Capitolo 6

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Avevo già detto che non ero per nulla d'accordo?

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Avevo già detto che non ero per nulla d'accordo?

Forse troppe poche volte.

«Sei in ritardo di un minuto, che scusa t'inventi ora?», domandai mettendo le braccia conserte.

Mi guardò intontito, come se davanti a lui ci fosse qualcosa di strano.

Non riuscii a trattenere una piccola risatina.

«Se avessi avuto la signorina Mendez come all'allenatrice, ti avrebbe detto le stesse parole», pronunciai.

«Lo trovo un tantino esagerato», esclamò entrando in pista.

Si era già cambiato, indossava una maglietta termica a maniche corte e dei pantaloni molto attillati.

Cercai di non far cadere lo sguardo troppo del dovuto.

«Forse. Ora dovresti riscaldarti, fai almeno una decina di giri, ti terrò la mano per non farti cadere».

«Non ce n'è bisogno», asserì cominciando con l'allenamento.

Avevo notato già dall'altra volta che sui pattini se la cavava alla grande, ma provocarlo mi sembrava il minimo da fare.

Appena mi passò davanti lo affiancai.

Sorprendentemente stava al passo, cosa da non sottovalutare tenendo in conto che lo sport che praticava era totalmente diverso dal mio.

«Dove hai imparato a pattinare?», gli domandai di punto in bianco.

«Dove abitavo in Italia c'era un lago in mezzo al bosco che in inverno si ghiacciava, ci passavo le ore a pattinare», rispose.

Percepii un velo di nostalgia nella sua voce.

«Deve essere molto suggestivo», constatai immaginandomi come sarebbe pattinare in un luogo del genere.

«Si, molto. Il ghiaccio è totalmente trasparente, ci puoi vedere attraverso, per non parlare dei pini e delle betulle pieni di neve mentre si muovono con l'energia del vento. Dovresti vederlo».

Mi brillarono gli occhi solo a sentire quelle parole.

«Un giorno», mormorai, forse più a me stessa che a lui.

D'improvviso sentii la sua mano prendere la mia, mi trascinò in mezzo per poi prendere l'altra mano.

«Che vuoi fare?», chiesi con una lieve ansia che cresceva in me.

«Quello che non mi hai fatto fare l'ultima volta».

Il corpo si irrigidì. Non volevo farlo, non dopo l'ultima volta.

«Scusami, ma non voglio, non me la sento», pronunciai con gentilezza, avevo fatto un respiro profondo, se era no quella volta lo era anche ora.

«Titti perché non riesci a lasciarti andare?», la risposta era semplice, ma non potevo divulgarla ai quattro venti.

Reckless - pericolosamente mioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora