Le settimane passarono come un lento susseguirsi di giorni grigi, in cui Jisung si muoveva come un fantasma tra i suoi stessi pensieri. Ogni mattina si costringeva a uscire dal letto, a rimettersi in piedi, anche quando sentiva il peso schiacciante di tutto ciò che era successo. Non era facile, non lo sarebbe mai stato, ma in qualche modo, giorno dopo giorno, riusciva a respirare un po' più profondamente.
Felix gli era rimasto accanto, silenzioso ma presente. Mai invadente, mai insistente. Solo un punto fisso, un'ancora che gli ricordava che non era completamente perso. Gli altri membri del gruppo non avevano fatto troppe domande, rispettando i suoi spazi. Ma l'assenza di Minho – o meglio, la sua presenza distante – era come un costante rumore di sottofondo, qualcosa di cui Jisung non poteva liberarsi.
Ritornare alla routine fu come immergersi lentamente in acque gelide. Le prove, le registrazioni, i concerti. La vita scorreva, e Jisung si sforzava di mantenere il passo, anche quando sentiva che il suo cuore non riusciva più a battere allo stesso ritmo di prima.
E poi c'era Minho.
Non era che fossero completamente estranei, no. Le parole tra di loro erano ancora lì, ma erano coperte da un velo di cautela. Minho evitava di invadere il suo spazio, gli parlava solo quando necessario, e ogni volta che lo faceva, c'era quella lieve esitazione, come se entrambi sapessero che nulla sarebbe più stato come prima.
Un giorno, dopo una lunga prova, mentre gli altri lasciavano la sala uno a uno, Minho si fermò, incrociando lo sguardo di Jisung per la prima volta da settimane. Ci fu un attimo di silenzio, pesante e denso, prima che Minho si avvicinasse lentamente, quasi come se temesse di fare troppo rumore.
"Jisung..." iniziò, la voce bassa e incerta. "Posso parlare con te?"
Jisung sentì il cuore accelerare. Non poteva evitare per sempre quel confronto, lo sapeva. Annuì, stringendo leggermente le mani a pugno per contenere la tensione.
Si sedettero su un divano nell'angolo della stanza, la distanza tra loro più significativa di quanto le parole potessero mai spiegare. Minho abbassò lo sguardo, come se non sapesse da dove cominciare.
"Non so cosa dire," confessò, la sua voce spezzata dalla colpa che traspariva in ogni sillaba. "Da quando è successo... non riesco a smettere di pensare a quanto ho sbagliato."
Jisung abbassò lo sguardo, mordendosi leggermente il labbro. "Non è una questione di sbagliare, Minho. È che... mi sono sentito tradito. Mi fidavo di te, più di chiunque altro."
Le parole erano taglienti, ma necessarie. Non c'era modo di addolcire la realtà. Minho annuì lentamente, il suo volto segnato dalla sofferenza.
"Lo so, e ogni giorno mi chiedo come sia potuto accadere. Non era mia intenzione farti del male, ma so che l'ho fatto... e mi dispiace."
Un lungo silenzio si stese tra loro, interrotto solo dal rumore lontano del traffico cittadino. Jisung non poteva ignorare il peso di quelle parole, ma allo stesso tempo non poteva fingere che bastassero a sanare tutto. Il dolore era ancora lì, nascosto dietro ogni scambio di sguardi, dietro ogni parola non detta.
"Non sarà mai più come prima," disse Jisung, con una voce più calma di quanto si aspettasse. "Non possiamo far finta che nulla sia successo."
Minho lo guardò, con un misto di tristezza e accettazione negli occhi. "Lo so. Non posso chiederti di dimenticare... ma vorrei poter fare qualcosa per aggiustarlo."
Jisung scosse la testa, cercando le parole giuste. "Non si tratta di aggiustare, Minho. Si tratta di accettare che siamo cambiati. Io sono cambiato." Fece una pausa, inspirando profondamente. "Non so se posso tornare a fidarmi di te come prima. Ma... non voglio neanche perderti completamente."
Minho annuì, la sua espressione contratta dalla colpa e dal rimpianto. "Nemmeno io voglio perderti, Jisung."
Le parole rimasero sospese tra loro, e per la prima volta da tanto tempo, Jisung si sentì leggermente più libero. Forse non c'era bisogno di cancellare il passato per andare avanti. Forse bastava accettare che le persone cambiano, e con esse anche i rapporti.
***
Nei giorni successivi, le cose iniziarono lentamente a riprendere una parvenza di normalità, anche se quella "normalità" non era più la stessa di prima. Jisung e Minho tornavano a parlare, anche se con cautela, come due persone che camminano su un ghiaccio sottile. Il loro rapporto non era più fatto di battute leggere e confidenze immediate; c'era una distanza tra loro che entrambi riconoscevano ma non sapevano ancora come colmare.
Eppure, Jisung sentiva che forse andava bene così. Aveva imparato a rialzarsi, ad affrontare il dolore senza farsi divorare da esso. Aveva capito che la sofferenza non lo definiva, e che poteva ancora trovare la sua strada, anche se quella strada non era più condivisa come un tempo.
Felix lo osservava da lontano, sempre attento, sempre pronto a intervenire se necessario, ma ora Jisung sentiva di non aver più bisogno di essere sorretto costantemente. Aveva trovato un nuovo equilibrio, più fragile, forse, ma comunque solido. Sapeva che ci sarebbero state altre tempeste, altri momenti di dubbio, ma per ora, poteva continuare a camminare, anche con la distanza che lo separava da Minho.
E in fondo, forse, era questo il vero segno del cambiamento: Jisung non era più lo stesso di prima, e nemmeno il suo rapporto con Minho lo era. Ma andava bene così. Entrambi stavano imparando a convivere con le cicatrici, e per la prima volta da quando tutto era iniziato, Jisung si sentiva pronto ad affrontare qualunque cosa sarebbe venuta dopo.
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Lay all your love on me
RomanceConfessare l'amore è difficile e richiede coraggio, ma anche accettarlo richiede molto coraggio. E Minho non sa se è disposto a mettere in gioco tutto per amare Jisung; non sa nemmeno se lo ama davvero