CAP 3 - PARTE II

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3.3

«Ehi! Finitela di stare lí imbambolati a guardare in sú, ma che vi prende? Qui di "nasi" non ce ne sono altri! La prossima tappa è... » Mike fece una pausa, chiamando in causa con uno sguardo d'intesa Toby.

«Dean Street!» finì il ragazzino con voce impostata.

Usciti dalla piazza a piedi, ripresero a cavalcare in sella alle loro biciclette e le impennarono, come se fossero cavalli imbizzarriti da domare. Le vie di Soho sfrecciarono ai loro lati assieme ai rumori del traffico e agli odori del quartiere. Puzzo di smog, profumo di cibo che usciva dai fast food, fetore delle fognature, si mescolavano tra loro creandone mille altri, ma per Linda esisteva soltanto la musica, che prevaricava tutto il resto e lo rendeva un insignificante rumore di fondo. Avrebbe voluto capire da quale luogo provenisse, ma soprattutto, desiderava che anche Ted la iniziasse ad ascoltare.
Tra loro esisteva un legame, un contatto da stabilire, una vibrazione che percepiva ogni qual volta che erano assieme. Lei si rendeva conto di "sentire" più di chiunque altro, ma non ne capiva il motivo, non riusciva a carpire il senso e questo la rendeva... il padre e la madre dicevano "bipolare", "pazza".

Temeva di essere davvero anormale e il senso di isolamento, disperazione, a volte la distruggevano dall'interno. Avrebbe voluto far capire ai genitori quanto stava male, spiegare come si sentiva, abbracciarli come succedeva quando era più piccola. Le mancava il loro affetto, la feriva la loro superficialità.
Quei simboli che vedeva le facevano paura, ma non aveva nessuno con cui parlare. Desiderava con tutta la sua anima che fosse Ted; gli sorrise, timida e ormai insicura delle proprie emozioni, mentre pedalavano uno di fianco all'altra, superando persone mai conosciute, palazzi mai visitati, comparse di alcuni secondi e sfuggevoli scie colorate. Una lacrima le uscì tra le palpebre e fu trascinata via dal vento, cristallo danzante di sofferenze che non sapeva gestire.

«Ci siamo!»

Mike sgommò all'improvviso, facendo un giro di centottanta gradi sulla ruota anteriore; misteri della fisica applicata alla due ruote. Toby se ne accorse in tempo e lo evitò scartando di lato, mentre Ted si ritrovò a far compagnia al muro del "Quo Vadis", uno dei locali più tipici e storici di Soho, risalente agli anni venti. Situato all'interno di un bel palazzo d'epoca ristrutturato, con la scritta rossa all'interno della caratteristica insegna nera dalla forma che ricordava la statuetta dell'Oscar, veniva considerato uno dei migliori ristoranti del quartiere. Era ancora chiuso, quindi potevano sbirciare tra le mura senza disturbare nessun cliente dalle ampie vetrate che davano sulla strada.

«Eccolo lì!» Toby lo indicò con gli occhi illuminati dall'eccitazione. «Il "White Nose!»

Iniziò a scattare foto dalle angolazioni più improbabili, i passanti osservavano il ragazzino incuriositi e ignari del motivo di così tanto entusiasmo. I "sette nasi di Soho" suscitavano ormai più scalpore per i turisti che per gli abitanti del quartiere, che non si mostravano nemmeno interessati a conoscerne la storia e capire dove si trovassero scolpiti.

Da uno squarcio di nuvole, il sole appariva simile a un arancio ben maturo, dai colori vividi, ed emanava gli ultimi raggi di luce che coloravano la cittá, filtrando a fatica tra una nebbia di smog soffocante.

«Sta tramontando...»

«Ma che cavolo, Toby! Sembri uno dei protagonisti di quei film dove hanno il terrore che compaiano i vampiri sulle strade appena cala il sole!»

«Non c'è da scherzare!»

«Già, state diventando un gruppo di noiosi!»

Ted non riuscì a trattenere un sorriso. «Ma tu non eri quello che considerava questa ricerca una cavolata...» alzò il dito indice iniziando a contare, e proseguì «una perdita di tempo, una buffonata...»

I LIBRI DI FOYLES - IL RACCONTODove le storie prendono vita. Scoprilo ora