4 Capitolo

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Shane stava scaricando delle casse di alimenti, trascinandole verso l'interno del JojaMart, quando il suo sguardo venne catturato da una scena insolita poco lontano dall’ingresso. Tra i passanti e le macchine parcheggiate, notò due figure che conversavano: il sindaco Lewis e Gioia. Inizialmente, la sua attenzione si posò distrattamente su Lewis, che sembrava avere il solito atteggiamento composto, ma con un’espressione leggermente accigliata. Tuttavia, ciò che lo colpì veramente fu l’espressione di Gioia.
Gioia, solitamente così solare e sorridente, appariva adesso completamente diversa. C'era un'ombra sul suo volto, un nervosismo evidente che traspariva in ogni suo gesto. Shane osservò come giocava nervosamente con un bracciale, le dita che lo attorcigliavano compulsivamente, mentre il suo sguardo restava basso, evitando di incontrare quello di Lewis. Era come se stesse subendo un rimprovero, come una bambina colta in fallo. Cosa stava succedendo?

Shane fece un passo indietro, fingendo di dover sistemare meglio una cassa, ma in realtà cercava di avvicinarsi per capire meglio cosa stesse succedendo. Purtroppo, la distanza era troppa, e Lewis parlava con un tono di voce troppo basso per essere sentito chiaramente. Ma Shane non poteva fare a meno di notare l’aria di superiorità che emanava il sindaco. Quel modo di inclinare la testa, di guardare Gioia dall’alto in basso, lo infastidiva profondamente.

Eppure, mentre osservava la scena, una parte di lui si sentiva confusa. Non era tipo da preoccuparsi così per gli altri, almeno non per qualcuno che non fosse Jas. L’unica persona che aveva mai visto così abbattuta era proprio la piccola Jas, e solo con lei provava quel forte istinto protettivo.

Ma Gioia? Non la conosceva davvero, eppure c’era qualcosa in quella scena che lo spingeva a voler intervenire. Forse era il ricordo di Jas, di quanto si fosse sentito impotente quando l’aveva vista triste, o forse era semplicemente la sensazione di ingiustizia che provava vedendo quella ragazza, sempre così gentile con tutti, essere trattata in quel modo.Si sentì quasi in colpa per essersi così coinvolto emotivamente, come se stesse tradendo la sua solita indifferenza.

Ma non poteva fare a meno di provare una strana forma di empatia per Gioia, un impulso che gli diceva di proteggerla, di assicurarsi che stesse bene, proprio come faceva con Jas.
Tuttavia, questa realizzazione lo fece sentire a disagio. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era preoccuparsi per qualcun altro. Aveva già abbastanza a cui pensare.Prima che potesse fare qualcosa, però, la conversazione tra Lewis e Gioia sembrò concludersi.

Il sindaco fece un passo indietro, mentre Gioia, con uno sguardo ancora più abbattuto, si voltò e si allontanò rapidamente, senza guardarsi indietro. Shane rimase lì, immobile per un istante, guardandola andare via. Sentiva l’impulso di seguirla, di chiederle se stesse bene, ma si trattenne. In fondo, si ripeté, Gioia non era Jas. Non era suo compito proteggerla.

Eppure, mentre tornava al suo lavoro, quella scena continuava a girargli nella testa. Anche se cercava di convincersi del contrario, non poteva ignorare il sottile filo di preoccupazione che si era insinuato nella sua mente. Forse, si disse, avrebbe dovuto farci l'abitudine.  

Durante il lavoro, Shane era più distratto del solito, la mente intasata da pensieri che non riusciva a scacciare. Ogni volta che il suo sguardo si perdeva nel vuoto, veniva puntualmente richiamato da Morris, il suo capo. Shane sentiva un'ondata di irritazione crescere dentro di sé ogni volta che Morris apriva bocca.

Con il suo sorriso finto e quell’aria di superiorità, riusciva sempre a mandare Shane sull'orlo della furia. Non sopportava il modo in cui Morris pubblicizzava il JojaMart, come se fosse la soluzione a tutti i problemi della valle, mentre denigrava velatamente il negozio di Pierre.

"Ovviamente, i prodotti del JojaMart sono di gran lunga migliori," diceva Morris con il solito tono sprezzante, "non so come la gente possa ancora comprare da Pierre."

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