RACCONTO I: FERMATA PRENOTATA

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Si  sveglia ed è già stanco, cosa strana considerando che il giorno prima non ha fatto nulla, e così il giorno prima, e l'altro ancora, in un loop infernale continuo

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Si  sveglia ed è già stanco, cosa strana considerando che il giorno prima non ha fatto nulla, e così il giorno prima, e l'altro ancora, in un loop infernale continuo. A svegliarlo, come ogni giorno, è il freddo pungente e sibillino che penetra nelle ossa. Dorme in garage da ormai tanti anni, la sua insonnia è fonte di disturbo per gli altri abitanti della casa, così ha deciso di dormire in garage. Ma lì il riscaldamento è un miraggio quindi per la sua stabilità mentale, preferisce la Siberia. Mirco è un ragazzo come tanti, mille ambizioni e nemmeno un lavoro, tanti libri e 5 esami ancora per la triennale.

"Ma come, la triennale non è ancora finita?"

Le solite domande delle solite persone che già lo sanno, ma hanno bisogno di minare le certezze altrui per rafforzare le proprie convinzioni. Se vivi in ​​un paese di mille abitanti poi, il tutto è dannatamente amplificato, è come occupare una specie di vetrina, costantemente nudi e scorticati della propria intimità, preda dell'incertezza dettata dalla monotonia quotidiana, che è sì monotona, ma incerta per contrasto . Si alza dal letto, la caviglia sinistra scricchiola come ogni giorno, ma ormai ci è abituato, si ostina a giocare a calcetto il pomeriggio, anche se i chili in più si fanno sentire. Accede alla casa dalla porta marrone che rende i due ambienti comunicanti, in soggiorno trova la mamma, indaffarata, che lo saluta, lui risponde con un cenno del capo appena visibile. Ormai è passato mezzogiorno, a pranzo ci sono solo lui e la mamma, il papà, 60 anni, sgobba sotto il vento e la pioggia mentre lui è lì comodo. Il fratello è in ufficio e la sorella a scuola, tutti impegnati tranne lui. Affonda il cucchiaio nella pasta e ceci e senza fame, con ampi bocconi mangia i legumi e il solito veleno quotidiano, con un sapore di nervosismo e un retrogusto di disperazione. Beve il caffè e fuma la solita sigaretta e nel frattempo sono le 15:00, i libri restano chiusi, e anche oggi Archeologia e Storia dell'Arte Greca si studia da sola, con la copertina di faccia al muro e gli infiniti appunti volanti sul pavimento del garage. Non si sente minimamente in forma, non ha la concentrazione idonea allo studio, sa che ogni tentativo sarà vano. Quando sente gli avvertimenti della mancanza di volontà, cede immediatamente le armi, senza opporre resistenza. Così prende la solita decisione  di migrare verso l'unico luogo che riesce ad alleviare i suoi guai: il bar. Esce di casa e ad accoglierlo trova una pioggia battente, si ferma sull'uscio, la pioggia quasi lo scoraggia e dovrebbe proprio studiare, Anna si arrabbierà, lei è molto più piccola e ha già conseguito la laurea, si arrabbierà ma niente di che, lei è comprensiva ed è sempre dalla sua parte, è la sua ragazza ma allo stesso tempo è la sua badante, segretaria, psicologa e chi più ne ha più ne metta. Mirco i luoghi comuni proprio non li sopporta, ma Anna è davvero l'unico scoglio in un marasma di rimpianti. Sono sentimenti che non si spiegano e che lui pensava di non dover provare mai nella vita, il vittimismo che lo
contraddistingue aveva fatto adottare una posizione fortemente negativa verso le relazioni amorose. Ma poi, come un fulmine a ciel sereno, ormai otto anni fa , lei aveva minato tutte queste certezze. Spesso se lo chiedeva, chissà cosa avrebbe fatto senza quel faro, la risposta lo spaventava e quindi non ci pensava, non dava una risposta semplice a una domanda così importante. Alla fine ha deciso, alza il cappuccio della felpa e si incammina, l'ombrello non lo prende, preferisce bagnarsi, tanto alla fine li rompe o li perde e per evitare di sentirsi in colpa per uno stupido ombrello,e per non sorbirsi le lamentele della madre, preferisce bagnarsi. Percorre una strada secondaria, dove non incontrerà nessuno e dove potrà ascoltare tranquillamente la sua musica senza incontrare ostacoli. Si incammina, nelle orecchie risuona
