Una persona interessante

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Mi sveglio con un mal di testa esagerato. Ieri mi sono addormentata fin troppo tardi.

In un mare di dolore, mi alzo lentamente dal letto.
-Ma che cazzo è successo ieri? Mi sento come se mi avesse investito un tram-, mi chiedo.

Ricordo poco e niente di ieri sera.
Stavo veramente giù di morale e decisi di bere un po'.

Bere un po'.

un po'.

Forse non ho bevuto proprio "un po'".
Forse ho bevuto "un po'" troppo.

Barcollando verso la cucina, mi accorgo del taccuino aperto sul tavolo del soggiorno.

Mi avvicino e leggo cosa c'è scritto.

-Non ricordo proprio niente-, penso.

"Piccola Andrea", è scritto in grande in mezzo al primo rigo.
La scrittura è scombinata, si capiscono a malapena le parole.
Probabilmente l'ho scritta da brilla o ubriaca.

Non ricordo.

Inizio a leggere:

«Andrea, perché ti stai facendo questo?

Continui a vivere in questo loop asfissiante e non fai nulla per uscirne.

Ti incolpi per qualsiasi cosa accada attorno a te.
Dov'è finita la ragazzina che credeva nel destino?
Dove sei finita, piccola Andrea?

Qualsiasi cosa ti succedesse, eri sicura che facesse parte del destino e non ti abbattevi.

Adesso sei l'opposto, povera Andrea.
Anche le cose più semplici ti rendono triste, anche le cose più piccole ti scoraggiano.

Forse dovresti capire che ciò che accade attorno a te non è necessariamente colpa tua.

Forse dovresti capire che l'unica cosa che puoi controllare sei tu stessa.

Quindi comandati, ascoltati, amati e prenditi cura di te. Mettiti al primo posto e non ubriacarti più quando stai male, perché se continui così finiremo per diventare delle alcoliste.»

Dopo l'ultima frase ci sono delle parole scarabocchiate che non riesco a capire.

Sono così intrigata da queste parole, lo ammetto.

È come se le avesse scritte un'altra persona, come se qualcuno si fosse impossessato del mio corpo da ubriaca.

Rileggo la poesia.

Un'altra volta.

La rileggo più volte fino a capire il vero significato.

Sto cercando di aiutarmi. La me ubriaca sta cercando di aiutare la me sobria.

È incredibile come la mente di una persona abbia questo potere.
Il nostro cervello è così intrinseco, probabilmente non si capisce nemmeno lui.

Ma è così interessante.

Alla fine, le parole le ho scritte io.
Allora perché mi sento così toccata? Come se avessero acceso un bottone spento da tempo nel mio cervello.
Come se una mano sia riuscita ad arrivare dove io non potevo.

Grazie, Andrea.

Chiudo il taccuino, smetto di pensare.
Mi fa troppo male la testa per continuare.

Mi dirigo verso la cucina, occhi spalancati e passi pesanti.
Ho l'intera poesia impressa in mente.

Arrivo in cucina e bevo un semplice caffè, come ogni giorno dopotutto.
Procedo col bere un bel po' d'acqua, accompagnata da un'oki.

Spero che questo mal di testa passi al più presto.

Decido di scendere di casa, vado a fare una passeggiata. Magari mi si svuota la testa, magari starò meglio.
Porto il mio solito taccuino, mi siedo su una panchina di un parchetto e inizio a rileggere la poesia da me scritta.

Senza accorgermene, faccio cadere la penna dalla panchina, facendola rotolare dietro di me.

-Dai, provo a scrivere qualcosina-, penso.

Senza nemmeno girarmi, poso la mano sulla panchina, nello stesso posto in cui precedentemente avevo posato la penna. Non la trovo.
Mi giro. Non c'è.

Impreco. Un po' troppo ad alta voce.

"Hey, stavi cercando questa per caso?" sento una voce leggermente familiare dietro di me.

Mi giro, è la stessa ragazza di qualche giorno fa.

"Oddio, menomale, grazie davvero. E scusa," dico, con aria stupefatta.

"Non preoccuparti! Può succedere a tutti," dice lei, sorridendo.

Di nuovo evita il mio sguardo, chissà perché.

Una persona timida non dovrebbe interagire così spesso con qualcuno che non conosce, giusto?

La ragazza si gira come per andarsene, ma stavolta voglio continuare la conversazione.

"Hey, sei la ragazza che al cafè mi ha prestato l'accendino, giusto?"

"Haha, cafè? Non è un bar? Comunque sì, sono io," dice ridendo con tono sarcastico.

"Assolutamente no!! È un cafè, mi raccomando!" dico ridendo. "Immaginavo, comunque. Avevi una faccia familiare. Piacere! Io sono Andrea," continuo, porgendole la mano.

"Perdonami!" ride anche lei. "Sì, ero proprio io!" dice sorridendo. "Piacere, sono Federica," scuote la mia mano velocemente.

"Che strano caso! È la seconda volta che ci vediamo in circostanze quasi uguali. Non sei di qui, vero? Non ti ho mai vista," dico io, cercando di alimentare la conversazione.

"È vero, che strana coincidenza." Cambia espressione, come se adesso fosse più tranquilla.
"No, non sono di qui, prima vivevo a Roma, ma per diversi motivi ho deciso di traslocare.
Immagino tu sia del posto, o mi sbaglio?" dice lei, iniziando a sedersi sulla panchina accanto a me; le faccio un po' di spazio.

"Cavolo, bella Roma! Ci sono stata un paio di volte! Io sì, sono del posto.
Vivo qui da un annetto, ma essendo questo un paesino molto piccolo conosco quasi tutti."

"Beata te! Io ho un disperato bisogno di conoscere qualcuno, non conosco nemmeno una persona qui, non so come ambientarmi," inizia a guardare le sue scarpe.
Si porta la mano sulla nuca.

Forse ho capito che tipo di persona è. Non è timida, probabilmente ha solo paura di disturbare. Anch'io ero come lei.

Poi ho capito che alla gente non frega praticamente niente di come sono gli altri.

Ho capito che siamo tutti troppo impegnati a fare buone impressioni per accorgerci degli altri.

"Oh, è una fortuna per te! Sarò la tua prima amica di qui allora, conosco tutti i posti più belli.
Se ti va, potrò anche farti conoscere qualcuno!" Inizio a sorridere.

Noto i suoi piercing, un nostril e uno sul sopracciglio.

È una persona interessante.

Sposto il mio sguardo sul collo della sua maglia, dal quale sporge un tatuaggio.

È una persona davvero interessante.

Inizio a notare anche i più piccoli particolari, come il tatuaggio che porta sul polso.
" ; "
Mi dispiace.

È una persona molto più interessante di quanto pensassi.

La conversazione va avanti molto facilmente, è semplice parlare con lei.

Non ho sforzato nemmeno leggermente la conversazione.

Più parla, più noto la sua delicatezza nel parlare.

Penso che sia proprio come dico io.
Penso che anche lei abbia paura di essere un fastidio per le persone che la circondano.

Insomma, si vedrà.

-Sfumature di nostalgia-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora