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— Vado a vedere come sta Iseul
Erano ormai due giorni che ne Junhui, ne Hansol avevano sentito la piccola ragazza dell'appartamento di fronte. La preoccupazione aveva preso il sopravvento, soprattutto negli occhi di Hansol. Dopo quello che era accaduto qualche sera prima i due non avevano più ricontattato la ragazza sapendo perfettamente che sarebbe stata lei a tornare, con i suoi tempi. Solitamente le bastava un giorno intero per sfogare tutta quella amarezza, ma ormai era scoccato il terzo giorno e di lei nemmeno l'ombra.
Junhui prese tutto il coraggio che aveva in corpo, uscì dal suo appartamento bussando successivamente alla porta di fronte. Una, due, tre volte, nessuna risposta. Prese a bussare un pò più insistentemente fino a quando non sentì la serratura della porta scattare, segno che lo fece quasi sospirare di sollievo, almeno era viva.
Quando aprì la porta, Iseul era trasandata. Gli occhi gonfi di un pianto infinito, rossi come la lava che pulsavano anche solo nel vedere un piccolo spiraglio di luce. I capelli neri arruffati sul suo capo, le labbra spaccate e ferite. I vestiti le cadevano addosso sciatti mentre con la testa che girava ancora si spostava per far entrare il ragazzo.
L'appartamento di Iseul era silenzioso, un ammasso confuso di disperazione. Le bucce di alcuni mandarini dominavano gran parte del pieno dell'isola, fazzoletti utilizzati accanto a questi. Il lavandino ricolmo di bicchieri da shot, qualche bottiglia di vetro vuota e solo tanta solitudine.
— Da quando non apri le finestre di questa casa?
— Due giorni.
— Da quando non ti dai una lavata?
— Due giorni.
La voce di lei era rauca, un flebile sussurro mentre copriva nuovamente il suo corpo con un cardigan ormai slanato e tornava a sedersi sullo sgabello. Osservò Junhui fermo sull'uscio dell'appartamento e quasi fosse un moto automatico le iridi presero nuovamente ad annacquarsi. Grandi gocce tornarono a contornare il volto di Iseul mentre questa prendeva un nuovo mandarino e con le mani tremanti iniziava a sbucciarlo.
— Sono un disastro Junhui, scusami.
Ammise mentre portava uno spicchio del frutto tra le labbra. Il sapore dolce della polpa la fece ispirare forte mentre i singhiozzi si placavano. Il sapore dello zucchero era sempre lenitivo per la giovane ragazza.
Junhui sedette di fronte a lei incrociando le braccia al petto, sapeva di non dover parlare, che di li a breve Iseul sarebbe stata un fiume in piena, così pensava, la ragazza invece si ammutolì. Le labbra storte in una smorfia quasi sofferente mentre si passava le mani sotto il naso per assaporare pienamente il gusto curatore del mandarino.
— Mi spieghi perché ti riduci sempre così, non puoi continuare a-
— Lei aveva detto che così andava bene. Nessuno si è mai preoccupato di aggiustarmi, Lei in qualche modo lo ha fatto.
Lei, lei, sempre lei. La testa di Iseul in quei momenti si spaccava in due; da una parte la figura materializzata di un cuore spezzata dall'altra Lei che le offriva uno sgabello comodo su cui sedere, un paio di sigarette e un Windy Miller.
Lei era stata il punto fermo per tanto tempo nella vita di Iseul, le voleva bene come una sorella maggiore, forse come una madre e in una serata piovosa l'aveva persa per una lacrima di troppo. Si portò le mani al volto nascondendosi dal ragazzo che aveva di fronte che la osservava con gli occhi sconsolati. Junhui lo sapeva, questo era uno dei numerosi problemi di Iseul, quello di rimanere radicata alla vita passata. Ogni volta tirava fuori scheletri che dormivano nel suo armadio che non facevano altro che aumentare le numerose lacrime che quotidianamente contornavano il volto latteo di Iseul.
— Devi smetterla di parlare continuamente di Lei, è andata via, basta rimuginare troppo su questa cosa.
Junhui aveva ragione, di nuovo, eppure per Iseul era impossibile togliersi dalla testa il volto di quella donna bellissima, dell'unica persona che si era presa la briga, e forse il gusto, di spiegarle che il mondo come lei lo voleva non esisteva. Il ragazzo si alzò sospirando dal suo sgabello e preso un sacchetto iniziò a pulire i resti di quella disperazione sola che portava addosso la ragazza. Si bloccò un momento quando vide una caramellina al lime dentro un barattolo vuoto, era strano, Iseul non aveva nulla di acido o piccante in casa sua.
— E questa? Non è da te comprare cose acide.
— Me l'ha regalata il ragazzo del kombini.
Disse prendendo un grosso respiro per poi alzarsi e sprofondare nel petto di Junhui. Lui sorrise intenerito poggiandole una mano sul capo.
— Adesso vai di là, ti fai una bella doccia e poi ti passo a prendere. Andiamo a comprare qualcosa e cuciniamo tutti assieme, anche Hansol era preoccupato per te.
Iseul annuì lasciando andare via il ragazzo. Si sporse sull'isola per dire un'ultima cosa ma Junhui la precedette.
— No, niente liquore al mandarino stasera, ti concedo delle spremute.
E con questa frase si dileguò. Iseul ritrasse un verso di stizza guardando il salotto minuscolo immerso ancora nel buio, nonostante fossero le quattro del pomeriggio. Si fece coraggio iniziando ad accendere le varie luci, prese un bicchiere di acqua e si lasciò trascinare di nuovo in un paio di ricordi zoppicanti che terminavano sempre con un solo pensiero ; chissà se Lei stava davvero bene adesso che l'aveva lasciata andare.
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MANDARINI ;; ★
Fanfiction;; L'odore di 𝐦𝐚𝐧𝐝𝐚𝐫𝐢𝐧𝐨 é inverno sciolto nell'aria un cuore infranto la sua voce le mani di Iseul l'amore ;; ©rice_honey_ , revisitation 2024