"La guerra è finita" dei Baustelle, sorride e osserva l'ambiente che lo circonda, la strada "di sotto" che passa tra la campagna, accennata e alcune abitazioni. Una rete a tratti serpeggia tra questo confine che separa la vegetazione dal cemento. Un cane bianco, enorme, gli va incontro, un pastore maremmano bianco come la neve, un randagio che lo accompagna sempre in quel tragitto pomeridiano. Lo ha chiamato Gandalf perché è legato da sempre al Signore Degli Anelli, e qualsiasi animale bianco lo battezza con il nome dello stregone. Gandalf ha degli insoliti occhi color nocciola e Mirco ci si immerge tutti i gironi, perdendosi e desiderando ogni giorno di poterlo adottare, ma lui vive a casa dei suoi, e già è tanto che  tengono lui, figuriamoci un maremmano enorme. E così l'ennesima sensazione di sconfinata tristezza. È un maledetto empatico, praticamente da sempre, già da quando da bambino soffriva costantemente di qualsiasi situazione di malessere. È anche un inguaribile esistenzialista, da piccolo, sua madre aveva strabuzzato gli occhi, quando, a casa della nonna, aveva detto che avrebbe tanto voluto diventare già un pensionato come il nonno. Suo padre avrebbe detto che più che esistenzialista è uno sfaticato,  lui avrebbe risposto ridendo, ingoiando l'ennesimo boccone di malessere, passandoci sopra come sempre. Ma tutte queste sfumature non le percepiva nessuno, tutti lo vedevano come il simpaticone pronto a fare festa, brillante e pieno di progetti, un astro nascente del paesino che da adolescente aveva impressionato tutti con la sua intraprendenza. Ma nel frattempo gli anni passavano e continuava a rincorrere la meta della triennale mentre provava a mettere a frutto altre passioni. Ama la scrittura, ha scritto anche un romanzo, pubblicato ma letto da pochi,  ultimamente si è tuffato nel giornalismo sportivo, e aspetta l'ennesimo treno che tarderà ad arrivare. "Concentrati sul giornalismo, scrivi davvero bene e sei bravo, prendi la triennale e buttati" Antonio gli ripeteva di continuo questo consiglio, provava a spronarlo. Per lui è facile, con la sua laurea in ingegneria. Ma i suoi consigli sono profondi e sensibili,  lui gli vuole bene perché è sì confortevole, ma allo stesso tempo diretto. È una delle persone cardine della sua vita, uno dei pochi che ascolta davvero. Il suo parere risulta essere decisivo, la loro era un'amicizia concreta, reale, senza frasi struggenti o gesti eclatanti, erano amici e basta. Nel frattempo continua a camminare, "La guerra è finita" lascia il posto a "Rebel Rebel"di David Bowie, due canzoni che gli danno sensazioni diametralmente opposte, ma a lui piacciono le contraddizioni , così accetta di buon grado la riproduzione casuale del suo smartphone e decide di non skippare, continuando ad ascoltare il Duca Bianco. La sua via crucis è quasi finita, la strada purificatrice di tutti i mali si snoda improvvisamente nel centro abitato, la Natural Burella è giunta al termine, ed eccolo all'ombra del purgatorio, pronto a lasciare il male chiuso fuori. Entra nel bar e al cospetto del bancone la prima figura umana che scorge è la sua figura riflessa nello specchio. I capelli, rigorosamente spettinati, spuntano in mille direzioni, disordinati e pieni di doppie punte. Le basette sono gonfie e gli danno un senso di fastidio, la barba è lunga, dovrebbe decisamente radersi ma non ha voglia. Brutto segno, così annota mentalmente che dopo dovrà scrivere a Peppe, il suo barbiere di fiducia, per dare una sistemata al suo aspetto fisico, trasandato e poco curato come sempre. Il barista lo osserva mentre si specchia e senza nemmeno chiedere gli prepara il caffè, rigorosamente decaffeinato. L'ennesima tappa è uguale alle altre, il ciclo infernale continua e lui rispetta ogni singolo momento con meticolosa precisione. Il caffè è decaffeinato, perché ne ha già preso uno normale dopo pranzo e se assume troppa caffeina poi la notte non dorme e si innervosisce. Dalle retrovie del bar sbuca Donato, che subito paga il caffè, rispettando le tradizioni di borgata, così i due iniziano a parlare. Donato ha l'età di sua madre, molto più grande di lui, ma i due hanno uno straordinario rapporto di amicizia, soprattutto di rispetto. Mirco era molto legato al padre di Donato, una vera forza della natura, praticamente uno di famiglia, visto lo splendido rapporto di amicizia che aveva con il padre di Mirco. I soliti incastri di paese, le cose belle dei rapporti umani di un paesino dell'entroterra lucano. Mirco è un ragazzo atipico in materia di rispetto e amicizia, continua a coltivare le amicizie di suo padre con una sorta di sacralità ossessiva. Il sacrificio giornaliero per immolare alla divinità della frustrazione è quasi imminente, i protagonisti ci sono tutti, tranne uno. Le carte ingiallite sono già disposte sul tavolo, ma tutti sembrano aspettare l'attore protagonista. Tutti aspettano Pietro, come quando si aspetta il parroco a casa del defunto. Un saluto, qualche