8 ;; DOLCEAMARO

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Il piccolo konbini che faceva angolo era il più frequentato di tutto il quartiere. Non era grande, anzi era relativamente molto piccolo, ma messo lì in un punto strategico e i prezzi, per quanto alti, alleggerivano non poco i pensieri dei residenti. Wonwoo, quando camminava verso il suo posto di lavoro si faceva sempre la stessa domanda –perché ho deciso di prendere casa a Gangnam? – e sempre allo stesso modo si rispondeva sbuffando e riportando le mani nelle tasche dei pantaloni – perché lo paga papà

La famiglia di Wonwoo era una famiglia che si potrebbe definire come tutte le altre, al giovane ragazzo non mancava nulla, eppure al compimento dei ventidue anni disse senza ripensamenti di voler andare via di casa, quasi tutta quella normalità gli stesse stretta. Il padre, un uomo tutto d'un pezzo, si prese la briga di prendergli quel piccolo appartamento a Gangnam, anche in quell'occasione, Wonwoo storse il naso, ma non si espose più di tanto sull'argomento, accettando l'immobile a testa bassa.

Dopo qualche mese dal suo trasloco cercò un lavoro e l'unico che lo prese senza dire nulla fu il signore anziano del konbini che faceva angolo a Insadong, quartiere totalmente opposto rispetto a quello dove abitava.

Ruminò nelle tasche cacciando un piccolo mazzo di chiavi iniziando con gli occhi ancora incrostati dal sonno ad alzare le varie serrande e aprire le porte. La polo verde era sempre la stessa da ormai un anno e mezzo, per quante volte la lavasse il suo odore ne rimaneva impregnato, e allo stesso tempo compiva le stesse azioni, non rendendosi conto. Ormai la sua vita era diventata una tranquilla routine, di tanto in tanto, messa a dura prova dal mondo esterno, ma lui ci stava bene lì.

Con i suoi soliti tempi e la pacatezza che lo contraddistinguevano terminò tutte le sue mansioni primarie. Inforcò gli occhiali appoggiandoli sul ponte del naso e quando alzò la testa notò sulla porta d'ingresso una figura.

Iseul se ne stava ferma immobile sull'uscio, la bocca impastata dal colluttorio e una sigaretta. Aveva avuto la voglia di fare un piccolo sorso di liquore per alleviare la tensione ma si era detta, mentre indossava la polo verde, che doveva resistere, lei poteva farcela. Mosse qualche passo verso Wonwoo facendo un piccolo inchino per salutarlo, lo stesso fece il ragazzo che la guardava con uno sguardo strano, quella non era la Iseul che aveva visto i giorni addietro.

La ragazza aveva tirato i capelli scuri in una lunga coda molto alta, un piccolo fermaglio a forma di stella bloccava un ciuffo ribelle così da non lasciarlo cadere sugli occhi. Gli occhi, pensò Wonwoo, non erano per niente quelli che aveva visto. Non erano arrossati, nemmeno gonfi. Avevano un colore chiaro, forse troppo chiaro, al ragazzo parvero vuoti e messi a contrasto con il sorriso che Iseul con tanta attenzione aveva scelto quella mattina, sembravano una delle scene più tristi che potesse mai osservare.

Le mani della ragazza stiravano compulsivamente il tessuto verde della sua maglietta per poi bloccarsi a stringere il lembo finale.

– Buongiorno Iseul.

– Buongiorno Wonwoo.

Lo scambio di sguardi tra i due fu rapido ma parve durare un'eternità fino a quando non fu Wonwoo a tagliare corto avvicinandosi a lei e iniziando ad illustrare tutto quello che doveva fare, c'era una gavetta base da seguire. La sera prima aveva parlato con il proprietario della giovane e il signore anziano aveva lasciato tutto in mano a Wonwoo, si fidava di lui e sapeva che avrebbe fatto un ottimo lavoro. Alcune spiegazioni veloci per poi sparire di nuovo dietro la cassa osservando i movimenti che compiva Iseul.

Più la osservava, più si chiedeva – chi aveva conosciuto lui?

La ragazza che adesso stava mettendo in ordine alcune bottigliette di acqua era davvero la stessa che la sera prima, ubriaca marcia si era presentata alla cassa e con le lacrime incastrate tra le palpebre le aveva chiesto un lavoro?

Non ci credeva. In quella veste Iseul sembrava davvero una brava ragazza. Faceva molta attenzione a come e dove posizionare i prodotti, si prendeva cura dei clienti che entravano, dando loro una mano nelle ricerche di qualcosa e in più, sorrideva.

Wonwoo si ritrovò a pensare sbadatamente a quanto potesse essere falso o vero quel sorriso, qual'era la soglia di finzione di quel volto tranquillo. Era giunto a conclusione che Iseul doveva essere una ragazza molto sola per dover mentire sul suo reale stato d'animo e affogare, per quanto riuscisse, nei fiumi inibitori dell'alcool, ma durante tutto l'arco della giornata, lei non vacillò, tenendosi addosso quella maschera calcificata con un valore sociale più grande di lei.

– Non sei andata male, domani alla stessa ora.

Lei annuì iniziando pian piano a perdere tutta quella sicurezza che aveva la mattina. Ci era riuscita davvero, allora perché in quel momento si sentiva uno scarto?

– Posso comprare dei mandarini prima di andare via?

Wonwoo accennò con la testa un piccolo si portandosi dietro la casa per fare il suo ultimo conto. Ancora quei mandarini, cosa ci troverà mai in quel frutto. Iseul ne prendeva sempre tre, solo tre mandarini. A volte erano piccoli, altre volte più aranciati ma in ogni modo non erano mai più o meno di quelli che portava alla cassa.

– Iseul, tutti questi mandarini non ti fanno male?

– No, e anche se dovesse essere così, mi andrebbe bene. Sono dolci, mi piacciono.

La voce di Iseul sembrava miele sciolto mentre decantava di quanto il frutto tondeggiante potesse essere un toccasana per il suo corpo.

– Perché ti piacciono le cose dolci? Dopo un pò ti danno allo stomaco.

Iseul abbassò la testa poggiando sul banco una banconota e assieme a quella una caramella al mandarino, di quelle zuccherate intorno.

– A volte Wonwoo la vita è troppo amara per poterla vivere senza pensieri, il dolce ti da una mano a sopperire e a volte anche a scomparire.

Le labbra incurvate in un piccolo sorriso mentre riportava sulle spalle la giacca beige e iniziava a muovere piccoli passi verso l'uscita. Il vento freddo sulla pelle accaldata dall'ambiente intorno a lei, Wonwoo la vide, spegnersi e non sorridere più.

– A domani Wonwoo, passa una buona serata e, provala quella caramella, addolcirà il tuo rientro.

La figura della donna scomparve dopo qualche minuto e Wonwoo si ritrovò a rigirarsi il piccolo dolciume tra le mani. Come si poteva basare una vita intera sulla dolcezza di qualcosa. Il mondo, da che ne avesse memoria, contrapponeva equamente dolce e amaro, l'equilibrio statico che ti permetteva di esistere senza troppi fronzoli.

Come poteva una sola singola persona continuare a "vivere" in un sogno fatto di zucchero?

Chiuse il konbini, infilò le mani in tasca togliendo gli occhiali e tornando ad osservare quella caramella. Il livello di zucchero indicato sull'involucro era assurdo, pensò, mentre cercava le chiavi di casa: quando smetterà Iseul di fingere che vada tutto bene?

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