"Noi siamo ciò su cui manteniamo il silenzio."
- Sandor Marai,
Le braci.
Trascorsero tre settimane dalla loro sparizione. Tre settimane nelle quali mandai circa un centinaio di messaggi ad Elara, e altrettante chiamate a quel figlio di puttana del mio migliore amico.
Quei due sparirono senza dirci niente, non un messaggio, non un avviso, niente di niente.
Mi resi conto troppo presto che sia nostra madre che nostro padre, non sembrarono sorpresi dagli ultimi avvenimenti. Ogni volta che mia sorella accennava al discorso con nostro padre, in cambio lui le dava solo risposte vaghe e confuse.
Non sapevo cosa pensare, avrei voluto sbattere la testa al muro e trovare pace ai pensieri che mi affollavano la mente.
Ogni mattina mi presentavo a scuola ben due ore prima con la speranza di vederli entrare, stabilì un record di presenze e di orari puntuali alle lezioni che i professori iniziarono a chiedersi se fossi un malato terminale col desiderio di recuperare le ore perdute della mia vita dietro a stronzate inutili, piuttosto che studiare e realizzarmi.
Cazzo iniziai a pensarlo persino io, stavo rovinando la mia reputazione per quei due che non mi degnavano neppure di una risposta. Smisero di visualizzare i miei messaggi dopo il trentesimo, vaffanculo, lecito forse? Sì. Ma non me ne fregava un cazzo, ero imbestialito, e quel giorno decisi di affrontare finalmente mio padre.
Perciò misi un freno alle mie paranoie mentali e a passo svelto ma deciso, raggiunsi l'ufficio di papà nell'ala Ovest della casa, le mie nocche urtarono tre volte contro la porta e senza attendere il suo permesso la spalancai di getto, quest'ultima finì contro la parete alle sue spalle con un tonfo che fece vibrare le sfere del pendolo di Newton sulla scrivania di mio padre.
Borja virò lo sguardo verso di me abbandonando di malavoglia i fogli fra le sue mani, un sopracciglio inarcato in quella tipica espressione infastidita che si può rivolgere solo ad un essere da te ritenuto inferiore.
«Juan, noto che hai una certa fretta di parlarmi. Entra, dunque.» la sua voce baritonale scavò una fossa nelle mie viscere, mio padre non alzava mai la voce per imporsi. Non ne aveva bisogno, emanava di per sé autorità e potenza, solo attraverso lo sguardo potevi scorgere il dolore che ti avrebbe inflitto ad ogni tuo passo falso.
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CARNE Y HUESO
Romance𝐂𝐚𝐫𝐧𝐞 𝐲 𝐇𝐮𝐞𝐬𝐨 è un racconto appassionato e profondo che esplora i temi della vulnerabilità, del desiderio e del cambiamento. I protagonisti lottano con i propri demoni interiori, coinvolti in un turbino di emozioni e relazioni complesse...