2. Repressed anger

176 12 22
                                    



"L'ira; un acido che può provocare
più danni al recipiente che lo contiene
che a qualsiasi cosa su cui venga versato"
- Lucio Anneo Seneca

MAYLIN

Mathias Jones non era solo, ma in compagnia di ben quattro tizie.
Una bella compagnia di merda, mi venne da pensare.

Sebbene tutte quattro avessero sembianze peculiari, riconducibili a persone già viste, solo una di loro suscitò segnatamente la mia curiosità.

Assottigliai lo sguardo e mi sporsi di poco, volendo stabilire se stessi delirando a tal punto da necessitare urgentemente di essere rinchiusa in un manicomio, o se ciò che il mio cervello aveva appena elaborato per conto suo fosse davvero prodotto dalla realtà.

Lei guardava me e io guardavo lei.

Una guerra all'ultimo sangue che come strumenti per combattere prevedeva soltanto l'utilizzo di alcune occhiatacce spietate; le mie per l'esattezza.

Le sue sembravano più allarmate, preoccupate, come se la consapevolezza di starsi trovando in trappola l'avesse appena investita a una velocità mortale.

Distolse gli occhi dai miei e tornò a confabulare con i soggetti che aveva accanto, offrendomi il panorama della sua schiena, coperta dal tessuto scuro del vestitino striminzito che le fasciava uniformemente la fisicità da modella.

Era lei. Quella maledetta stronza.

Il piercing al labbro e la faccia da schiaffi riduceva drasticamente il margine di errore.

Ricordavo ogni singolo particolare delle sue smorfie arroganti. Così come ricordavo ogni fitta di dolore che mi avevano procurato quella notte.

La persuasione incendiò inavvertitamente la miccia che mi alloggiava da sempre dentro. Innescò l'ordigno e lo fece esplodere, sguinzagliando la rabbia disumana che mi corrodeva i sensi a ogni evenienza.

Strinsi le mani a pugno fino a lacerarmi imprudentemente i palmi con le unghie. Ma niente. Non funzionava. La voglia irrefrenabile di raggiungerla e prenderla per i capelli non accennava a volermi abbandonare.

<< May, tutto bene?>>, chiese Emily, con una nota d'inquietudine a temperare il suono della sua voce.

Io, invece, non riuscivo ad astenermi dall'ispezionare quella certa Kitty.

Nella mia mente la stavo soffocando in migliaia di modalità distinte. Questo faceva di me una psicopatica incurabile. Mi categorizzava come un caso patologico dalla terapia inesistente.

Lei tornò a rivolgermi una guardata scattante, dopodiché si dileguò tra i corpi che sostavano lì statici, in attesa di essere serviti.

Dovetti mettermi in punta di piedi per poter supervisionare ogni suo movimento e riuscire a capire dove si stesse dirigendo.

Quando intesi che stava andando a rintanarsi nei bagni, allora decisi di concedere una risposta alla domanda di Emy.

<< Tutto bene. >>, annuii convinta. << Devo andare un attimo in bagno. >>, le informai frettolosamente e scappai prima che potessero intonare i loro dubbi.

Nel mentre mi allontanavo, introducendomi di nuovo nella folla a tirare spallate, sentii mia sorella pronunciare: << Di persone strane ne ho conosciute parecchie nella mia vita, ma Maylin le supera tutte.>>

Ignorai quel suo insulto larvato e aumentai la lestezza delle gambe.

Ayelen urlò il mio nome svariate volte, agognando a farmi arrestare quella corsa infernale che in conclusione mi avrebbe potuta condurre a una probabile soppressione. Però ottenne il risultato contrario. I suoi richiami mi indussero ad aumentare ancor di più la velocità delle falcate.

Dead Without YouDove le storie prendono vita. Scoprilo ora