Capitolo 6

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Le lezioni passavano, ed io continuavo a rimandare di ora in ora il momento in cui sarei andata a dirle soltanto che avrei voluto parlarle dopo la scuola.

Giulia: "è l'ultima ora e non sei riuscita ad andare a cercarla per chiederle di restare, ti sei pentita di volerlo fare?"
Alex: "in realtà ho in mente il momento perfetto"

Suonó anche l'ultima campanella e tutti si precipitarono fuori, io invece feci tutto con calma, perché ormai avevo inquadrato alcune abitudini della Bianchi, tra le quali anche quella di aspettare che la folla si smaltisca prima di uscire, così da non dover fare la fila e non ritrovarsi tra il traffico.
Una volta uscita da scuola la individuai subito, era a pochi passi da me, così io accelerai il passo affiancandola, tanto il tragitto da fare sarebbe stato lo stesso.
"Buongiorno Alex"
"Buongiorno prof, avrei bisogno di parlarle di... una cosa"
"Capisco, di cosa esattamente?"
"In realtà credo che lei lo sappia già, ma non mi andava di parlarne a scuola in mezzo a tutti, ha un po' di tempo?"
"In realtà ora no, devo lasciare la macchina dal carrozziere ed è già abbastanza tardi"
"Dal carrozziere?"
"Qualche deficiente ha deciso di rigarmela, quindi sì, dal carrozziere, infatti non so se domani riuscirò a venire a scuola, dovrebbero ridarmela domani nel pomeriggio"
"Ed ora che la lascia come torna a casa?"
"Non ci avevo pensato... tornerò a piedi"
"Certo, chi non vedrebbe l'ora di farsi qualche km a piedi con delle Louboutin ai piedi, la seguo lì e la riporto a casa"
"Grazie Alex, ma non c'è bisogno, vai a casa a mangiare e a riposare, io in qualche modo farò"
"Ah ma io glielo stavo comunicando, non glielo stavo chiedendo"

La vidi alzare gli occhi al cielo sorridendo, poi entrò in macchina ordinandomi di seguirla.

Una volta arrivate lei entrò con la macchina, io la aspettai fuori e parcheggiai per prendere il secondo casco. Dopo circa venti minuti la vidi uscire e venire verso di me, mentre io la stavo aspettando con il suo casco sotto il braccio.
Prof Bianchi: "scusami se ti ho fatto aspettare, credevo fosse una cosa più veloce"

Le risposi con un lieve sorriso, e lei si sporse verso di me per prendere il casco.

"Aspetti, so come metterlo senza rovinare i capelli, trust me"
La guardai sorridere e avvicinarsi a me, le misi il casco con cura, poi le attivai l'interfono del casco e la feci salire sulla moto.

"Alex vai piano, a casa sane e salve grazie"
"Non si preoccupi, quando guido io non c'è pericolo, però se lei non si tiene da nessuna parte rischio di perderla per strada"

Inizialmente mise le mani dietro di lei, il che andava anche bene per la partenza, ma sarebbe riuscita a tenersi da lì per tutto il tragitto su uno scooter, sicuramente non su una moto con un'impostazione sportiva come la mia. Infatti, come previsto, appena diedi più gas sentii immediatamente le sue mani cingermi la vita. Quel contatto mi piaceva, aumentai ancora un po' la velocità, ed eccola qui, ora a cingermi erano le sue braccia. Sentivo il suo corpo completamente contro il mio, e più quel contatto durava più mi rendevo conto di quanto mi sarebbe mancato una volta svanito. E sapevo che queste cose non avrei dovuto neanche pensarle, in realtà neanche mi piaceva farlo, perché mi confondevano, dunque quando stavo da sola mi riempivo di buoni propositi, ma quando c'era lei era come se il mio cervello decidesse di mettere da parte la mia parte razionale, e in qualche modo facesse di tutto per farmi passare del tempo con lei... e ci riusciva, perché infondo la verità era che per quanto io cercassi di avvicinarmi, lei non me lo aveva mai impedito. Ma a lei succedeva la stessa cosa o avrebbe passato del tempo con qualsiasi studente?

"Dovrei farlo più spesso"
"Andare in moto? Quando vuole prof!"
"Alex? Ma questi cosi hanno il microfono? Tu mi senti?"
"Si, questi... cosi sono connessi, ma stia tranquilla non ha detto nulla di male, la porto a fare un giro quando vuole, basta chiedere"
"No Alex, non mi riferivo alla moto, lascia stare"

Quando a confondermi non erano le mie paranoie ci pensava lei a farlo, forse è una specie di sadismo, magari si diverte a fare impazzire le persone facendo la misteriosa.
Mentre pensavo alle sue parole vidi casa sua, stavo per parcheggiare davanti il cancello, ma lei lo apri, quindi intuì di dover entrare, e così feci. Lei lasciò la presa su di me e scese, togliendosi il casco, io invece restai sulla moto pronta a ripartire, onestamente stavo morendo di fame, ma notai che chiuse il cancello.

"Avevi ragione, i capelli sono perfetti... che fai non scendi?"
"Non credo sia il caso, e poi si è fatto un po' tardi"
"Hai impegni?"
"In realtà no"
"Allora entra così mangiamo qualcosa e poi parliamo, sei stata tu a chiedermi di parlare no?"
"La ringrazio, ma credo sia meglio che io vada"
"Ah ma io te lo stavo comunicando, non te lo stavo chiedendo"

Scoppiammo entrambe a ridere e imparai una nuova cosa su questa donna, sapeva ascoltare.

Ancora sorridente alzai le mani in segno di resa e la seguii dentro casa, dove un dobermann ci accolse con immensa euforia.
"Non hai paura dei cani vero? Skyfall è diffidente con gli estranei, ma ti assicuro che non ti farà nulla, a meno che tu non decida di attaccarmi, in quel caso non sarà altrettanto buona"

Sorrisi istintivamente, un po' per la battuta e un po' per il nome del cane.
"Non si preoccupi, io adoro i cani, e direi che non ho intenzione di picchiarla"

Posai le mie cose e mi feci indicare dove si trovasse il bagno. Continuavo a guardarmi intorno, quasi come se fossi in un museo, avevo sempre desiderato vedere questa casa, ma vederla così non aveva prezzo, ogni angolo di quella casa richiamava a pieno lei, era elegante e curata in ogni dettaglio, aveva classe, fascino, e trasmetteva sicurezza. In bagno mentre lavavo le mani notai sullo specchio un profumo, mi asciugai velocemente e lo presi.
"Sì Passione Eclàt, Armani, ti piace?"

Sussultai e per poco non feci cadere il profumo, mi girai verso di lei, che stava avanzando verso di me.
"Ero curiosa, quando passa lascia sempre la scia, è questo che usa?"

Si avvicinò sempre di più, la sua testa era accanto alla mia, lievemente piegata per farmi sentire meglio il profumo.
"Si, è questo che uso" mi disse sussurrando, poi si fermò un attimo.
"Black Opium, YSL, giusto?"
"Giusto, le piace?"
"Molto" mi sussurrò all'orecchio, poi si voltò e uscì dal bagno dicendomi di seguirla perché il pranzo era pronto, ma io avevo bisogno di un attimo di tempo per riprendermi da qualsiasi cosa fosse quello che era appena accaduto.

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