♠nove di picche♠

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Una delle prime cose che impari all'Inferno è di non credere alle promesse.

Le promesse sono un legame fragile e gli abitanti dell'inferno sono manipolatori, meschini, seducenti e ingannevoli.

Quando sigilli un patto è impossibile infrangerlo, è il potere di questo luogo che lo impone, mentre le promesse si legano alla tua anima in un modo diverso, fare una promessa significa dare fiducia e  qui non ci sono persone giuste su cui contare.

Io, nella mia vita non ho fatto altro che riporre fiducia nelle persone sbagliate.

Avrei affidato a Val la mia anima e quando l'ho effettivamente fatto mi sono reso conto di quanto fossi vulnerabile.

Ho creduto che mi avrebbe salvato, che avrebbe salvato Anthony e invece mi sono ritrovato ad affogare nella mia stessa spirale d'odio.

Pensavo avessi imparato la lezione ma a quanto pare Angel non impara mai.

Mi chiedo cosa cazzo mi fosse passato per la mente quando ho creduto ad Husk, mi chiedo cosa stessi pensando quel giorno quando le nostre labbra si sono incontrate.

Era stato bello, così fottutamente bello, mi sarebbe piaciuto abituarmici a dei baci così ma a quanto pare non me lo merito.

Husk era uno stronzo bastardo come Valentino e io dovevo dargli ragione.

"Credi che se io perdessi saresti tu a vincere?" Le parole di Val mi tornano alla mente mentre boccheggio alla ricerca di aria e penso che devo sembrare davvero stupido.

La catena mi stringe al corpo e l'ossigeno non vuole entrare nel mio corpo.

Lo sguardo di Husk vaga tra il vuoto che lo sta divorando e un qualcosa che non so identificare.

Val non si è  mosso come se si volesse godere lo spettacolo, il suo sorriso è tirato come se fosse combattuto tra la rabbia di aver perso e la soddisfazione di aver avuto ragione riguardo al micio.

«Vaffanculo, Husk perché lo hai fatto, perché mi hai fatto quella cazzo di promessa? La mia anima sarebbe stata tua, io sarei stato tuo. Ti diverte vero? Ti diverte vedermi così? Ti sembro così patetico?» gli urlo utilizzando quella poca aria che mi era rimasta nei polmoni.  «Vaffanculo allora» aggiungo con una punta di amarezza.

Sono arrabbiato con me stesso perché ho creduto che sarei stato felice e invece non ho fatto che crogiolarmi nelle stesse bugie ancora e ancora.

La catena mi trascina con uno strattone ancora più vicino ad Husk ma, quando alzo lo sguardo in tono di sfida, vedo che sul suo volto non c'è il sorriso strafottente che mi aspettavo di trovare ma solo un'espressione che era delusa quasi quanto la mia.

Direi che forse ci ha creduto anche lui quando ha detto che mi avrebbe liberato.

«Husk, me lo avevi promesso» ripeto per l'ennesima volta e le lacrime cominciano a scendermi lungo le guance mentre il mio corpo è scosso dai singhiozzi che escono faticosi dalla mia gola stretta nella catena.

Il gatto ricambia io mio sguardo e sembra all'improvviso rendersi conto di ciò che sta facendo.

Stinge il contratto tra le zampe possenti e prende un respiro «Sei solo un patetico buffone vero Husker?» sussurra tra sé e sé.

All'improvviso il rumore di uno strappo attraversa l'aria e l'ossigeno mi rientra nei polmoni facendomi tossire all'impazzata.

La catena sparisce in una luce dorata e ricomincio a respirare.

Il contratto ora è a terra lacerato a metà ma ancora si riescono a leggere il nome di Husk scritto sopra quello di Valentino e la mia firma in fondo alla pagina.

House of cards //HuskerdustDove le storie prendono vita. Scoprilo ora