- Nonna Betty un corno! – è la prima volta che vedo la signora così alterata.
- Eddai su, sai che mi sono trasferita per un po', non potevo passare spesso. – dice la ragazza, un po' capricciosamente - Ma mi sei mancata Betty. – Il suo tono, ora, è dolce.
- Non te la caverai con quegli occhi dolci, sai che con me non attacca. - Disse Betty un po' sulle sue. - Non eri poi così distante, due ore e mezza di viaggio, ti sarai dimenticata di me in questo tempo?
- Ma Betty tu sei indimenticabile! - i capelli viola della ragazza ondeggiano, trascinando con sé un profumo floreale. - Avrei dovuto organizzarmi meglio, lo so.
- Direi proprio di sì! Ero un po' in pensiero per te.
- Mi perdoni? - disse la ragazza, facendo gli occhi dolci.
- Va bene Maeve. - Betty sbuffò e alzo lo sguardo divertita - Ti perdono – si abbracciano con trasporto, come si abbraccia una persona che si ama profondamente, proprio come nonna e nipote. Betty sta dicendo che vuole essere aggiornata su tutto. Ammetto che quella ragazza passa poco inosservata, in senso buono. Non proprio come me.
La prima cosa che ho notato non sono i suoi capelli corti viola, anche se sono decisamente impattanti, ma il suo odore. Sa di erbe, incensi, candele, fiori e... che è questo odore? Non riesco a definirlo, è profumo di selvatico, di... Oh cielo!
- E tu chi saresti? –
Mi rendo conto solo ora che la stavo fissando... io che fisso gente?
- Chi sei tu, invece? – ma è modo di rispondere? Da quando sono diventata maleducata?
- Ah... tosta! Mi piace – mi squadra dalla testa ai piedi con un sorrisetto divertito. Non è una bella sensazione. È come essere nuda.
Alzo le mani in segno di resa.
– Colpa mia, mi chiamo Vanya, tu sei...
- Maeve, piacere. – ha un sorriso sul volto, compiacente. Gli occhi da cerbiatta ma penetranti. Mi sento un po' interdetta. Impietrita. Ma cazzo Vanya... tutto bene?
Betty si avvicina a noi, raccontando di come si sono conosciute e mi presenta ufficialmente come la sua dipendente migliore, anche perché, diciamocelo, sono l'unica.
Betty non è veramente la nonna di Maeve, era la sua vicina di casa da bambina e l'aveva sempre considerata come una persona importante. Un po' l'ha cresciuta, per questo la chiama nonna. Si vede che il loro legame è sincero. Ogni tanto Betty le strofina i capelli e la ragazza misteriosa si scioglie un po'.
Non credo di aver mai visto una persona così... luminosa... credo sia la definizione migliore. I suoi capelli sono viola e mossi, un viso dolce con occhi blu e un sorriso sincero. Indossa una canottiera morbida, forse troppo morbida, con diverse collane: turchese, quarzo ialino, agata muschiata...
- Che guardi? – si sporge davanti, appoggiandosi al bancone del bar.
- Le tue collane, cercavo di capire che pietre indossi – cerco di sorridere: spero il risultato non sia una faccia disgustosa, non sono proprio abituata a socializzare. E poi mi chiedo ancora perché non mi arrivino notifiche sul telefono.
- Oh... ti piacciono? - e si sporge ancora più avanti... troppo avanti.
- No – rispondo secca.
Mi giro e mi metto a lavare le ultime tazze e preparare gli ultimi ordini. Sento una risatina accompagnata da un "che peccato". Ma che cazzo mi è preso?
È il momento di staccare dal lavoro. Prendo le mie cose, saluto Betty ed esco dal locale. Voglio prendermi il resto della giornata per me, andare nel bosco, ho delle cose da sbrigare. Per fortuna Betty non ha fatto storie per un paio di giorni di ferie dal lavoro. Sempre se possiamo chiamarle ferie.
Salgo in macchina e accendo la radio, di sottofondo Meet me in the Woods di Lord Huron. Amo questa canzone, anche se mi auguro sempre che qualcuno non mi trovi in un bosco. Torno a casa, faccio un po' di ordine e stendo il bucato. Raduno tutto ciò che mi serve per la baracca.
Prendo del cibo, acqua e il caffè, benedetto caffè... anche se forse è meglio una tisana rilassante. Prendo anche quella. Metto tutto nello zaino, prendo le chiavi ed esco di casa avviandomi verso il bosco.
La mia casa è situata al limitare del paese, un po' distante dal lavoro, ma molto vicino al bosco. Il mio amato e temuto bosco. Un tempo chi aveva la casa al confine si diceva fosse una strega. Ora la passione per le erbe medicinali c'è, ma strega non sono di sicuro.
Cammino e mi godo il paesaggio, l'odore di umido, funghi, muschio e selvatico. Tutto sa di terra, di libertà, di possibilità. Così mi sento in una foresta. Nonostante quella notte tragica, nonostante quei ricordi, io in natura mi sento a casa. Mi sento protetta, coccolata quasi. Sento un forte rispetto, una certa riverenza. Quasi una devozione. Forse prego Madre Terra? Forse è lei che mi ascolta?
Sono quasi arrivata alla baracca. Nel cuore del bosco io e Mark abbiamo costruito questo posto per le notti di luna piena. Abbiamo scavato il terreno, come se fosse un piccolo bunker sotterraneo.
- Eccoti qui – dico aprendo il lucchetto per poter entrare. Mi guardo intorno e non vedo nessuno. Ascolto attentamente, solo corvi e picchi si sentono in lontananza. Sono pronta per entrare.
La baracca ha tutti i piccoli comfort che si possano desiderare, se ci si accontenta del rustico. Una branda, un cucinino da campeggio e una piccola libreria. Davanti alla porta d'entrata, un'altra porta.
Entro e quello che vedo non mi piace, non mi piace mai. Le pareti sono insonorizzate, davanti a me delle catene spesse. Intorno macchie e segni di artigli. Mi si stringe il cuore, non sempre ricordo che succede, ma alcune volte provo compassione per quella creatura che si trasforma. Finirà mai questo tormento?
Preparo tutto, metto le cose a posto in modo che fra tre giorni possa legarmi e aspettare. L'orologio segna le diciotto.
- Meglio tornare indietro – dico facendomi forza.
Esco dalla baracca, mi assicuro che tutto sia chiuso e nascosto e mi dirigo verso casa.
Ma tornando indietro mi accorgo di un odore nuovo, un odore che non avevo sentito. Sa di lupo, anzi... lupi. Ok niente panico.
La mia preoccupazione è che qualcuno trovi il nascondiglio, se lo trovano sono fottuta. Sono però ben lontana da dove è situato, per ora decido di non preoccuparmi più di troppo. Tornerò stanotte per accertarmi che tutto sia a posto.
Cerco di rimanere tranquilla e con i nervi saldi, ma la mia è una vita passata a trasferirmi da un paese all'altro. Ricominciare, reinventarmi, trovare soluzioni sempre nuove, cambiare e scappare; ammetto di essere esausta. Vorrei solo vivere una vita normale, ma è da quando ho tredici anni che la mia vita normale è andata a farsi fottere.
Rientro a casa, finalmente, mi butto in doccia. Finito, rimango avvolta nell'asciugamano sul letto. Ripenso alla giornata di oggi, a quella ragazza dai capelli viola. Era proprio strana.
Giro la testa per vedere l'orario: venti e trenta. Alzo lo sguardo per vedere il calendario: tra tre giorni c'è luna piena. Vorrei urlare, ma decido di ordinare una pizza per cena.
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Crepuscoli inversi
VlkodlaciQuando la notte diventa giorno e il giorno si fa notte chi definisce i confini della realtà? Vanya non avrebbe voluto essere diversa, ma le cicatrici sul suo corpo racconta un'altra storia. Tra le strade di una città che non dorme mai e foreste che...