# Esplosione

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Jisung rimase immobile, guardando la schiena di Minho che si allontanava nella notte. Nonostante la sua rabbia, nonostante le parole che gli aveva appena rivolto, qualcosa dentro di lui si spezzò nel vederlo andare via in quel modo. Era la prima volta che lo vedeva così vulnerabile, così apertamente distrutto. E anche se una parte di lui voleva gridare che era colpa di Minho, che tutto questo dolore era il risultato delle sue azioni, c'era un'altra parte che non riusciva a liberarsi della sensazione di colpa.

Tornò a casa con la mente in subbuglio, incapace di trovare pace. Il volto di Minho continuava a tormentarlo, i suoi occhi pieni di quella sofferenza che non riusciva a togliersi dalla testa. Si rigirò nel letto, cercando di ignorare i pensieri che lo affliggevano, ma ogni volta che chiudeva gli occhi, sentiva le parole di Minho risuonare dentro di lui: *"Non voglio perderti."* E quella confessione cruda, disperata, aveva scalfito qualcosa dentro di lui, qualcosa che Jisung non era pronto a confrontare.

La mattina successiva, le cose non andarono meglio. La tensione tra lui e Minho era palpabile, e anche gli altri membri del gruppo sembravano notarlo. Felix lo osservava con attenzione, come se aspettasse un segnale, un cenno che indicasse che tutto stava andando bene, ma Jisung non riusciva a mascherare il suo nervosismo. Il sorriso che cercava di indossare era fragile, e ogni volta che incrociava lo sguardo di Minho, il cuore gli si stringeva.

Le prove furono un disastro. Minho era scontroso, più del solito. I suoi movimenti, di solito precisi e pieni di energia, erano bruschi, quasi aggressivi. L'atmosfera nella sala era tesa, e presto anche gli altri iniziarono a sentirne il peso. Jisung cercava di concentrarsi, ma il suo sguardo continuava a tornare su Minho, notando ogni movimento teso, ogni gesto rabbioso. Non riusciva a ignorarlo, non riusciva a separarsi dalla consapevolezza che tutto quel caos era nato da loro due.

Finalmente, dopo un'ennesima correzione del coreografo, Minho esplose.

"Basta!" gridò, interrompendo la musica e gettando il cappellino a terra con rabbia. "Non ce la faccio più!"

Gli altri si fermarono, sorpresi. Minho non perdeva mai la calma in quel modo, eppure adesso sembrava sul punto di scoppiare. Jisung lo fissò, il cuore in gola, sapendo esattamente a cosa fosse dovuta quella frustrazione.

"Minho, calmati," disse Hyunjin, cercando di mediare, ma Minho lo ignorò, i suoi occhi già puntati su Jisung.

"E tu?" Minho lo guardò con una rabbia che Jisung non aveva mai visto prima. "Continui a fare finta che vada tutto bene? A flirtare con chiunque pur di dimenticare? Pensi che questo risolva qualcosa?"

La sala cadde in un silenzio imbarazzante. Gli altri membri li osservavano, senza sapere cosa dire, consapevoli che quella discussione andava ben oltre le prove o il lavoro. Jisung sentì il calore della vergogna salire, ma non poteva lasciarsi colpire così senza reagire.

"Non ti riguarda, Minho," rispose, cercando di mantenere la calma. "Hai perso il diritto di giudicare quello che faccio."

"Ah, certo, non mi riguarda," replicò Minho, facendo un passo verso di lui, la voce velenosa. "Ma è facile per te, vero? Andare avanti come se nulla fosse successo, mentre io—"

"Minho, fermati," intervenne Seungmin, cercando di placarlo, ma Minho era troppo arrabbiato per ascoltare.

"—mentre io sono qui a cercare di capire come rimediare al casino che ho fatto!" Minho alzò la voce, il viso rosso di frustrazione. "E tu... tu fai di tutto per allontanarmi!"

Jisung non riuscì più a trattenersi. La rabbia, il dolore, tutto esplose in un attimo. "Perché dovrei avvicinarmi? Tu mi hai fatto a pezzi, Minho! Mi hai lasciato solo quando avevo più bisogno di te, e ora pretendi che io torni come se niente fosse?"

Minho lo fissò, il respiro pesante, e in quel momento sembrava che tutte le barriere tra loro fossero crollate, lasciando solo le loro emozioni crude e irrisolte. Nessuno dei due parlava, e la tensione nella stanza era quasi insostenibile.

Felix fece un passo avanti, cercando di intervenire. "Ragazzi, questo non è il posto—"

Ma Jisung lo interruppe, senza staccare gli occhi da Minho. "Non puoi venire qui e fare la vittima, Minho. Non dopo tutto quello che è successo."

Minho lo guardò con una fiamma di rabbia nei suoi occhi, ma sotto quella rabbia c'era anche qualcosa di più profondo: un dolore che Jisung riconosceva bene, perché era lo stesso che aveva provato per settimane. La consapevolezza di essere stati entrambi feriti, in modi diversi, li travolse.

"E cosa vuoi che faccia, Jisung?" Minho gridò, la voce rotta. "Cosa posso fare per riparare questo disastro?"

Jisung sentì il peso delle sue parole, ma non sapeva cosa rispondere. Anche lui non aveva una risposta. Anche lui era perso. E in quel momento, si rese conto che forse non c'era una soluzione semplice, che forse quello che cercavano entrambi non poteva essere risolto con una sola conversazione o un singolo gesto. Le ferite erano troppo profonde, e nessuno dei due sapeva come guarirle.

Alla fine, fu Jisung a spezzare il silenzio, la voce ridotta a un sussurro. "Non lo so, Minho. Non lo so nemmeno io."

Minho lo fissò per un lungo istante, poi, senza una parola, si girò e uscì dalla sala prove, lasciando dietro di sé un silenzio carico di domande e incertezze.

Jisung rimase fermo, incapace di muoversi, il cuore che batteva furiosamente. Per la prima volta, si rese conto che forse non era solo lui quello perso. Minho era altrettanto confuso, altrettanto ferito. Ma nonostante tutto, non riuscivano a trovarsi, a parlare davvero. Erano due cuori spezzati, troppo orgogliosi e troppo feriti per capire come ricostruire quello che avevano perso.

Lay all your love on meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora