RACCONTO V: IL PAURA KILLER

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Nei giorni successivi Mirco cercò disperatamente notizie di Krisis, senza riuscirci

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Nei giorni successivi Mirco cercò disperatamente notizie di Krisis, senza riuscirci. Si recò in comune per una veloce ricerca dei residenti all'estero e più in generale di compaesani trasferitisi altrove con quel nome, ma le ricerche furono vane. Iniziò a chiedere ai suoi amici e non solo, se avessero visto un ragazzo alto con i capelli neri di nome Krisis, ma tutti rispondevano facendo spallucce. La verità è che Mirco ultimamente era strano, ormai lo sapevano tutti, da quando Anna lo aveva lasciato era instabile. Ci aveva anche provato a mascherare la cosa, ma in un ambiente come quello come fai? Davvero impossibile. Inizialmente i tanti contatti, ignari, porgevano le classiche domande di rito di chi vive il mondo con ordinarietà. 

"Come stai? Come vanno le cose? E Anna come sta?"

"Bene" rispondeva lui pieno di vergogna. Non aveva il coraggio di dire alle persone che lui proprio non poteva saperlo visto che Anna lo aveva mollato. Mirco era in quella fase post relazione che gli psicologi chiamano "Negazione". La fase della negazione è quella in cui si fa fatica a riconoscere la fine della relazione. Si tratta di un meccanismo di difesa comune, usato per addormentare l'intensità della situazione, non accetti una determinata cosa e per esorcizzarla fai finta che non esiste. Nel frattempo l'assurda estate 2023 continua a trascinarsi stancamente tra record di caldo in tutta la storia dell'umanità e notizie degradanti di violenza nei vari tg. Mirco continua ad annaspare ma la ricerca di Krisis, paradossalmente, frena un po' le sue turbe e gli regala sprazzi di lucidità, anche se per poche ore al giorno. Ma niente, nessuno ha mai visto questo tizio. Mirco esce spesso, giusto per la curiosità di vederlo, ma di lui non c'è traccia nei negozi, nei bar, in palestra, in nessun luogo possibile e immaginabile del paese. Forse sarà andato via, pensa Mirco tra sé mentre sorseggia un bicchiere di prosecco. Sta bevendo a stomaco vuoto come accade ormai da diversi giorni. Non riesce più a mangiare, non ha più appetito e il senso di nausea si impadronisce di lui non appena siede a tavola. Ha perso dieci chili in quindici giorni e non riesce ad ingerire nulla se non caffè e sigarette, aperitivi e patatine, birra e taralli. Non gli era mai successo nella vita. Solo una volta aveva perso 10 chili, nel 2017. Altra estate rovente con annessa esperienza da animatore in un villaggio turistico in Toscana. In quell'occasione era tornato a casa più abbronzato che mai, pelle e ossa a causa degli assurdi contratti che tengono prigionieri gli animatori turistici, costretti a fare la fame a causa di non si sa quale assurda ragione. In quella occasione, di ritorno dalla lunga esperienza, nei pressi della stazione di Potenza suo padre non lo aveva riconosciuto. 

"Ti ho riconosciuto dal cappello, stai proprio messo male"

Ma nel giro di pochi mesi Mirco aveva recuperato quei chili ed aggiunto anche gli altri. Anna lo aveva aspettato per una estate intera senza vederlo. Quasi come quando si andava al militare e la tua donna ti aspettava paziente perché ti amava. Anna lo amava e l'aveva aspettato. 

"Amava"

Tempo imperfetto. L'imperfetto indica un'azione avvenuta nel passato e considerata nel suo svolgersi, nella sua durata, senza riferimento al suo inizio e alla sua conclusione. Dunque non il tempo verbale adeguato perché l'amore di Anna era finito del tutto, meglio il passato remoto. Il passato remoto è un tempo verbale dell'indicativo e si usa per indicare un fatto avvenuto nel passato, concluso e senza legami di nessun tipo con il presente; la lontananza è di carattere sia cronologico, sia psicologico. Quindi Anna lo amò che è completamente diverso da lo amava. Alcune volte la grammatica riesce ad essere spietata, laconica ed esaustiva più di poesie, lacrime o canzoni sdolcinate. Al bancone del bar si sente l'ombra di sé stesso, alla stregua di un qualsiasi altare ecclesiastico pronto al sacrifico giornaliero da immolare agli dei del dolore. Ogni giorno sacrifica un pezzo di sé per estraniarsi dal suo corpo e trovare un po' di pace. Il sapore forte del prosecco viene anticipato dall'odore che gli inebria il naso mentre si accinge a bere. Il prosecco gli dà senso di freschezza ed è il sacrifico ideale in mattinata e nel tardo pomeriggio. Con il calar del sole si passa alla birra, alcolico più grezzo ma in grado di continuare la strada spianata dal prosecco. Poi fa caldo e la birra ghiacciata è semplicemente paradisiaca. Da uno sguardo al suo Casio arancione, sono le 13:30, deve urgentemente tornare a casa perché ci sono sua madre e sua sorella ad aspettarlo. Mentre saluta di fretta tiene lo sguardo fisso sul suo orologio e continua a camminare. Arancione, un orologio strambo come lui. Ama le cose diverse ed eccentriche, ama le cose assurde. Ha dovuto sostituire l'orologio, aveva un Casio argentato che gli aveva regalato Anna, ma era stato costretto a metterlo via perché guardando quell'orologio pensava a lei. Che poi lui gli orologi proprio non li sopporta, mai messi. Ma da quando Anna gli aveva regalato il Casio lui aveva iniziato a metterlo per portare sempre con sé un piccolo pezzo di lei. Poi era finito per abituarsi, e ora il piccolo pezzo di lei doveva mollarlo, ma allo stesso tempo, appunto, aveva la necessità di portare l'orologio perché ci si era abituato e non riusciva a starci senza. Quante storie, pensò, ci si lascia cambiare da chi poi sparisce e dopo non si è più sé stessi ma una sorta di mediazione a cui si giunge per stare bene con gli altri. Gira che ti rigira alla fine va a parare sempre lì, ad Anna. Si sforza di non pensarci e quando è occupato a fare altro ha come una doppia edizione della sua mente, nella parte frontale le questioni che sta affrontando, e nell'anticamera la presenza fissa e costante di Anna, un pensiero eterno, una sorta di guardiano la cui presenza ingombrante ti dilania. Quando poi è da solo, dall'anticamera, il pensiero invade ogni singolo millimetro di corpo e ti porta in un abisso di irreale sbiadimento che ti confina alla tristezza, al dolore ormai fisico che parte dal suo ginocchio malato fino allo stomaco bruciato. Mai avrebbe pensato di sentirsi così. Ma la vita ti spiazza e a trent'anni è in grado di cancellare con un colpo di spugna tutti i tuoi capisaldi. Perché la verità è che non esistono pilastri e fondamenta, il divenire è tortuoso e impreciso, nemmeno il più freddo dei calcolatori può prevedere tutto. Figuriamoci lui che è l'esatto contrario di un calcolatore, lui che è un lunatico passionale che vive costantemente di emozioni. Il tutto in un mondo di rapaci dotati di una concezione utilitaristica della vita che fa spavento. Ti senti costantemente fuori posto, come dice Luciano Ligabue nella sua "Metti in circolo il tuo amore":

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