riflessione sul tempo e poi il silenzio religioso di chi attende. I personaggi che animano il pomeriggio al bar sono di varia estrazione sociale e di età diverse, si tratta spesso di un ambiente tragicomico, dove bisognerebbe piangere ma alla fine si ride, in fin dei conti è un piccolo spaccato della società, niente di più. Il motivo che lo spinge ad andare lì non è il gioco delle carte, o meglio non solo, a lui piace giocare a carte ma nemmeno tanto,ci giocava solo quando in paese c'erano ancora i suoi coetanei che frequentavano il bar il pomeriggio. Ora è rimasto soltanto lui e non essendo nel giro degli adulti, si limita a fungere da spettatore, sempre pronto a entrare nella discussione e a dire la sua. Nei paesini dove la fa da padrone lo spopolamento, diventi un sopravvissuto. Da bambino sei abituato a vedere i più grandi andare via, e da grande, vivi all'ombra dei più piccoli che fanno la stessa cosa. Ti crescono a pane e valigia, è quasi un decorso clinico. Comunque lui al bar non ci va per le carte, non si purifica con la briscola e il tressette, ma grazie a quel mondo ovattato che lo avvolge, grazie a quel filtro che tiene lontani i guai, un luogo mediocre dove sentirsi a proprio agio. Non si parlerà mai della fame nel mondo o del disboscamento della foresta Amazzonica, si parlerà di idiozie che strapperanno  vuote risate ai presenti, la classica commedia tragicomica dove tutto finisce nel baccano e nell'alcool. Eccolo che arriva, con il passo lento e la sua classica espressione assurdamente risoluta, arriva in silenzio tutto tronfio e si ferma dinnanzi al bancone, anche lui in attesa del caffè rituale, mentre gli altri iniziano a canzonarlo, preparandosi per fare quello che aspettano di fare da ore: la partita a carte. Ma Pietro è teatrale e senza saperlo ha i suoi tempi scenici, si fa desiderare, e dopo il caffè esce a fumare l'ennesima Marlboro Light della sua giornata, mentre dentro già tutti hanno preso posto aspettandolo. Ed eccolo che entra nuovamente, come il gladiatore nell'arena, le belve sono gli avversari e tutti gli spettatori (compreso Mirco)  rappresentano quel pubblico assuefatto dal"panem et circenses".
Mirco sente qualcosa fremere nelle viscere, ecco, finalmente la dose quotidiana di antidolorifico che lenisce tutti i mali e svuota la testa da tutti i pensieri. Qualche ora di tregua, Mirco non ha fatto niente ma pensa comunque di meritarselo, in fin dei conti domani inizierà a studiare rimettendosi in carreggiata. Ora, schermato da quel teatro degli orrori, i suoi problemi, le sue turbe, diventano cose superabili e di poco conto. Lì, al riparo dalla pioggia acida, si sente invincibile e pronto a riprendere le redini della propria vita. Le partite si susseguono, e con esse nuovi sfidanti che provano a sconfiggere il campione delle carte che, come l'Orlando furioso, continua a massacrare i suoi avversari. Il problema è solo uno, ad ogni partita corrispondono numerose birre, che, sommate al primitivo bevuto a pranzo, trasformano l'Orlando furioso in un Polifemo ebbro di vino circondato da Ulisse e i suoi compagni. Solo che in questo caso Ulisse è Mirco entusiasta dell'opportunità di allungare la serata e trasformare una banale giornata al bar in una gloriosa serata da raccontare minimo per cinque o sei mesi.
In realtà per Mirco è come una seconda dose omaggio, vi è la possibilità di assumere altri antidolorifici e allungare la terapia fino a notte inoltrata, un'occasione ghiotta per rimandare i problemi e fuggire dalle responsabilità, una straordinaria possibilità per allungare il suo percorso di purificazione . E così, astuto proprio come Ulisse, inizia a incantare Pietro che, nel frattempo, biascica parole ridicole in un italiano misto al dialetto, che danno il giusto tocco nella situazione tragicomica. Sono già le 18:30 e lui non risponde ad Anna da almeno tre ore. Il bar ha un'altra funzione strabiliante, lì non prende il telefono, e quindi è praticamente irrintracciabile. Solitamente, quando Mirco non risponde al telefono, Anna si preoccupa e chiama tutti i suoi amici per sapere cosa ha fatto, ma dalle 15:00 in poi, sa che non risponde perché è al bar e non si preoccupa minimamente, di tacito accordo , perché lui ha bisogno di quel momento di svago e non oppone nessuna resistenza. Mentre la situazione resta magmatica e si inizia a organizzare la serata, Mirco esce a fumare e si sente in colpa perché non risponde ad Anna da troppe ore, così sblocca il telefono e trova diversi messaggi, l'ultimo recita:

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