6. Cuore o testa

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Mi stesi - più precisamente saltai - sul letto morbido della mia stanza, esausta

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Mi stesi - più precisamente saltai - sul letto morbido della mia stanza, esausta. Il mio cuore aveva ancora le palpitazioni per quanto era successo poche ore prima. Il modo in cui William mi aveva guardato e sfiorato, aveva generato in me delle sensazioni che fino a pochi giorni fa, almeno per me, erano inesistenti. O meglio, c'erano ma erano bilanciate dal suo comportamento aggressivo e odioso che mi ricordavano quanto fosse insopportabile e saccente. Adesso invece, vederlo così dolce, così gentile, permetteva ai miei sentimenti di crescere e consolidarsi sempre di più. Ma il non sapere cosa sentiva lui, se provava qualcosa oppure lo faceva solo per riuscire ad avermi, mi spaventava oltremodo.

Non avevo mai avuto esperienze di questo tipo e tutto quello che stava accadendo in un certo senso mi rendeva felice, ma allo stesso tempo la paura di essere delusa mi divorava. Di certo non potevo comandare i miei sentimenti e non potevo negare che William mi piacesse molto, ma dovevo ugualmente stare attenta. Il problema era che tutte le volte che mi trovavo in sua presenza, sotto il suo sguardo indagatore, non riuscivo proprio a controllare le mie pulsazioni, se così potevano definirsi. Fatto sta che nell'attimo esatto in cui Lui mi passava accanto, o mi sfiorava, la mia testa iniziava a fare le capriole, incasinando tutti i paletti che magari mi ero prefissata prima di incontrarlo.

Non riuscivo a controllarmi e più provavo a farlo più facevo peggio.

Immersa in tutto quel casino decisi di fare la prima cosa che mi venne in mente: chiamare Stacy. Avevo bisogno di parlarle, di sentirla e avere un consulto da una persona esterna e fidata. Presi il cellulare e digitai il numero. Dopo appena due squilli la sua voce squillante fece capolino dall'altro capo del telefono.

«İyi akşamlar bayan Katie. Nasılsın?»

«What? Non ho capito una mazza di quello che hai detto!», dissi ridendo.

«Uffa! Ho parlato in turco. Ho detto "buonasera signorina Katie. Come sta?"», disse seccata.

«A sì?! Allora io ti dico: 좋은가요? (joh-eungayo?)», dissi sfoggiando le mie conoscenze della lingua coreana. Quando ero piccola nella mia scuola, in Inghilterra, c'era una maestra che insegnava arte. Lei aveva origini coreane e le piaceva che i suoi studenti conoscessero qualcosa della sua cultura. Tra queste la lingua era una delle sue priorità. Se mi è piaciuto studiarla? No. Non sono mai stata molto portata per le lingue, imparare l'italiano per me è stata una sfida, tuttavia qualche parola e regola grammaticale riuscivo ancora a ricordarla.

«E sarebbe?»

«Significa "sto bene e voi?"»

«Odio quando parli in coreano», disse sbuffando.

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