GIULIO
«Cazzo, cazzo, cazzo...». Sento il cuore martellare. Petronilla è una ragazza per bene. Non posso trattarla come tutte le altre. Se ne accorgerebbe subito, capirebbe che non sono degno di lei.
Faccio un passo indietro, cercando di controllare il respiro. Sento la pressione che si è accumulata sotto la cintura e scuoto i fianchi, tentando di alleviarla.
«Come mai ti sei fermato?» mi chiede, la voce dolce ma con una punta di curiosità.
La guardo, cercando di mantenere un'espressione neutra. «Perché sarebbe stato un errore.»
I suoi occhi si stringono in uno sguardo penetrante. «Chi lo dice?»
«Lo dico io.» Rispondo, passando una mano nervosa sui pantaloni per appiattire le pieghe.
So di averla offesa, lo vedo nella sua espressione. Ma è per il suo bene, mi ripeto. «Sarei un vero stronzo ad approfittarmi di te, considerando tutto quello che sta succedendo.»
Il suo viso si contrae in un broncio. «La prossima volta, chiedimi prima la mia opinione, invece di decidere per entrambi e lasciarmi così, in sospeso!» Non riesco a trattenere un sorriso alla sua reazione, ma poi aggiunge, con un tono amaro: «Vaffanculo!» e la rabbia le accende gli occhi.
Prima che possa rispondere, la stringo forte. «Petronilla, ti prometto che appena torniamo a casa...»
Ma all'improvviso, sento una forza brutale che mi tira indietro per le spalle, e in un attimo mi ritrovo a terra. Non ho neanche il tempo di reagire, che Calogero mi è addosso, colpendomi e urlando in siciliano.
«Come hai potuto, Petronilla?» La sua voce è piena di rabbia e delusione.
Vorrei spiegargli, difenderla, ma la situazione è fuori controllo. Nel tentativo di dividerci, Petronilla perde l'equilibrio e cade seduta. Vedere la sua espressione, spaventata e confusa, mi fa scattare. Mi rialzo e, solo per difendermi, tiro un pugno a Calogero, colpendolo in pieno viso. Poi mi volto verso Petronilla, tendendole una mano. «Stai bene?» le chiedo, con l'ansia che mi stringe lo stomaco.
Ma Calogero non è finito. Si lancia di nuovo su di me, colpendomi con una furia cieca. Riesco a fermare i suoi colpi solo quando altri due uomini irrompono nel laboratorio. Ci separano e, senza tante cerimonie, mi buttano fuori dalla proprietà a calci.
L'umiliazione mi brucia come un coltello rovente.
Che cazzo è appena successo?
Sono solo con il mio portafoglio. Qui non sono al sicuro. Devo tornare a casa, e in fretta.
Mentre cammino, la promessa fatta a mio padre sul letto di morte mi torna in mente: «Ascolta tuo padre. Gli uomini non capiscono un cazzo quando c'è di mezzo una bella donna. Guarda me.» Il suo labbro inferiore si torceva in un'espressione che ricordava De Niro in Taxi Driver. «Non faccio eccezione. Ho dovuto crescere te da solo, figlio mio. Non mi fraintendere, essere tuo padre è stata la cosa più sensata che abbia mai fatto. Ma, per colpa di quella stronza di tua madre, ho passato due anni in prigione, e quando sono uscito, lei se n'era andata con un altro!» Mi fece promettere: «Tieniti fuori dai guai, e non legarti mai a una donna.»
Ci sono già cascato una volta, con Anna. E ci stavo ricadendo con Petronilla.
Quando varco la soglia di casa, non mi sento affatto al sicuro. L'angoscia mi travolge, sapere di averla lasciata lì, sola, al funerale di suo padre. Per cercare di distrarmi, ho invitato una vecchia conoscenza a passare la notte con me. Contravvenendo alla mia regola di scapolo, le ho chiesto persino di dormire insieme.
Ma non ho chiuso occhio. Sono rimasto tutta la notte a fissare il soffitto, la mente in tumulto. Alle sei del mattino, mi alzo per andare a correre. La scuoto leggermente per svegliarla. «Beta, svegliati, devo uscire!»
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Parlane con il muro
ChickLitParlane con il Muro di Janet Josse A Firenze, dietro una sottile parete di cartongesso, si cela una storia di segreti, passione e rivelazioni inaspettate. Petronilla ha costruito una vita di apparente tranquillità nella sua solitudine a Firenze, lon...