3- Bambina sognante

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Ho creato un impero, per

vivere nel mio dolore.

Ho creato un palazzo,

per ricordare nomi

impercettibili.

Tuttavia, sarebbe bastata

una parola d'amore per

dissuadermi dal tingere

la mia corona di nero.


Andra Indivar Veleda


«Ora che siamo qui, posso chiederti di togliermi una curiosità?»

Camillo è il primo dei due a trovare il coraggio di rompere questo muro di ghiaccio eretto dal nostro imbarazzo. O forse solo dal mio.

«Non so quante curiosità tu possa trovare in me, ma dimmi pure», dico, sforzando una risata.

Sono sincera, non c'è niente di curioso in me che possa essere visto in superficie.

Forse questo è il punto; lui sa andare oltre l'apparenza con una facilità preoccupante.

«Il tuo nome intero è "Andra Indivar Veleda", Giusto?»

Annuisco, ancora sdraiata sulle tegole che pendono dai lati del terrazzo.

Quando mi vengono poste delle domande rimango sempre sull'attenti, o divento più tesa. Ma ora sono ancora in balia del relax provocato dallo stare senza tacchi, e con lui. Sembra che mi piaccia che qualcuno si stia interessando a me.

«Non ho mai sentito il nome "Indivar". Parlami del suo significato, per favore».

Sono sconvolta. La gente ha sempre saputo che avessi un secondo nome, ma nessuno ha mai usato "Indivar" per chiamarmi, e nessuno mi ha mai chiesto cosa significasse.

Avrei sempre voluto rispondere a questa domanda, ed ora posso.

«Mio padre nacque in Guascogna, una piccola regione posta al confine tra Spagna e Francia. Lì si parla Basco, infatti il mio secondo nome è di origine basca. Il suo significato si ricollega alle stelle, e quindi ad una bambina sognante e curiosa di conoscere. Conoscere qualunque cosa. Mio padre mi confessò di aver dovuto davvero combattere per potermi mettere quel nome, perché a mia madre non piaceva. Alla fine, i miei genitori risolvettero la faccenda mettendomi due nomi. Mia madre avrebbe voluto chiamarmi "Andra", che indica una donna forte e coraggiosa. A volte penso che il suo fosse una sorta di auspicio, risultato anche abbastanza inutile, alla fine».

Camillo è steso più vicino alla ringhiera che separa il terrazzo dalle tegole, ed io più avanti. Oltre al suo silenzio, anche il fatto che continui a fissarmi mi fa capire che mi abbia ascoltata anche se sono andata oltre la risposta della sua domanda.

«Sono due nomi stupendi, secondo me», sibila, tornando a guardare verso il cielo stellato. Il cielo da cui ho preso il mio nome.

Mentre tento di tornare leggermente più indietro per avvicinarmi a Camillo, lui prende per primo parola.

«Comunque, io penso che tu sia una persona davvero stuzzicante, ed anche forte e coraggiosa. I tuoi genitori ti conoscevano già da prima che nascessi. Per esempio, tuo padre aveva predetto che avresti portato un affascinante uomo sul tetto di casa tua per guardarci il cielo stellato insieme, non credi?».

La prima frase ha continuato a gettare legna sul fuoco che mi sta bruciando da quando l'ho visto, ma la terza mi ha fatto capire dove sta andando a parare, ed è quello che voglio anche io.

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