Prologo: Eco

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Eco

Non voglio che la gente pensi che io non abbia cervello e che così, assalita da un momento di irrazionalità, ho preso la lametta e ho cominciato a lacerarmi la pelle dal nulla, improvvisamente, perché non so controllarmi. Non è così. Io ho provato a controllarmi. Ho provato a distrarmi, a pensare ad altro... e Billie era una distrazione. Era una distrazione e un rimedio al tempo stesso. La notte in cui mi tagliai e finii in ospedale era solo l'estrema conseguenza di una serie di cose che ho provato a tenere dentro da quando ho conosciuto Bil. In realtà stavo per cedere qualche giorno prima, ma lei me lo ha impedito. E nemmeno lo sa.

La notte del tre luglio ero distesa accanto a Billie, con il suo respiro regolare e tranquillo accanto al mio. Era passato parecchio tempo dall'ultima volta che mi ero tagliata, prima ancora di trasferirmi ad Upper Slaugther di fronte a casa di Bil.
Ed io non ne potevo più.
Volevo farlo. Dovevo farlo.
L'oscurità della stanza quasi mi soffocava, e non riuscivo a trovare pace. Sentivo una morsa al petto che mi impediva di respirare liberamente.

Alzati dal letto e tagliati, Eco. È questo quello che vuoi davvero. Pensai con la testa schiacciata contro il cuscino. Rimasi in quella posizione a pensare per diversi minuti.
Alla fine, decisi di alzarmi.

Mi alzai per schiarirmi le idee e fumarmi una sigaretta.

Con passi leggeri, cercai di non svegliare Billie mentre mi dirigevo verso la finestra. L'aria fresca della notte mi colpì come una carezza.
Presi una sigaretta e con un piccolo clic accesi l'accendino. La fiamma danzò per un istante prima di appiccare il fuoco al tabacco. Inspirai profondamente, cercando di calmare l'agitazione che ribolliva dentro di me.

Finisco la sigaretta e vado in bagno a tagliarmi. Pensavo.

Le luci della via brillavano in lontananza, e sembravano piccoli punti di vita nella vastità del buio: le insegne, i fari, i lampioni. Tutto intorno a me sembrava morto e vivo contemporaneamente.

Ero persa nei miei pensieri quando sentii un lieve fruscio dietro di me. Mi voltai e vidi Bil, con gli occhi ancora pieni di sonno ma colmi di preoccupazione.

«Eco, che fai sveglia? È tardi» disse.
Abbassai lo sguardo, vergognandomi un po' per averla svegliata.
«Non riesco a dormire» risposi, con la mia voce altrettanto bassa, inalando fumo. Si mise alle mie spalle e mi baciò piano la schiena sudata.
«Perché?» mi disse, con quella sua dolcezza che mi faceva sempre sentire al sicuro.
«Niente, fa solo caldo e non riesco a trovare una posizione comoda» risposi io, mentendo.

Lei si avvicinò e si sedette accanto a me sul davanzale.
«Non ti credo» pronunciò sorridendo dolcemente dopo un sospiro.

«È la verità, Fata» risposi massaggiandomi le tempie.

«Butta via quella sigaretta e torna nel letto con me» mi disse prendendomi il viso. Non potei evitare di sorridere. «Fumare così ti fa male, Eco»

«Perché credi che lo faccia infatti? Perché mi fa male» affermai ironica, ma pensando realmente a quel che dicevo.
Se non avessi avuto Billie lì non avrei avuto esitazioni; non ci avrei pensato due volte e mi sarei abbandonata alla tentazione molto tempo prima, come avevo sempre fatto. Eppure il pensiero che Billie potesse soffrire vedendomi far male a me stessa, mi impediva di prendere la lametta e di passarla con forza sopra la mia pelle.
Se soffri tu soffre anche lei. Pensavo infatti.
Per cui trovavo alternative meno impressionanti dell'autolesionismo, ma altrettanto efficaci: fumare. Fumare era una sorta di autolesionismo, perché "ogni settimana di fumo fa perdere un giorno di vita". Pian piano mi avvicinavo sempre più alla morte, e potevo farlo tranquillamente in pubblico senza che qualcuno dovesse chiamare ambulanza o polizia. Il fumo è un po' un suicidio alla fine, ed io
ogni cazzo di volta che avevo voglia di auto-infliggermi dolore mi accendevo una sigaretta. Così non davo nell'occhio, e intanto ottenevo quel che volevo senza far soffrire troppo Bil, che al massimo  mi diceva "Apri quelle cazzo di finestre! Moriamo intossicate con tutto questo fumo!".
Mi mancava tagliarmi e farmi del male; era passato troppo tempo e avevo bisogno di farlo di nuovo.
Ma c'era Billie. Come potevo farle questo? Come potevo rovinarla rovinandomi?
«Se non riesci a dormire spegnila e fai l'amore con me, allora» disse convinta, guardandomi dritta negli occhi. Mi piaceva vederla così decisa, cercando in qualche maniera di imitare il mio modo di fare. «Il sesso è un rimedio per l'insonnia che almeno non ti fa del male» continuò baciandomi il collo, per provocarmi. Sorrisi, feci l'ultimo tiro e la spensi.

