Il primo veleno

47 9 12
                                    

Angie

Una luce fastidiosa mi svegliò filtrando attraverso le imposte.
- Ma che ore sono?- pensai assonnata coprendomi il viso con il lenzuolo fin sopra le orecchie.
Un flebile lamento a fianco a me mi fece finalmente ricordare dove mi trovavo e con chi ero.
Angel era steso lì accanto, con gli occhi ancora chiusi e un piccolo sorriso sulle labbra. Stava dormendo tranquillamente, aveva solo parlato nel sonno, forse, disturbato dai miei movimenti.

Mi soffermai a guardarlo per un momento. Sembrava così sereno mentre abbracciava stretto il cuscino, con i capelli tutti scompigliati e Porchetta tranquillamente accoccolato tra le sue braccia. Mi sfuggì un sorriso nel vederlo in quel modo, senza preoccupazioni o problemi.
- Cosa starà sognando? - Di sicuro non la sua attuale vita, magari qualcosa successo prima. Un periodo felice, magari all'hotel.
Non avevo ancora provato a chiedergli nulla in proposito, cosa era successo, cosa lo aveva riportato lì da quel mostro.
Lui non me ne aveva parlato e non sembrava volesse farlo. Non volevo forzarlo ma la curiosità era tanta e sapevo che presto avrei voluto delle risposte.

Non era così che pensavo sarebbe andata. Non era quello il futuro che speravo per lui, ma d'altronde chi mai lo avrebbe sognato?
Speravo che qualcuno riuscisse davvero a salvarlo, anche da se stesso. Forse un felino più cocciuto e attento di me.
- Glielo ricordo?-  Il giorno prima lo avevo sorpreso più volte fissarmi le orecchie senza però proferire parola, solo uno sguardo perso e occhi sofferenti.
Mi dispiaceva fargli del male anche solo con il mio aspetto.

Quella serenità fu all'improvviso spezzata. Un bussare insistente proveniente dalla porta, o il tentativo di abbatterla a giudicare dal rumore, ci fece sobbalzare entrambi. 
Angel si mise seduto di scatto coprendosi istintivamente con il lenzuolo e rischiando di fare volare Porchetta a terra.  Presi in tempo il maialino che grugnì grato. Quando lo posai terra corse a nascondersi velocemente, doveva essere abituato a quelle situazioni.

Val entrò senza aspettare che qualcuno gli desse il permesso. Tutto era suo, compresa quella stanza.
Mi rannicchiai contro il muro alle mie spalle e cercando di coprirmi il più possibile, come se sperassi che la parete potesse risucchiarmi al suo interno e farmi sparire da davanti ai suoi occhi. Era lì per me, me lo aveva promesso.

I suoi occhi rossi studiarono la stanza per poi fermarsi su di noi, ancora immobili nel letto a fissarlo preoccupati.
" Dovresti dare una sistemata ogni tanto Amorcito. Sembra un porcile. Oppure lo lasci così per fare sentire a casa la bestiolina?" Porchetta nel frattempo era sparito in bagno, almeno lui era al sicuro. Io non avrei avuto la stessa fortuna.
" Si Val, Lo farò" Si limitò a dire il ragnetto con una smorfia infastidita.
L'attenzione del demone si spostò su di me " Ma chi abbiamo qui? A quanto pare vi siete piaciuti davvero tanto ieri" Arrosii a disagio.
-Ma non starà davvero pensando che noi...-
" Sai bene che non è così" Sbuffò Angel portando le lunghe gambe fuori dal letto, pronto ad alzarsi.

Val alzò le spalle come se la cosa poco gli importasse. " Come vi pare, se vi fa piacere rotolare insieme anche la notte fate pure. Non sono affari che mi riguardano"
Riportò il suo sguardo su di me " Ma ora è tempo di lavorare, signorina"  disse porgendomi una mano con un ghigno stampato in volto.
" Certo" sussurrai distogliendo lo sguardo e alzandomi senza accettare il suo aiuto. Val ritirò la mano stupito e amareggiato dal mio rifiuto.
"Veloce. Mettiti qualcosa addosso e andiamo. E tu..." Disse rivolto a Angel. "Sei atteso nello studio due" il ragnetto, che era già in piedi, incroció le braccia al petto guardando il suo capo. " Ho capito, grazie" 
Mi fece un sorriso di incoraggiamento. Nei suoi occhi però leggevo la sua preoccupazione per questa mia prima giornata di lavoro senza di lui.

Capii che Valentino mi stava portando nella camera dove avevamo girato il giorno prima. Cercai di stargli lontano camminando a occhi bassi, lui semplicemente mi ignorava fumando la sua lunga sigaretta.
La sera prima aveva detto che si sarebbe occupato di me e che mi avrebbe fatto abbassare i toni. Cercai di fermare il brivido che mi percorse la schiena ripensandoci.
- Spero se ne sia dimenticato -  desiderai con poca convinzione. Non ero così stupida da crederci davvero.

Two Angels in hellDove le storie prendono vita. Scoprilo ora