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Verso le 4 di pomeriggio vado a casa sua.
Ero serena, felice. Era chiara, la felicità; era trasparente. Mi guardavo intorno e tutto sorrideva, ed era tutto perfetto. Se fossi passata di qui una settimana fa, avrei odiato tutto; ora non riesco a vedere cose negative.
Una persona a caso non ti cambia così le giornate.
Non ti cambia la vita, una persona a caso. Mi serviva una giornata così, il cielo di quest'azzurro inconfondibile, questo vento estivo, per capire che che lui é mio, solo mio. Avevo bisogno di sorridere per capire che a me lui piace come mai mi è piaciuto nessuno.

Oggi tutto mi è chiaro. Quello che sono, quello che siamo.

Mi si é aperto il mondo. Niente dubbi. Niente paura. Io lo so.
Ed é così strano avere la certezza. Ed è così rassicurante. Mi sento sicura. Sono sicura. E perché? Perché sono amata. Ed é una sensazione fantastica. Potrei morire ora, e sarei felice. Per 16 anni ho camminato sempre in bilico su un filo sottilissimo, e solo oggi tocco la terra stabile. Posso tirare un respiro di sollievo.

E lo so ancora che le persone fanno schifo, lo so ancora che moriremo tutti comunque, lo so ancora che la vita é inutile e senza senso.
Lo so, ma oggi non m'importa.
Oggi, sono passata di livello.

Allora scavalco, guardo il giardino, lo chiamo. Questa é monotonia. Sì, lo é. Ma non è più quella squallidissima monotonia di prima. É una monotonia che mai vorrei interrompere. Ci dovrebbe essere un nome per questa cosa. Sennò lo inventeró io.

Ed eccolo. Sempre spettinato, come piace a me. Sempre con questa faccia seria e un po' presuntuosa. Sempre con quella dannatissima sigaretta. E con quel libro in mano che lo rende così affascinante. Andiamo un po' a suonare al pianoforte; parliamo di stupidaggini e di nostre teorie poco probabili sull'universo sotto alla zanzariera. I pomeriggi passano così. Veloci. Stronzo di un Cronos. Quando si inizia a respirare l'aria del tramonto, saliamo sul muro.
Lo guardo un bel po' e poi dice:
"Allora me lo dici il tuo nome?"
"Eh, non so... non mi piace. É un nome schifo."
"Non ci credo. Sei tu che fai questi discorsi inventati."
Credo che dopo tutto quello che abbiamo passato lui abbia il diritto di sapere il mio nome. E credo che io possa anche smettere li chiamarlo 'lui'.
"Hai ragione."
Prendo un repiro.
Il mondo sembra essersi chetato per quel momento. Non si sentiva un rumore. Tutti gli esseri viventi stavano trattenendo il respiro.
"Mi chiamo Elena."
"Elena.."
Ripete lui a voce bassa, quasi per non scordarselo.
Il mio nome non mi era mai piaciuto finché non l'ha pronunciato lui.
É così irresistibile.

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