale che tanto gli mancava e a cui si stava allontanando ogni giorno di più.

Nei letti degli altri| Mahmood•Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora