Memorie dal passato

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"Ok, torno dentro, tira troppo vento per restare sul balcone. Sbrigati, altrimenti beccherai un malanno..." disse con tono severo mentre tornava dentro ciabattando. Mamma era sempre stata una tipa tosta, al di là delle apparenze. Era nata in una famiglia alto borghese che nel tempo aveva sperperato tutto il capitale guadagnato con il gioco d'azzardo.

Mio nonno, Sandro Bora, era quello che oggi si definirebbe un'anima bella. Sul suo passato si sapeva ben poco, non aveva mai raccontato ai figli la storia della sua vita, rispondendo in modo sbrigativo ad ogni loro domanda sull'argomento. L'unico aspetto noto riguardava l'infanzia in collegio, dove era stato spedito dai genitori dopo la guerra assieme ai suoi tre fratelli. Lì aveva studiato ardentemente e sin da giovanissimo fu in grado di esprimersi fluentemente in spagnolo, francese ed inglese. Dopo il diploma iniziò a lavorare come correttore di bozze presso una delle maggiori filiali regionali di una nota casa editrice e con il tempo era diventato uno dei traduttori più richiesti. Era felice e fiero del suo successo, la vita sembrava sorridergli fin quando, in una calda mattina di Agosto, incontrò Rosa, mia nonna. Da quel momento cambiò tutto.

Rosa Lorenzi era una donna bellissima, dai lunghi capelli neri, occhi chiari, verdi come i fili d'erba primaverili e un corpo mozzafiato. Era nata in una famiglia alto borghese assieme ai suoi cinque fratelli. La madre, Lara De Fillis era di origini nobiliari ma aveva scelto di fuggire da tutto e perdere la dote per amore, per inseguire Flavio Lorenzi, un venditore ambulante di scarpe. Tutti pensavano fosse pazza, come poteva una donna del suo rango rinunciare a tutto quel denaro per scegliere un pover'uomo e vivere tentando di sbarcare il lunario? Eppure, dopo un anno di rinunce, tutti capirono che non era una pazza. Flavio era talmente bravo negli affari che riuscí a creare un vero e proprio impero. In poco tempo comprarono una villetta nel cuore della città ed aprirono un grande negozio in pieno centro. Con gli anni le vendite triplicarono e vennero aperti filiali nei paesi vicini, creando una vera e propria rete commerciale ed una base solida per la loro famiglia. L'ultima dei loro sei figli, nati nel corso di questi eventi, era appunto mia nonna Rosa. Unica donna tra cinque maschi, si era sempre distinta dai fratelli per il suo temperamento vivace, fin troppo espansivo ed eccentrico per i gusti dei suoi genitori.
All'età di 15 anni scappó di casa per raggiungere un'amica che abitava nella città vicina e lungo il tragitto venne notata da un agente che operava nel settore della moda. L'uomo, dopo vari complimenti, le diede il suo biglietto da visita, proponendole di chiamarlo e diventare una delle sue modelle. Rosa era elettrizzata solo all'idea di poter sfilare, di poter indossare i più bei vestiti che avesse mai visto e di essere guardata, ammirata, invidiata. Non fu così ovviamente. Il giorno dopo, tornata a casa, oltre ad averle prese di santa ragione si senti dire che sarebbe andata a vivere in campagna dagli zii paterni fino alla sua maggiore età, dove avrebbe imparato a stare al suo posto e a risparmiare soldi invece di sperperarli in vestiti, trucchi e altre chincaglierie. Non c'era via di scampo, quella volta doveva obbedire per davvero. Il giorno seguente all'accaduto venne accompagnata alla stazione pe prendere il primo treno della mattina e arrivare a destinazione. Faceva caldo, era un martedì di metà Agosto e la temperatura non accennava a scendere. Rosa indossava un vestito rosso che la fasciava in vita perfettamente, mettendo in risalto il suo giovane e procace fisico. La postazione di attesa davanti al binario era quasi deserta, c'erano solo due signore anziane che trascinavano delle pesanti valigie. Ad un tratto, come un'ombra nel deserto, vide arrivare in lontananza una figura maschile, un ragazzo giovane, sulla ventina, alto, magrissimo e occhialuto.

Fu quella mattina che Rosa Lorenzi, incontró Sandro Bora.

Sembravano fatti l'una per l'altra, fu amore a prima vista. Dopo un solo anno di fidanzamento si sposarono ed ebbero due figli, Alessandro e Clara, mia madre. Grazie al talento editoriale di Sandro la loro vita da alto borghesi procedeva con regolarità finché Rosa non propose al marito di fare una vacanza in occasione del loro anniversario e di festeggiare la data in modo particolare: al casinò. Sandro non aveva mai giocato d'azzardo ma si fidava di sua moglie, sapeva che non sarebbe accaduto nulla di male accanto a lei; magari si, avrebbe perso qualche spicciolo, ma nulla di più. Avrebbe fatto di tutto per vederla felice e lei lo sapeva.
Al contrario del marito infatti, Rosa si trovava perfettamente a su agio in quel contesto, era abituata alla vita modana, ai rinfreschi, ai ricchi amici dei genitori e al gioco. Tuttavia non aveva mai visto i suoi genitori giocare d'azzardo, erano dei "vecchi noiosi", come li definiva lei, che non sapevano divertirsi come tutti gli altri. Rosa adorava osservare gli amici del padre giocare a pocker sino a tarda notte nel grande salotto di casa sua. Mentre il Flavio, come un notaio paziente, assisteva e prendeva nota delle perdite e delle vincite dei suoi amici, lei li scrutava segretamente dalla cima delle scale. Il fumo delle sigarette la inebriava, il colore delle fish la ipnotizzava. In quei momenti sapeva che un giorno anche lei ne avrebbe fatto parte. Così fu, come lei aveva previsto anni prima, ora ne faceva parte.

Dalla sera in cui la famiglia Bora entrò in quel casinò, iniziò la loro vera storia. I debiti di gioco non si contavano più, arrivavano lettere di sfratto in continuazione, gli ufficiali giudiziari bussavano alla porta ogni mese e Sandro non sapeva più cosa fare. Era diventato ludopatico come anche Rosa, non aveva più freni inibitori. Più giocava, più perdeva e più voleva giocare. Era una spirale senza fine. Alla fine, dopo un anno e mezzo da quella maledetta serata, avevano perso tutto, il lavoro di Sandro, il capitale accumulato, i mobili di pregio, i quadri e l'argenteria. La casa era vuota e fredda, ormai rimaneva solo una soluzione. Trasferirsi a casa dei suoceri, a casa dei genitori di Rosa, gli unici nonni dei bambini ancora in vita e gli unici in grado di aiutarli.
Pur sapendo che l'avvicinamento non sarebbe stato facile, era costretta a piegarsi di fronte alla dura realtà. I rapporti tra di loro erano sempre rimasti tesi, anche dopo il matrimonio. Flavio e Lara non avevano mai accettato il comportamento della figlia e conoscevano bene il male che Rosa aveva arrecato a Sandro, il genero dall'animo tanto buono quanto fragile. Tuttavia, dopo numerose discussioni telefoniche, dopo dinieghi e parole grosse, per amore dei nipoti decisero di ospitarli nella loro grande villa, ormai troppo grande per due anziani coniugi.

Da quel momento la vita ricominció a sbocciare pian piano. Sandro con fatica riprese a lavorare, seppur sottopagato, presso una piccola redazione di provincia, i bambini iniziarono a frequentare le scuole elementari e Rosa, con la scusa di dover ripulire quella "casa polverosa e cadente", come l'aveva sempre definita sin da piccola, rimaneva a riposare in salotto tutto il giorno sorseggiando gin.

Tutto sembrava risolto alla bene e meglio, ma i guai non sarebbero di certo mancati.

Eroma. Il rumore della città Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora