Capitolo 8

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Come ogni mattina passai davanti casa della Bianchi, di solito mi capitava di rallentare e di voltarmi verso la sua villetta, noncurante del fatto che potesse vedermi, ma semplicemente perché lo facevo senza neanche pensarci, poi quando me ne rendevo conto andavo via velocemente.

Quel giorno però fu diverso, perché quel giorno rallentai con consapevolezza, e altrettanto consapevolmente mi fermai, avvicinandomi al citofono presente vicino al cancello. Suonai una volta, aspettai, ma nessuno rispose. Suonai una seconda volta e dopo qualche minuto di silenzio, che a me sembrò un'eternità, nella mia testa balenò il pensiero che forse quella non era stata proprio un'ottima idea, così mi voltai per tornare verso la mia moto.
"Chi è?" disse una voce roca alle mie spalle.
Tornai immediatamente sui miei passi.
"Buongiorno prof, pronta per andare a scuola?"
"Alex? Ma che ci fai qui?"
"Mi sembra ovvio, sono venuta a prenderla"
"Vai a scuola Alex"
"Ci andrei se solo lei si muovesse ad uscire"
"Intendevo dire che devi andarci tu, da sola"
"Ed io intendevo dire che lei deve venire con me"
"Sono in pigiama, partiremmo all'ora di punta, ti farei fare tardi"
"Ho una moto, il traffico per noi non esiste"
"Sei proprio testarda"
"L'aspetto qui"

Aspettai circa un quarto d'ora, durante cui mi fece compagnia Skyfall, alla quale era stata aperta la porta per uscire nel giardino, ma che riconoscendomi restò dall'altra parte del cancello cercando di infilare il muso tra le sbarre per farsi accarezzare meglio.
Poi la mia attenzione fu catturata da lei. Non credevo fosse possibile prepararsi in quindici minuti ed essere così perfetti.

La osservai attentamente mentre percorreva il vialetto e veniva verso di me nel suo completo bianco. Salutò dolcemente Skyfall, poi aprì il cancello e venne verso di me. Sussultai quando notai che stava andando oltre la solita distanza, quando notai che era così vicina che il suo profumo mi pervase completamente, sentii due dita fare pressione sotto il mio mento.
"Penso che dovresti chiudere la bocca e smetterla di fissarmi se non vuoi entrare direttamente in seconda ora stamattina"
Me lo disse sussurrando, il mio cuore perse un battito... forse due, poi la guardai allontanarsi leggermente da me sorridendo e le passai il casco.
E poi ecco di nuovo quel contatto, quello che avevo bramato dall'esatto istante in cui il giorno prima era scesa dalla mia moto.

Durante il tragitto prevalse il silenzio, fatta eccezione per quando entrambe concordammo che sarebbe stato meglio se lei fosse scesa in un posto più riservato anziché nel parcheggio della scuola.

Una volta fermate lei rimase per un attimo ferma in quella posizione, ed ebbi l'impressione di non essere l'unica a gradire quel contatto, ma probabilmente era solo una mia impressione.
"Grazie Alex, anche se non avresti dovuto"
"Si figuri, anzi, mi dispiace di averla svegliata"
"Non mi hai svegliata"
"Farò finta di crederle. Per il ritorno non c'è bisogno di venire qui, la aspetterò come ieri"

Mi pentii di quelle parole nell'esatto momento in cui le pronunciai, sperai che non se ne fosse resa conto, ma avevo già constatato in precedenza che fosse un'ottima ascoltatrice.

"Ieri mi hai aspettata?" Mi disse alzando un sopracciglio e accennando un sorriso.
"Io... ecco... si, ma-"
"Tu mi hai aspettata" Disse di nuovo, questa volta più riferendosi a se stessa che a me.
"Si... ma solo per chiederle di parlare"
"Com'è che hai detto prima? 'Farò finta di crederle', ora sono io a far finta di credere te"
"Non può paragonare le due cose, lei ci ha messo un tempo indefinito per venire a rispondere, e quando l'ha fatto dalla sua voce era chiaro che si fosse appena svegliata"
"E tu hai avuto cinque ore a disposizione per venire a chiedermi di parlare, poi se vuoi possiamo anche tenere in considerazione il tempo che hai avuto nei giorni precedenti..."
"Va bene, va bene, ha reso l'idea"

Poi andai via, rendendomi conto del fatto che quella chiacchierata mi avrebbe causato un ritardo di dieci minuti nell'ora del professore Giglio, che ovviamente avrebbe scrupolosamente appuntato sul registro il mio ritardo.

Le prime tre ore passarono più velocemente del previsto, poi alla quarta ora entrò in classe lei.
Tutti la squadrarono, come sempre d'altronde, ma non si era mai vestita totalmente di bianco, un colore che con l'incarnato chiaro, i capelli biondi e gli occhi del colore del cielo nel più bel giorno di primavera, la faceva brillare più del solito. In quel momento mi sentii superiore, quasi privilegiata, perché io quella mattina ero stata la prima a vederla, io l'avevo vista uscire di casa e a dirla tutta l'avevo anche obbligata a presentarsi a scuola. Ma di questo mio privilegio ne eravamo a conoscenza solo io e lei... anche se presto lo avrebbero saputo anche Giulia e il signor Wilson.

Tra uno sguardo e l'altro la campanella suonò, e iniziarono i soliti commenti inopportuni da parte di alcuni dei miei compagni, che puntualmente alla fine di ogni sua lezione le chiedevano di rimanere, perché considerando che delle lezioni non avrebbero capito nulla a prescindere dalla materia, almeno avrebbero avuto un bel panorama. Questi commenti mi facevano ribollire il sangue, non li sopportavo, ma la Bianchi puntualmente li ignorava, e non avevo idea di come facesse.
Si diresse verso la porta con le sue cose in mano ed uscì, ma non prima di avermi lanciato un ultimo sguardo.

Li custodivo tutti con molta cura, i suoi sguardi, credo che potenzialmente sarei anche in grado di elencarli tutti... o almeno quelli che ho notato, perché mi piace pensare che anche lei mi osservi da lontano ogni tanto, in quegli attimi in cui sono tutti assolti dai propri problemi, dai propri pensieri, dalle proprie vite. Quello è il momento perfetto per osservare qualcuno, aiuta a comprendere le piccole cose di una persona, quelle che non riesci a cogliere parlandoci perché vengono naturali solo nel momento in cui la mente assorbe completamente il tuo essere, e anche se sei circondato da mille persone ti senti comunque come se ci fossi solo tu.

Quell'ultima ora la passai a scrivere su una pagina del mio quaderno ciò che era successo poche ore prima così da raccontarlo a Giulia, che inseriva un suo commento scritto quasi dopo ogni frase. Fortunatamente la professoressa di arte non ci notò, cosa che mi stupì particolarmente visto che la mia amica non potendo reagire con le parole lo fece con le sue espressioni.

Giulia si offrì di sistemare lo zaino molto molto lentamente insieme a me, e accettai volentieri visto che quando lo facevo da sola il tempo sembrava non passare mai. Una volta controllato il cortile dalle finestre ci recammo davanti l'uscita, dove non c'era ancora traccia della Bianchi, così andammo verso quello che ormai era diventato il mio solito parcheggio, ma ancora nulla. Decisi dunque di scriverle un messaggio.

Prof si è persa di nuovo per la scuola?
Le serve per caso un secondo tour?

No Alex, sto solo aspettando che tu rimanga da sola

Risi di gusto leggendo quel messaggio, effettivamente come poteva sapere che Giulia sapesse tutto. Ovviamente lei comprendendo la situazione andò via subito, e nel mio campo visivo entrò immediatamente lei, che ancora una volta, veniva verso di me.
"Dunque mi stava spiando?"
"Certo che no, vi ho solo viste passare"
"Si, certo... e guarda caso lei è riuscita ad arrivare nel momento esatto in cui è andata via"
"La stessa casualità che ieri ci ha portate ad incontrarci in questo stesso punto"
"Cosa vuole? Che io ammetta spudoratamente che l'ho aspettata appositamente?"
"Esatto"
"Ma... io ero ironica"
"Lo so, ma io no"
"Se io lo ammetto lei farà lo stesso?"
"Forse"
"Va bene... ammetto che ieri avevo già deciso che ci saremmo incontrate all'uscita, perché ho aspettato che andassero via tutti e che lei uscisse. Ora è soddisfatta?"
"Molto, ora possiamo andare" mi disse divertita prendendomi il casco da sotto il braccio.
"Aspetti, lei davvero non vuole dirmi nulla?"
La osservai avvicinarsi a me, per poi sussurrarmi "Tempo al tempo Alex, sii paziente"
Ed io la ascoltai immobile, come ogni volta che si avvicinava così tanto a me, non capivo bene il perché, ma quando superava quella barriera che c'era tra di noi il mio cervello decideva puntualmente di spegnersi, lasciando la scena al mio cuore, che decideva di battere più veloce del solito.

Così il suo corpo aderì nuovamente al mio, e la portai verso casa... ma questa volta verso la mia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 04 ⏰

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