Vitiligine

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Capitolo due


Non ci stava più con la testa, o almeno era quello che le ribadiva in continuazione sua madre con sguardo deluso negli occhi.

Odiava deludere.

Camille era sempre stata la ragazza perfetta, colei da cui prendere esempio.

Le persone aspiravano a diventare come lei.

Cos'era andato storto?

Sembrava che collezionare delusioni fosse diventato d'ordine del giorno per lei.

Le dita si strinsero attorno alla sua penna blu facendo impallidire le nocche. Lo sguardo le ricadde sulle unghie mangiate e con lo smalto rovinato. Sua madre le aveva ricordato di prenotare un appuntamento dalla sua onicotecnica di fiducia per darsi una sistemata, "una parvenza di ordine" diceva.

Poteva rimettere in ordine il suo aspetto fisico, ma chi avrebbe rimesso in ordine quello che aveva dentro?

Sicuramente non l'onicotecnica.

Il display del cellulare si illuminò per una notifica. Era un messaggio da parte di Riley, la sua migliore amica. Erano persone come Riley a farle credere all'illusione che fosse tutto ancora normale, e Camille lo odiava.

Odiava così tante cose, non si riconosceva più.

«Beh? Non rispondi?» un sussurro fece capolinea nel disastro che erano i suoi pensieri. Girò leggermente la testa verso la sua destra, dove un ragazzo la guardava con genuina curiosità. Non l'aveva mai incontrato quel ragazzo, ma in fin dei conti quella non era una delle sue solite classi, ma un corso di recupero.

«E a te per quale ragione dovrebbe interessare?» chiese freddamente. Non era solita a mostrarsi calorosa a chi non conosceva. Carter le diceva sempre che l'amava per quel suo lato. Per entrare nel suo cuore aveva faticato tanto, rompendo pezzo per pezzo quel ghiaccio che usava come scudo.

«Robin, mi chiamo Robin» lo sconosciuto dagli occhi blu e curiosi le sorrise vivacemente.

Camille aggrottò la fronte prima di rispondere.

«Non era quella la mia domanda»

Lui fece spallucce. «Ne sono consapevole, ma almeno adesso potremmo conversare senza che soltanto io sappia il tuo nome» le spiegò, ricordandole ancora una volta come il suo nome fosse conosciuto da tutti in città grazie alla sua famiglia.

Odiava anche quell'aspetto della sua vita, a proposito.

«E comunque, non volevo sembrarti inopportuno, semplicemente questa lezione é noiosa e ho notato che neanche tu stai prestando attenzione. Sarebbe carino non prestare attenzione insieme, non trovi?»

Robin non la guardava più mentre procedeva con il suo sproloquio nervoso, sembrava essere imbarazzato e per un misero secondo Camille si sentì quasi in colpa per esserne stata la causa.

«"Non prestare attenzione insieme?" e questa da dove l'hai tirata fuori? Da un romanzo rosa adolescenziale?» fu la risposta di Camille che lo mise a tacere. Le guance di Robin si arrossarono leggermente.

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