Capitolo Tredici - Non Distrarre La Mia Ansia

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Forse, o certamente, ho un problema – ne ho vari in realtà, ma al momento mi serve parlarvi di uno nello specifico.

Soffro di ansia positiva, quella che ti dà la carica e che ti fa entrare in modalità: deve essere tutto perfetto altrimenti impazzisco.

È per questo che la mia editor e la mia addetta stampa stanno scrivendo a raffica tutte le idee che mi sono venute per il Salone del Libro di Torino. Sarà il mio primo Salto da autrice, è tipo il sogno di ogni scrittrice e scrittore di questo paese, perché è il festival più importante di Italia.

«Non riesco a starti dietro, Cloe, potresti rallentare?» mi prega Alice, l’addetta stampa.

«O respirare magari?» interviene la mia editor, Isabella, l’unica persona al mondo oltre la mia famiglia ed Elias che riescono a sopportarmi quando entro in questa modalità. Fatico a sopportarmi da sola, vedete un po’ voi.

«Lo so» mi accasciò sulla sedia. «Sono pesante, ma voglio che tutto sia perfetto.»

Mi immagino al Salone, circondata dai lettori e l’ansia sale, ma insieme a lei sale anche l’adrenalina e la felicità nel pensare che sto facendo tutto quello che ho sempre sognato di fare.

Io sto vivendo il mio sogno. Ogni tanto devo ricordarlo a me stessa.

«Sarà tutto perfetto» mi rassicura Alice. «Martina ci ha dato carta bianca, quindi prenderò tutte le tue idee e creeremo l’hype giusto sui social per l’evento al Salone.»

Annuisco decisa e contenta, consapevole di quanto sono fortuna ad aver trovato un team che appoggia le mie pazzie e le realizza migliori di come le avevo immaginate. Firma copie, gadget, cartelloni, disegni, collaborazioni con artisti, tutto ciò che dico si realizza. È come avere a disposizioni decine di fate madrine.

«Scusate se interrompo questo momento organizzativo.» Martina entra nella stanza con passo deciso nel suo tailleur blu. «Cloe, abbiamo visite.» Si volta indicando con il braccio dietro di lei.

Posso sentire Alice e Isabella sospirare mentre nella stanza entra il mio peggiore incubo attirando su di sé tutte le attenzioni senza neanche volerlo.

«Cosa ci fa lui qui?» so benissimo perché è lì, o almeno, posso immaginarlo, ma mi piace sottolineare quanto io non lo voglia a invadere il mio spazio.

«Giuliano si è liberato prima da un’udienza e si è reso disponile a venire qui a lavorare con te, potete mettervi nel mio studio, io devo comunque uscire.»

Lo trucido con lo sguardo mentre lui si presenta galante e marpione alle due donne accanto a me. «Cloe» dice a mo’ di saluto con la sua voce roca.

Non lo degno di risposta e tornò a guardare Martina. «Sono in modalità organizzazionesaolendellibro» non è un errore, lo dico proprio tutto attaccato. «Non è il momento.»

Martina indossa il suo sorriso che non è un sorriso, quello del “si fa come dico io, perché questa case editrice si regge in piedi grazie a me”. «Se non risolvi questa brutta questione con Giuliano, potrebbe non esserci nessun Salone del libro.»

Non lo dice con cattiveria, è solo la realtà dei fatti, ma ciò non fa si che non mi senta di nuovo come se qualcuno mi facesse lo sgambetto mentre sto camminando. E, ei, io cado anche da seduta, quindi, universo, non metterci anche tu a farmi gli sgambetti, ok?

Mi alzo. «D’accordo» borbotto dirigendomi fuori dalla stanza e verso l’ufficio di Martina senza voltarmi.

So per certo che Giuliano mi sta seguendo, la sua presenza è la mia croce.

Entro e mi seggo nella sedia di fronte alla scrivania di Martina. Giuliano si accomoda proprio sulla sedia di Martina, di fronte a me, il tavolo, per fortuna, ci separa.

«Ti piace il posto di comando?» lo provocò.

Quando compare il suo sorrisetto da bastardo me ne pento immediatamente, devo smetterla di provocare il diavolo, o mi brucerò. «Non sai quanto, piccoletta.»

Alzo gli occhi al cielo. «Mettiamoci a lavoro, come hai visto mi hai interrotto, stavo lavorando.»

«Ho visto» conferma lui tornando serio. Non capisco il perché e non mi voglio neanche sforzare di comprendere le sue azioni.

Continua a fissarmi negli occhi e mi muovo a disagio sulla sedia. «Cosa c’è?»

«Devo farti una domanda, ma non devi arrabbiarti» Giuliano Serafini non è mai stato così cauto, non con me.

«Con queste premesse sono già incazzata» scherzo godendomi la ruga sulla fronte che gli viene con la mia parolaccia.

Prima o poi capirò perché gli danno così fastidio le parolacce. È un essere strano e contorto.

Si riprende in fretta dal fastidio e torna serio, addirittura deglutisce. Da quando Giuliano Serafini ha… paura? Di dirmi qualcosa.

Mi iniziano a sudare le mani, ho il timore che mi stia per dare una bruttissima notizia, che il mio fosse solo un semplice sogno e che adesso mi cadrà addosso il mondo intero.

«Parla, Giuliano, per piacere» quasi lo imploro non mi frega nulla, se non dice subito quello che ha da dire forse morirò di infarto.

«È tua?» domanda distogliendo lo sguardo dai miei occhi per un istante, ma poi si sforza a guardarmi ancora. «La storia intendo, è tutta farina del tuo sacco?»

Il mio cervello ci mette qualche secondo a capire cosa mi stia chiedendo, e quando lo realizza si paralizza. Mi sta sul serio domandando se ho rubato la storia per la quale sono in questa fottuta case editrice in questo momento?

Sapevo che mi odiava, che mi reputa una ragazzina immatura che vive di sogni, poco concreta che ha avuto solo la fortuna di essere pubblicata, altrimenti avrebbe per sempre fatto una vita precaria e di stenti, gravando sulla propria famiglia probabilmente per sempre, ma mi conosce da quando indossavo il pannolino e pensavo, evidentemente sbagliando, che almeno riconoscesse il mio talento. E invece no, perché pensa che io abbia rubato la mia storia a qualcun altro.

«Non fare quella faccia, Cloe» mi riprende come se fossi una bambina e lui l’uomo maturo. «Sono un avvocato, ho intenzione di diventare il migliore, questo significa che i miei clienti non devono avere segreti con me…» sembra che stia per dire altro, ma poi si limita a proseguire con: «È una semplice domanda, rispondi solo sì o no.»

Ricaccio indietro le lacrime, perché non esiste che mi veda piangere, come non esiste che mi faccia sentire come mi sto sentendo in questo preciso momento: colpita nell’orgoglio e delusa perché non mi considera capace di creare qualcosa di bello. Da quando mi interessa il parere di questo stronzo?

Mi alzo lentamente, perché non ho intenzione di lavorare con lui, almeno per oggi, visto che la mia editrice mi obbliga, ma di questo ne parlerò con lei. «Sì, Serafini» uso il suo cognome per distaccarmi. «Quella è la mia storia, ho passato notti e giorni interi per scriverla, e non voglio essere rappresentata da un avvocato che anche solo per un istante metta in dubbio il mio lavoro.»

Detto ciò, non aspetto risposta, mi volto ed esco dalla stanza, lui non prova neanche a fermarmi, a scusarsi, mi lascia andare via. E quasi spero di cadere e battere forte la testa, così forse torno ad essere me stessa, la Cloe Ricci a cui non frega un cazzo di ciò che Giuliano Serafini pensa di lei, non quella che sta lasciando cadere lacrime amare sulle guance.

Ora sicuramente non ho più ansia, ma preferivo che nessuno mi distraesse dalla mia preziosa ansia.

Spazio autrice ✨

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Sorpresinaaaa 👀

Festeggio l'inizio delle ferie con un nuovo capitolo 🥰

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Ci vediamo lunedì 😎

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