Era passata la prima settimana di scuola, la prima in quella nuova e strana scuola. Le sarebbe piaciuto anche che fosse passata liscia come l'olio, senza intoppi o problemi, ma non era così fortunata. Da quel pomeriggio al campo non aveva fatto altro che trovare sulla sua strada Tristan. Era peggio del prezzemolo. Quel ragazzo era letteralmente ovunque. Aveva amaramente scoperto la mattina del secondo giorno che i loro armadietti erano vicini, ad una distanza imbarazzante di quattro sportelli metallici. Inoltre Tristan e Kenneth, assieme al loro gruppetto di amici non passavano di certo inosservati. Oltre che alla loro stazza e alle giacche che portavano spesso, nemmeno fosse una dannata scuola privata che prevedeva di indossare una divisa, al loro passaggio il mare di gente si scansava. Era come assistere all'esatto momento in cui Mosè separava le acque del Mar Rosso. Il passaggio di quei ragazzi era come un evento biblico di grande importanza. Ovviamente in quei momenti non erano mancati gli alterchi. Kenneth era un vero coglione. Non faceva altro che punzecchiare la sorella prendendola perfino in giro. E più lui la prendeva in giro e più lei restava in silenzio, remissiva e più Agnese aveva voglia di spaccare la faccia a quel maledetto stronzo, tanto che un giorno non aveva retto e gli aveva risposto, apostrofando il suo continuo masticare il chewing gum al ruminare delle mucche, ridicolizzandolo davanti ad altri spettatori. L'aveva guardata con un tale odio e disprezzo che avrebbe fatto pisciare nelle mutande chiunque, ma non lei.
Con Tristan invece era tutta un'altra storia. Era più furbo del gemello e non si abbassava ad insulti di questo livello, lui colpiva più in basso, vedeva la guardia bassa, scorgendo un punto scoperto e lì affondava. Aveva compreso alla svelta che Kenneth era il provocatore, ma lo stratega era Tristan. Kenneth iniziava le azioni del gruppo, incitandoli ad infierire su Josefina, Tristan invece giocava con astuzia e malizia, ed era anche peggio.
E mentre era impegnata a rispondere per entrambe per le rime, sentiva lo sguardo di Tristan su di sé. Era come un'ape che insisteva a ronzare vicino all'orecchio, ostica da scacciare. La osservava, spesso e tante volte lo aveva sorpreso a fissarla anche mentre non erano vicini, magari a distanza, in caffetteria.
Si parlavano poco e quando lo facevano era solo per provocarsi a vicenda. Lui la punzecchiava, la chiamava con quel ridicolo soprannome "Biondina", la prendeva in giro per l'accento e lei gli rispondeva a tono, invitandolo spesso e volentieri a ronzare attorno alle sue groupie o tutte avrebbero pensato che avesse una cotta per lei. Più si provocavano e più diventavano originali, in un crescendo di stuzzicate e ritirate e la cosa cominciava pericolosamente a divertirla. Era una piacevole distrazione e un buon allenamento mentale.
Eppure insieme a quel misto di eccitazione e adrenalina avvertiva ben altro, una sensazione alla bocca dello stomaco, come se stesse sprofondando nel linoleum e la cosa la spaventava. Una sorta di vuoto la coglieva un secondo dopo aver incrociato lo sguardo del ragazzo e uno secondo prima di trovare le parole adatte per rispondergli. Una specie di blackout che la coglieva impreparata.
Si convinceva tutte le volte, tramite un accurato training mentale, che era tutto dovuto al nuovo ambiente, che era solo questione di adattamento e quel vuoto che la coglieva ogni volta che il ragazzo le rivolgeva la parola era solo questione di tempo e sarebbe sparito. Che il subbuglio mentale ed emotivo si sarebbe piano a piano affievolito lasciando spazio solo al risentimento naturale per un essere tanto ignobile.
L'unica nota positiva in quel mare di alterchi e discussioni era che Josefine s'era lasciata convincere a venire alla festa. Per questo quel sabato pomeriggio era andata a casa sua, solo dopo le rassicurazioni che i fratelli erano usciti. Quindi era corsa a casa dell'amica contenta di avere il campo libero.
Peccato che davanti al suo armadio era completamente scemato l'entusiasmo.
<<Questo è il tuo armadio?>> Domandò mentre scostava i capi in cerca di qualcosa di adatto ad una festa. Era tutto un mare di felpe e maglioni oversize, t-shirt e jeans. Nessun abito, nessuna camicetta o top. Niente anche solo di vagamente colorato e femminile, un mare di nero e grigio. Invece che valorizzarsi la ragazza usava gli abiti per nascondersi.
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Made in U.S.A.
RomanceLa vita di Agnese Guiotti è perfetta. Ha due genitori che la amano, va bene a scuola, partecipa alle feste e si diverte con i suoi amici. Se però la Dea della fortuna è bendata, la sfortuna è una stronza con dieci decimi di diottrie. Basta uno schi...