Così quella notte Billie, senza nemmeno rendersene conto, evitò che accadesse il disastro. Ma la mattina, quando lei uscì di casa presto per andare a lavoro, mi sentivo ancora peggio. Io rimasi sdraiata nel letto, facendo finta di dormire. Mi diede un veloce bacio sulla testa ed io non mi mossi, ma aspettai di sentire il rumore della porta chiudersi. Dopo che fui finalmente sola, mille pensieri cominciarono a fare avanti e indietro nella mia cazzo di testa malata. Stare soli in casa solitamente è una cosa che piace a quelli della mia età. Ci si può masturbare senza paura che qualcuno entri all'improvviso dalla porta, si può lasciare in giro tutto il disordine che si vuole, si può dormire fino a tardi, si può camminare per le stanze nudi. Ma io l'ho sempre odiato. Se non c'è nessun altro in casa ho solo una fottuta voglia di morire. O di farmi del male.

Tagliati, Eco. Fottitene di Billie... lei non c'è, non è qui. Non lo saprà nessuno. Solo questa volta e basta, lo giuri e non succederà più.
Pensai, dandomi anche qualche sberla in faccia per cercare di tornare in me.

Passai il resto della giornata nel letto a non fare niente, senza nemmeno mangiare, mentre Bil era con il suo amichetto Nicolas al Variety Store, a ridere e parlare con lui.

Fanculo, mi alzo. Fanculo, fanculo, fanculo.
Mi dissi, alzandomi di scatto dal letto. Era ormai tardo pomeriggio, il bilocale era uno schifo ed io pure mi sentivo uno schifo.
Andai in bagno e mi guardai allo specchio. Rimasi a fissare il mio riflesso per una mezz'ora buona, appoggiandomi al lavandino e tremando come una fottuta foglia. Mi accesi un'altra sigaretta ma non mi bastava nemmeno più quella; non sentivo abbastanza dolore.

Devo uscire da qui. Se sto ancora qualche minuto qua dentro da sola mi ammazzo. Pronunciai ad alta voce, con le gambe che tremavano, mentre prendevo in mano il mio cellulare.

Decisi di scrivere ad Ash:

"Che fai oggi pomeriggio?"

"Che ti importa?"

"Tu dimmelo"

"Esco con Maya e gli altri"

"Dii che non vai"

Eccetera, eccetera... sappiamo tutti che cosa le avevo scritto.
Mi serviva una persona che potesse conoscermi meglio di chiunque altro, anche di Luke. Billie era troppo fragile per sopportare un peso come il mio. Se l'avessi distrutta non me lo sarei mai perdonato, mentre invece di Ash non me ne fotteva più niente. Non mi importava di rovinarla vomitandole addosso tutto il mio dolore: lo avevo già fatto anni prima. Al contrario, Billie doveva rimanere intatta, ingenua, ignara di tutto ciò che mi passasse per la testa.
Io, ai suoi occhi, dovevo stare bene... ma ero sfinita.

Autodistruggendomi avrei distrutto anche lei; scaricandole addosso il mio dolore per salvarmi, si sarebbe distrutta comunque. Se io potevo avere possibilità di salvarmi e stare bene, lei no. Lei con me avrebbe finito per distruggersi in ogni caso.
Non esiste un finale in cui io e lei stiamo bene insieme.

L'unico modo per farla stare bene davvero era lasciarla.

Se soffri tu soffre anche lei. Se stai bene tu sta bene anche lei. Tu, Eco, non stai bene e non lo starai mai. Billie, quindi, non può stare con te. È facile. Perché non lo vuoi capire?

Girl 2^ ~Billie Eilish~ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora