Myia
Quella notte cambiò tutto.
Cambiammo io e Altair, e non solo.
Cambiarono i miei genitori nei nostri confronti, il rapporto con il mio migliore amico e la fiducia che riponevo in lui.Persi il conto dei giorni che passammo io e Altair senza rivolgerci parola.
Mio padre, mi mise in punizione per una settimana e proibì a lui di uscire per fare serata, ma non sembrò importargli.
Aveva iniziato a lavorare, passava ore intere al computer, ed era quello il suo unico obiettivo. D'altronde era il motivo del suo trasferimento.
Io invece passavo i miei giorni a studiare per Oxford, concentrandomi sul mio inglese, e a seguire il corso di pilates.Passò più di un mese e mezzo da quella sera, eppure le giornate, passate a ricordare tutto, sembrarono infinite.
Le parole dette con rabbia, le accuse lanciate come coltelli affilati. Ricordavo ogni dettaglio: il suono della sua voce rotta, la luce fredda della luna, il silenzio assordante che seguì. Dopo quella notte,
niente fu più lo stesso.A distrarmi furono le uscite con mia madre, in vista del mio compleanno, e quelle insieme a Natalia, che stavo conoscendo giorno dopo giorno.
Era una brava ragazza, molto intelligente e dall'aria tranquilla, ma soprattutto dall'animo buono.
Amava i fiori e gli animali, e aveva un certo interesse per l'astronomia e la scienza.Fu proprio lei a dirmi che il nome di Altair, quel ragazzo tanto arcano che non riusciva a mantenere una relazione civile con qualsiasi essere umano presente sulla terra, faceva parte della costellazione dell'Aquila: una delle mie preferite.
Al mio rientro a casa la sera stessa, proprio dopo la nostra uscita, tentai di stimolare una conversazione con lui, aprendo il discorso con questa stupida scusa, ma mi fermai prima di farlo.
Ormai avevamo smesso anche di guardarci.
L'aria tra di noi era diventata densa, come se ogni parola non detta pesasse un grammo in più su di me, ma non lo diedi a vedere. Infondo, era meglio così. Io e lui non eravamo mai andati d'accordo, e sforzare questo rapporto, già sgretolato in partenza, non avrebbe portato da nessuna parte.
La casa, un tempo un rifugio sicuro e pieno di risate, divenne un campo minato di silenzi e sguardi evitati.
La prima settimana fu la più dura. Ogni mattina sentivo la sua esistenza come un'ombra costante. Non era solo la presenza fisica, ma quella psicologica, fatta di piccoli ricordi e speranze infrante.
La mattina seguente, quella successiva al compleanno della madre di Mathias, mi alzai e vidi il mio riflesso nello specchio: gli occhi spenti e gonfi di lacrime non versate. E mi chiesi come fosse possibile continuare vivere in questo modo, sotto lo stesso tetto.
Per la prima volta riuscii a sentirmi uno schifo per qualcuno che non fosse la mia famiglia.Ero diventata un complesso di emozioni contrastanti: delusione, rabbia, amarezza e angoscia.
Ero delusa da Mathias, per come aveva trattato Altair, e da me stessa, stupida e ingenua che gli aveva raccontato tutto quanto.
Ero arrabbiata con mio padre, che mi aveva costretto a vivere con lui per quasi due mesi e chissà per quanto altro tempo ancora, e con mia madre perché glielo aveva permesso.
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Quella rosa bianca
RomanceMyia Parker, una brillante ragazza di 17 anni, è costretta a trasferirsi in Spagna insieme ai suoi genitori per motivi di lavoro. Ha due obiettivi nella vita: entrare ad Oxford e diventare criminologa. I suoi sogni sono appesi a un filo trasparente...