XVII

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Si guardò allo specchio un'ultima volta sistemandosi il ciuffo ribelle che continuava a ricadergli sulla fronte e di conseguenza sugli occhi. Non stava cercando di farsi bello per nessuno ma voleva sapere di esserlo per sentirsi più carico e potente di fronte all'altro che aveva risposto con un semplice "okay" al suo messaggio e che secondo i suoi calcoli non si trovava così lontano dal luogo dell'appuntamento.

Si sistemò il maglioncino di lana leggera indossato a causa delle temperature ormai primaverili e decise di essere abbastanza pronto per la conversazione che lo aspettava.

Il campanello suonò pochi minuti dopo, mentre lui se ne stava sul letto a giocare a qualche giochino idiota trovato sull'app store per ammazzare il tempo senza sentire l'ansia mangiargli le viscere.

"Ale, c'è qualcuno per te. Scendi." La voce di sua madre rimbombò forte nella tromba delle scale annunciandogli che il fatidico momento era finalmente arrivato. Si alzò piano dalla sua posizione e si mise in piedi tirando un sospiro di angoscia e poi si diresse veloce verso il piano inferiore.

Lo trovò in piedi sulla porta d'entrata bello come sempre ma anche abbastanza inquieto rispetto al solito, sua madre era al fianco di Marco.. Scendendo le scale il gradino emise uno scricchiolio che attirò subito l'attenzione del più grande che di rimando alzò subito lo sguardo incrociandolo al suo.

"Ehi tesoro eccoti finalmente, c'è questo ragazzo che ti cerca. Lo faccio entrare?" Chiese gentile la madre sorridendo anche al più grande che però nemmeno lo notò, mantenendo lo sguardo preoccupato fisso sul più piccolo.

"Si, mamma. Scusa mi sono dimenticato di dirti che invitavo un amico a cena. Vieni, saliamo di sopra." Disse a Marco che come un'ombra lo seguì lasciando solo un sorriso fugace alla proprietaria di casa.

Salirono le scale in silenzio e continuarono così fino ad arrivare alla porta di camera di Alessandro.

"Entra, dobbiamo parlare." Gli disse serio e l'altro seguì le sue indicazioni. Sembrava quasi una scena di un film giallo dove il detective portava il sospettato nella sala interrogatori per riuscire ad incastrarlo, e forse in un certo senso era quello che Alessandro stava cercando di fare. Incastrare quell'uomo, portarlo con le spalle al muro e capire perché da quando era entrato nella sua vita la sua presenza fosse diventata una costante anche nei suoi ricordi d'infanzia più cari.

Marco di rimandò si sedette subito sul letto.

"no ma fai pure come se fossi a casa tua..." commentò la sua mente sempre attenta a non lasciarsi sfuggire nessun minimo dettaglio ma questa volta Alessandro la zittì malamente perché aveva questioni più importanti da risolvere e da capire. Si posizionò seduto di fianco al cantante che a sua volta roteò leggermente il busto verso di lui per poter prendere la mano di Alessandro nella propria e prendendo un profondo respiro dire:

"Senti Ale, mi dispiace. Non so cosa mi sia preso però posso giurarti sul mio onore che non ricapiterà più. E' da quando te ne sei andato che mi sento una merda, non volevo obbligarti a fare nulla di tutto ciò pensavo lo volessi anche tu."

Alessandro girò la testa verso di lui confuso.

"Cosa? No. no, no, no. Non pensarci nemmeno, non mi hai obbligato a fare nulla; se l'ho fatto è stato perché era un desiderio anche mio e penso fosse più che evidente però non è proprio di questo che vorrei parlarti. Aspetta qui." Disse prima di alzarsi e avvicinarsi al comodino destro del letto, aprendone il cassetto e cominciando a cercare qualcosa.

Fortunatamente fu felice ritrovarla in quel casino che quel cassetto di modeste dimensioni conteneva. La fissò per un secondo chiedendosi se stesse facendo la cosa giusta però poi si girò verso il più grande e gliela porse chiedendogli: "cosa vedi?"

Nei letti degli altri| Mahmood•Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora