"Vendetta, il boccone più dolce
che sia mai stato cucinato all'inferno."
- Walter ScottChicago, 6 gennaio 2024
MAYLIN
ore 04:26
Con lo stomaco in subbuglio a causa della quantità ingente d'alcol che avevo irresponsabilmente ingerito quella sera, mi sollevai controvoglia dalla panchina in legno sulla quale giacevo a corto di energie da almeno dieci minuti. Leggermente barcollante, mi avvicinai al cestino della spazzatura posto a circa un metro di distanza e gettai il mozzicone della sigaretta ormai consumata.
Alla nausea tremenda che mi appesantiva sgradevolmente l'esofago si sommava l'aggravante della mente immersa nel caos più totale. Incapace di compiere un qualunque ragionamento di senso compiuto.
L'esigua lucidità che mi era rimasta a disposizione al concludersi di quella bevuta l'avevo ceduta meccanicamente in custodia della mia coscienza, che non mancava occasione per ricordarmi che l'uso inappropriato della nicotina avrebbe rinforzato progressivamente quel mio stato confusionale.
Nel ripercorrere al contrario il breve tratto che mi separava dalla panchina, in modo da tornare seduta nella stessa posizione di prima, intimorita dall'elevata probabilità di finire con la faccia spiaccicata sull'asfalto, prestai maggiore attenzione a dove e come posizionavo i piedi.
Faticavo a muoverli non soltanto per le mie condizioni fisiche alquanto discutibili, ma anche e soprattutto per le temperature improponibili d'inizio gennaio. Il vento gelido, a forza di battermi impetuosamente contro e infiltrarmisi con prepotenza fin dentro le ossa, mi stava anestetizzando gradualmente ogni muscolo, annullando poco a poco l'ingannevole effetto termico concesso dall'etanolo che navigava indisturbato attraverso i miei vasi sanguigni.
Attorno a me non pareva esserci anima viva.
Niente d'interessante su cui focalizzare la concentrazione, oltre ai lampioni lungo il vicolo che illuminavano fievolmente lo spazio circostante. Quanto bastasse per non incrementare in me la sensazione di trovarmi ingabbiata nell'immensità del buio, collocata in una foresta sperduta, lontana miglia e miglia dall'umanità.Non c'era neppure il consueto frastuono snervante del traffico a riempire il silenzio assordante che mi circondava. A tentare invano di sopprimere i miei pensieri disordinati, fin troppo complessi e forse un po' troppo numerosi per appartenere a una testa soltanto.
In lontananza si poteva udire il suono inconsistente della musica a basso volume che proveniva dal locale in chiusura una decina di metri più in là, quello dove avevo trascorso la serata in compagnia di alcune vecchie colleghe di lavoro. Ma, nonostante lo desiderassi, quella melodia impercettibile non era sufficiente a far incentrare i miei pensieri su di essa e sottrarli al turbamento scatenato dalla calma desueta che alleggiava nell'aria.
Quel viale, per quanto insolitamente deserto, privo degli abituali schiamazzi di quella città che normalmente dava l'impressione di non riposare mai, mi trasmetteva un'inquietudine tale da procurarmi i brividi lungo la spina dorsale.
In quel momento, date le circostanze, era inevitabile che la mia mente considerasse quella strada silente il luogo ideale per dare inizio a una scena dell'orrore, sebbene fossi cosciente di trovarmi in uno dei quartieri più accessibili di tutta Chicago.
Uno dei pochi che si presupponeva rientrasse nella lista di quelli con il tasso minore di criminalità, di conseguenza anche pericolosità, specialmente se paragonato a quello da cui provenivo io.
Eppure, malgrado l'invadenza delle idee angoscianti che mi vagavano per l'anticamera del cervello, seminando terrore quasi come se sapessi ancora provarlo, il buio e la consapevolezza di trovarmi sola, non in grado di difendermi in caso di pericolo, non mi spaventavano.
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Dead Without You
RomanceSono trascorsi quasi sette anni dal loro ultimo incontro. Sette anni che vivono nell'incertezza delle risposte mai ricevute. Nella condanna delle troppe domande annesse di ipotesi infondate, sollevate sulla sola risolutezza dell'illusione. La rabb...