capitolo 5

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Davanti all'entrata dell'ospedale erano presenti giornalisti, furgoni, cameraman. Tutti con un obiettivo: intervistare Natasha. Una pattuglia parcheggiò nei pressi della struttura e da essa uscirono lo sceriffo e Nat, che vennero subito assaliti dai giornalisti.

"Cosa è successo? Sei stata aggredita dall'assassino?" chiese uno dei giornalisti, avvicinando il microfono.

"Chi è questo Mietitore?" chiese un altro, cercando di attirare l'attenzione della ragazza.

"Per favore, dicci qualcosa." insistette un terzo, nella speranza di ottenere una dichiarazione.

Dopo qualche ora, Natasha era seduta su un lettino. Accanto a lei, un medico le stava fasciando la mano.

"Beh, ci rivediamo signorina." disse il medico, mentre completava il bendaggio.

Natasha alzò lo sguardo, confusa. "Ci conosciamo?" chiese, ancora scossa dagli eventi.

"Non mi riconosce? Ero un medico al manicomio di Ralley. È stato tanto tempo fa, ma il suo volto non si dimentica."

Il cuore di Natasha ebbe un sussulto. Il manicomio di Ralley... un ricordo che avrebbe preferito dimenticare. "Preferirei non ricordare, per favore..." rispose con voce rotta, distogliendo lo sguardo.

In quel momento, la porta della sala si aprì e lo sceriffo entrò.

"È tutto a posto?" chiese Leonardo osservando la scena.

"Sì, per fortuna non è nulla di grave." rispose il medico. "Tra poco potrà andare, dobbiamo soltanto fare gli ultimi accertamenti."

"Ho avvertito tua zia." disse Leo, rivolgendosi a Nat. "Ha detto che tornerà il primo possibile. Invece tuo padre ha detto che potrai stare da lui per il momento."

"Perché proprio io?" domandò Nat, con un tono di voce quasi disperato. "Perché questo killer ce l'ha con me?"

Leonardo sospirò, cercando le parole giuste. "Non voglio mentirti...forse sta succedendo per via di tua madre."

"Ma cosa c'entro io con lei? E poi lei è morta, non gli è bastato rovinarmi la vita quando era in vita?! Ora anche da morta deve perseguitarmi?" ribatté Nat, con una nota di frustrazione.

"Non ti stressare, cerca di riposare per il momento." disse Leonardo, cercando di rassicurarla.

La porta si aprì di scatto e Mia corse immediatamente verso la sorella con le lacrime agli occhi.

"NATASHA SCUSAAA, non avrei mai dovuto lasciarti da sola." disse Mia, avvolgendo la sorella in un abbraccio.

"Tranquilla, non è colpa tua." rispose Nat, stringendola. "Grazie di essere venuta."

"Sembra un momento molto intimo... vi lascio da sole." disse Leo, facendo un passo indietro prima di uscire dalla stanza.

"Però... sexy lo sceriffo, eh?" disse Mia, cercando di alleggerire l'atmosfera.

"Oddio, Mia... che schifo."rispose Nat, ridendo debolmente.

Mia si sedette accanto al letto di Natasha, stringendo la sua mano fasciata tra le proprie. Il silenzio riempiva la stanza, spezzato solo dal ronzio distante dei macchinari medici. Per qualche istante, nessuna delle due trovava le parole, come se ogni frase potesse far crollare l'apparente equilibrio che avevano trovato in quel momento.

"Sai, non smetto di pensare a cosa sarebbe successo se fossi stata con te." sussurrò Mia, le sue parole erano piene di rimorso. "Forse avrei potuto proteggerti... forse non sarebbe successo nulla."

Natasha scosse la testa lentamente, cercando di reprimere le lacrime che le stavano bruciando gli occhi. "Non è colpa tua, Mia. Non potevi saperlo. Nessuno poteva."

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