Capitolo 10

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«Aspetta!»

«Cosa vuole? Vantarsi? Girare il coltello nella piaga? Ha vinto! Lei ha vinto e io ho perso, e ora mi lasci andare» mi supplica, strattonando il braccio per fuggire alla mia presa.

Non pensavo che l'avrei mai rivista ma quando mi è apparsa davanti – e quando ha tentato di uccidermi solo con lo sguardo – un'idea ha fatto capolino nella mia mente. È arrivata così, all'improvviso, ma sento che può essere la soluzione che stavo cercando e che potrebbe accontentare entrambi.

Spero solo che non sia un cattivo piano come quello che ho avuto quando ho rubato il manoscritto.

«Ti lascerò andare solo dopo che avrai ascoltato quello che ho da dire» mormoro a voce bassa, nel tentativo di non dare spettacolo ai curiosi che si sono fermati a osservare la scena. «Prima però possiamo andare in un luogo più appartato? Non voglio parlare qui.»

«Se lo scorda. Con lei non vengo da nessuna parte, è già tanto se resto a sentire ciò che ha da dirmi. Spero solo che non siano delle scuse ipocrite perché non le voglio, grazie!»

Mi sputa addosso tutto l'odio che prova per me in questo momento, lo sento in ogni singola sillaba. Non posso di certo biasimarla.

«Va bene, restiamo qui» concedo, lasciandola andare.

Lei non fugge, si limita a mantenere il suo sguardo torvo nei miei confronti e a incrociare le braccia sotto al seno. Se non fossi concentrato sulla situazione sarei facilmente distraibile.

«E no, non mi scuserò, perché credo che la cosa abbia giovato anche a te.»

«In che modo mi avrebbe giovato? Sentiamo! Mi ha rubato il manoscritto, mi ha rubato il lavoro di un anno intero!» Sbraita, iniziando di nuovo a gesticolare come una pazza.

Deve darsi una calmata, altrimenti rischiamo di dover fare questa conversazione in una centrale di polizia.

«Puoi smettere di urlare, per favore? Stiamo dando spettacolo» dico, guardandomi intorno con circospezione.

Prima avevamo l'attenzione di qualche curioso, ora abbiamo quasi un piccolo pubblico ad assistere.

Lei risponde alla mia richiesta con un sonoro sbuffo, prima di riprendere a sputarmi veleno addosso.

«O forse dovrei urlare ancora più forte, così che tutti possano scoprire che razza di lurido verme schifoso è lei!» Strilla, enfatizzando l'ultima parte.

Se mi avessero detto che la piccola e dolce barista conosciuta in quel locale aveva in realtà un caratterino simile, non ci avrei mai creduto.

«Permettimi solo di spiegarti e poi potrai ricominciare a offendermi, va bene? Solo, ti prego, non farlo qui. Se qualcuno ci sentisse...»

«Lei sarebbe in un bel guaio!»

«E anche tu. Ascolta, Cappuccino...»

«Non mi chiami Cappuccino» dice tra i denti e guardandomi come se stesse pregando che un fulmine mi cada sulla testa in questo preciso istante. Almeno però non ha urlato.

«Senti, hai tutte le ragioni per odiarmi» inizio, sistemandomi il polsino della camicia, «ma quando dicevo che ciò che ho fatto potrebbe giovare anche a te, non mentivo.»

Il suo sguardo sembra ammorbidirsi, è un cambiamento quasi impercettibile ma riesco a notarlo, e ciò mi dà la forza di continuare a esporre il mio folle piano.

«La storia è piaciuta. Miranda in persona l'ha letta e apprezzata.» Ora anche la sua postura si rilassa e un'espressione soddisfatta si fa strada sul suo volto.

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