Lavorare insieme non è poi così male.
Ammetto di essere stata scettica all'inizio. Ma che dico scettica, del tutto contraria, all'idea di lavorare con lui, ma ora, a circa una settimana dalla prima volta a casa sua, non posso lamentarmi così tanto.
Ci siamo visti tutte le sere dopo il lavoro e tutte le mattine al locale. La seconda sera a casa mia gli ho detto che poteva tornare al bar e lui ha accettato, dicendo che lo faceva solo per i cappuccini.
Gliene ho serviti cinque diversi in cinque giorni, rispettivamente con sopra disegnati: un boccino d'oro, il tridente di Poseidone, un assaltatore imperiale, un dito medio e il simbolo di Starbucks.
Il dito medio era per la sera precedente, quando mi aveva fatta arrabbiare per un altro cambiamento alla trama che voleva fare; il simbolo di Starbucks, invece, era perché dopo il gestaccio sul suo cappuccino ha detto ad alta voce che l'indomani sarebbe andato dalla concorrenza, e invece è tornato di nuovo da noi e si è seduto a quello che ormai è il suo posto.
Oggi però voglio sorprenderlo.
Ha detto che per quanto impressionante, la mia latte art stava diventando ripetitiva, quindi stamattina ho osato e non vedo l'ora di sapere cosa ne pensa.
Non per avere la sua approvazione, certo che no, è solo perché mi diverto a stuzzicarlo.
Ok, forse voglio anche avere la sua approvazione e sentirmi dire che sono brava.
Già commenta la mia scrittura la sera, se ora si mette a criticare anche il mio lavoro la mattina posso pure evitare di presentarmi.
Mi avvicino al suo tavolo con il vassoio in mano, come consuetudine.
Ormai fa parte della routine: lui arriva qui alle nove e mezza, io gli porto il cappuccino al tavolo, lui lavora alla sua parte di manoscritto sotto la mia supervisione, poi va a preparare il pranzo per tutti e tre e torna a scrivere fino a quando non andiamo insieme a casa mia.
Vista così la situazione potrebbe sembrare preoccupante, ma devo ammettere che non mi dispiace lo schema che abbiamo creato.
Certo, in alcuni momenti vorrei ancora stringergli le mani intorno al collo fino a che non lo vedo cambiare colore in viso, ma per la maggior parte del tempo è quasi piacevole lavorare con lui.
Ecco, l'ho detto.
Forse me ne pentirò in futuro, ma per adesso è la verità.
È strano poter condividere il mio lavoro con qualcun altro che mi comprende appieno.
Quando non giudica la mia scrittura, gli capita di farmi qualche complimento o di darmi qualche consiglio sincero e la cosa non mi dispiace affatto. Accetto quello che mi dice e provo a migliorarmi. Negli ultimi giorni ho imparato più di quanto avrei pensato da lui. In fondo ha la bravura e l'esperienza dalla sua parte, il che giova anche me che ci lavoro insieme.
Arrivo al tavolo e poso la tazza con il piattino. Niente zucchero né cucchiaino. Ormai lo conosco bene.
«A che punto sei?»
Lui non distoglie nemmeno lo sguardo dal computer per rispondermi.
«Sto finendo di sistemare il capitolo ventuno. Per stasera dovrei essere arrivato almeno al ventisei.»
«Ottimo. Ecco il tuo cappuccino» gli dico facendo scivolare la tazza verso di lui.
Mi ringrazia in maniera meccanica, sempre mentre continua a guardare lo schermo del computer. Lo vedo molto preso, quindi decido di allontanarmi e tornare a servire gli altri clienti.
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Inchiostro e Cappuccino
Любовные романыMichael Jones è uno scrittore di successo, ricco da far schifo e con un auto di lusso per ogni giorno della settimana. Ha tutto quello che si può desiderare: tranne una nuova storia capace di risollevare le sorti della sua Casa Editrice. Quando il...