Hana fissò il soffitto della sua camera per ore dopo essere tornata a casa. Si era concessa una doccia lunghissima e aveva cenato, senza sapere cosa. Si era mossa come un automa, senza mai essere davvero presente. La sua mente ripassava incessantemente gli avvenimenti di quel pomeriggio, e più ci pensava più le sembrava di aver vissuto un sogno. Non poteva essere vero. Aveva fatto bene a lasciarlo andare via così? Doveva accompagnarlo fino a casa? Scambiarsi il numero di telefono? Tutto le sembrava troppo irreale; eppure ogni volta che chiudeva gli occhi lo vedeva nitidamente: Aiden, illuminato dai lampi, aggrappato alla recinzione, che si arrampicava. Sentiva la pioggia sulla sua pelle, il vento freddo e soprattutto la paura che le stringeva lo stomaco. La pelle sbucciata dei gomiti e del ginocchio le bruciava; era tutto vero. Aveva davvero salvato quel ragazzo da una follia. Come era possibile che una ragazza impacciata come lei avesse fatto una cosa del genere?
Inutile dire che Hana non dormì fino alle prime luci dell'alba.Quando entrò nell'aula di biologia, si lasciò cadere sul banco, decisa a perdere qualche ora di lezione con un sonno ristoratore. Qualcuno dietro di lei ridacchiò.
«Guarda come è vestita» sibilò una ragazza.
«Avranno allestito una bancarella per i senzatetto no?» nessuna delle due si curò di controllare il tono di voce.
Hana le ignorò e chiuse gli occhi, lasciando che il vociare dei compagni di classe la cullasse. Ma la sua mente tornava sempre su Aiden. Con la notte la spavalderia e l'adrenalina erano svanite; ora erano sostituite dall'ansia e dai dubbi. Aveva provato a dare un'occhiata in giro, ma del ragazzo non c'era traccia a scuola. "Proverò a chiedere il suo indirizzo ai professori" pensò ormai quando stava per addormentarsi "Mi assicurerò che stia bene e poi dimenticherò tutto". Soddisfatta della soluzione, sospirò e si sistemò comoda.
In quel momento la classe si fece silenziosa come una tomba, Hana pensò che doveva essere arrivata la professoressa Hughes. Ma non era lei quella che si era seduta nel banco di fronte al suo, e che la osservava tranquillo e indifferente agli sguardi di paura e sorpresa. Una voce bassa e rauca ruppe il silenzio.
«Sai quante classi ci sono in questa scuola?».
Hana spalancò gli occhi, guardò per qualche secondo il cielo che intravedeva dalla finestra, batté le palpebre per assicurarsi che fosse sveglia e si voltò lentamente. Aiden era proprio lì di fronte a lei. Il cappellino di lana sulla testa, il viso appoggiato sulla mano e gli occhi socchiusi, come se fosse sul punto di addormentarsi da un momento all'altro. Hana notò che aveva delle piccole lentiggini sulle gote, appena visibili per chi non osservava con attenzione. Non ricevendo risposta, Aiden inclinò la testa di lato e tamburellò l'indice sul banco.
«Ventisette» disse alla fine «Ci ho messo un po' a trovarti».
Tutta la classe assisteva alla scena impietrita. Alcuni confusi, altri intimoriti ma per lo più straniti che Aiden stesse parlando con lei.
«La sta bullizzando?» sussurravano.
«Che cosa gli avrà fatto? Com'è che si chiamava?».
«Emma? Hannah?».
Aiden incrociò le braccia sul banco, appoggiandovi sopra il capo. Aprì il libro di biologia di seconda mano vicino alla ragazza e voltò la copertina.
«"Hana"?» lesse Aiden. Hana annuì, Aiden la imitò e si grattò la punta del naso. «Aiden» si presentò.
«Lo so» rispose lei «Ciao».
Aiden ghignò divertito «Ciao».
Il ragazzo la fissò per qualche secondo in silenzio, poi guardò la classe, facendo indietreggiare tutti di un passo, e tornò da Hana.
«Ci vediamo a pranzo, Hana?». Hana batté le palpebre tre volte, velocissima.
«Ok» fu l'unica cosa che riuscì a dire.
Aiden ghignò di nuovo, chiuse il libro, le fece un veloce cenno di saluto con il viso e mettendosi le mani in tasca se ne andò come era venuto.
Hana rimase a guardare il banco vuoto di fronte a lei, incredula. Si era appena svegliata o stava ancora sognando? Si portò una mano alla fronte e sentì il sudore freddo. Aveva appena parlato con Aiden, il ragazzo che aveva salvato dalla morte il giorno prima. E lui le aveva chiesto di pranzare insieme. Perché? Cosa voleva da lei? E perché si era presentato in classe così all'improvviso? Si guardò intorno e vide che tutti i suoi compagni la fissavano con occhi curiosi e sospetti. Sentì il rossore salire sulle guance e abbassò lo sguardo. Si sentiva come se fosse stata scoperta a fare qualcosa di male.
La classe restò in silenzio finché non arrivò la professoressa. Hana era sorpresa quanto loro, se non di più. E aveva altrettante domande. Eppure, stranamente, non era né spaventata né in soggezione. Aiden sembrava tranquillo, nonostante quello che era successo il giorno prima. Voleva ringraziarla? Per quello era venuto a cercarla? In quel caso poteva semplicemente dirlo, perché pranzare insieme? Sbuffò massaggiandosi le tempie; era troppo stanca per riuscire a mettere in ordine i pensieri.
Abbassò il capo e chiuse gli occhi, in fondo mancava ancora qualche ora all'ora di pranzo.
Si alzò con fatica quando suonò la campanella e si trascinò verso la mensa. Prese un vassoio e si servì di tutto quello che trovò, senza badare al sapore o all'aspetto. Si sedette a un tavolo vuoto e iniziò a mangiare distrattamente, quasi addormentandosi sul piatto.
"Che giornataccia" pensò masticando a stento.
«Mangi moltissimo».
La voce di Aiden la fece sobbalzare. Lo guardò con la forchetta in bocca, incredula. Si era seduto di fronte a lei, con un vassoio vuoto tranne che per una bottiglietta d'acqua.
Hana fissò il vassoio di Aiden e disse la prima cosa che le venne in mente «E tu non mangi?».
Aiden scosse la testa e indicò il cibo di Hana: «Non sopporto il cibo della mensa, soprattutto quello della scuola».
Hana annuì, capendolo. Aiden aprì la bottiglia e bevve a grandi sorsi; Hana notò quanto fosse magro per la sua altezza. Gli avambracci erano ossuti e le spalle cadenti. Le venne un'idea improvvisa.
«Ti piace il cibo fatto in casa?».
Aiden la guardò con sospetto, come se non capisse dove volesse andare a parare. Hana si morse il labbro e aprì lo zaino. Ne tirò fuori un contenitore e lo mise al centro del tavolo.
«Ho fatto un sandwich stamattina, niente di speciale. Ma è fresco e buono».
Aiden sembrò titubante. Come se fosse in difficoltà a decidere cosa fare o cosa dire. Fu Hana a rompere il ghiaccio; aprì il contenitore, tagliò il sandwich a metà e ne porse una parte ad Aiden.
«Se non ti piace puoi lasciarlo» gli disse con gentilezza. Aiden accennò un sorriso. Prese il sandwich e lo esaminò attentamente. Sembrava così indeciso che Hana stava per ritirare l'offerta, ma, improvvisamente, Aiden addentò il sandwich con voracità. In un attimo ne rimase solo un pezzettino. Masticò veloce e deglutì con avidità. Poi i suoi occhi si accesero di gioia. Afferrò anche l'ultimo boccone e lo ingoiò in fretta.
«Buono» disse con la bocca piena.
Hana si morse le labbra per non ridere ad alta voce.
Parlare con Aiden era facile e piacevole. Le piaceva il suo tono di voce, calmo e sincero. Si sentiva a suo agio con lui, come se lo conoscesse da sempre. Proprio non riusciva a spiegarsi tutte quelle voci che giravano sul suo conto, anche in quel momento erano circondati dai bisbigli e dagli sguardi malevoli degli altri ragazzi, ma preferì ignorarli.
Con un gesto gentile, gli avvicinò il contenitore con l'altra metà del sandwich.
Aiden stava per afferrarlo, ma si fermò all'ultimo momento.
«Perché hai portato il pranzo al sacco se mangi alla mensa?».
«Faccio parte di molti club, spesso resto a scuola fino a tardi quindi...».
Aiden spalancò gli occhi e guardò il sandwich con aria colpevole, sorridendo.
«Avrei dovuto chiedertelo prima di mangiarlo».
«Non fa niente» disse Hana alzando le spalle «Oggi non ho molta fame, lo avrei lasciato lì».
Aiden cambiò espressione improvvisamente.
Inclinò la testa e si toccò il collo, fissando Hana di sbieco.
«Ti ho fatto prendere un bello spavento ieri, vero?».
Hana sentì un nodo in gola e abbassò lo sguardo.
Mille pensieri le si affollarono nella mente; intrecciò le dita e cercò di calmare il tremore. Cosa poteva dire? Niente le sembrava adeguato.
C'erano delle parole giuste per una situazione così?
"Scusa se ti ho salvato?" pensò, prendendosi a schiaffi mentalmente "Non essere stupida" .
Stava per avere una crisi di panico.
«Ehi» la voce di Aiden la riportò alla realtà. La guardava con serietà, con gli occhi socchiusi e un'aria pensosa, il viso inclinato per incontrare il suo sguardo.
Hana trattenne il fiato.
«Ieri» riprese Aiden con una voce tranquilla e rassicurante «Ho mangiato bene, ho dormito bene e...» fece un mezzo sorriso «...sono tornato».
Hana provò una sensazione di sollievo, come se si fosse liberata di un peso che le opprimeva il petto, lo stomaco, le spalle.
«Davvero?» chiese ad Aiden.
Il ragazzo annuì con entusiasmo e ghignò «Sì, quindi...non preoccuparti».
Hana respirò profondamente, sentendosi più leggera «Bene» disse con soddisfazione.
«Allora» Aiden afferrò la restante metà del sandwich e ne addentò un pezzo «Parlami di questi club».
Hana stava per rispondere , quando un professore si avvicinò al loro tavolo e mise una mano sulla spalla di Aiden.
I due ragazzi si girarono verso il professore, che fissava Aiden con sguardo severo.
«Quindi, Murray, oggi hai deciso di fare un'apparizione?» Aiden sospirò irritato. «Ti aspetta il preside» continuò il professore «Subito».
Aiden si alzò di malavoglia, seguito dal professore che gli stava alle calcagna come se temesse che potesse fuggire da un momento all'altro.
Lanciò un'ultima occhiata a Hana e le sorrise con aria sfacciata «Ciao, Hana».
«Ciao, Aiden».
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Un kotatsu per l'inverno
Teen Fiction"Zweisamkeit". Una parola tedesca, quasi impossibile da tradurre, ma che, se vogliamo interpretare grossolanamente, possiamo rendere come "Da soli insieme". Era così il rapporto tra Hana e Aiden. Le loro vite erano solitarie, difficili, disgrazi...