Capitolo Tre - DDD

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Quella sera fu quella che mi rovinò la vita.

Era il sei maggio, la sera del mio quarto compleanno.

Ancora non avevo capito nulla perché ero troppo piccolo.

Nel pomeriggio festeggiammo il mio compleanno insieme a Mason ed i suoi genitori a casa mia, io ed il mio migliore amico giocammo tutto il tempo fino all'ora di cena quando se ne andò.

Festeggiare era un parolone ma io ero felice così.

Io, mamma e papà cenammo insieme con delle lasagne e verso le dieci andai a letto.

Ero felice della giornata e non riuscivo a dormire tanto ero ancora euforico.

Mamma mi accese i cartoni notando la mia iperattività ed uscì dalla stanza augurandomi una buonanotte.

Un'oretta dopo la TV si spense da sola ma io non avevo ancora sonno.

Mi alzai e lentamente, controllando che non mi vedesse nessuno sgattaiolai in cucina a mangiare delle caramelle.

Una volta fatto ciò che speravo col sorriso stampato in faccia ed alcune caramelle ancora nella mano sinistra.

Azionai le mie gambette in modalità ninja per tornare in camera ma salendo le scale sentii dei rumori strani arrivare dalla stanza dei miei genitori.

Entrai nel corridoio e mi misi davanti la loro porta.

Sentii mia madre urlare una serie di "Basta ti prego" e "No non stasera spostati" e subito delle urla.

Ero già alto e abile nonostante la mia età, quindi aprii la porta.

Vidi mia madre nuda sdraiata sul letto assieme a mio padre ancora vestito che dai piedi del materasso le tirava in aria le gambe stringendole le caviglie.

Non si accorsero di me quindi rimasi qualche secondo ad analizzare per bene la situazione.

Lei continuava ad urlare dimenandosi e piangendo.

Lui le puntò un coltello alla caviglia e fece una riga netta da dove iniziò a colare sangue.

Ero troppo piccolo per capire cosa stesse esattamente succedendo ma ero abbastanza grande per capire che significava una cosa.

Male.

Iniziai a gridare a squarciagola mentre le caramelle caddero dalla mia mano.

Volevo disperatamente che levasse quel coltello da lì, che lo posasse, mentre quel che accadde fu ben diverso.

Le fece un altro taglio sull'altra gamba mentre lei gridava il mio nome seguito da una specie di preghiera per invogliarmi ad andare via ma non la ascoltai, le volevo tanto bene e non volevo che stesse male.

Mio padre prese per bene il coltello e venne a passo svelto di fronte a me per poi prendermi dall'orecchio ed infilare la lama dietro a esso.

<<Tu devi sempre rovinare tutto, non è così?>> mi gridò in faccia per poi uscire di casa e andare chissà dove.

Scoppiai a piangere mentre il sangue iniziava a colare.

Mamma si mise una vestaglia addosso ed ignorando il suo dolore mi portò in bagno e mi disinfettò il taglio per poi metterci i punti istantanei sopra, fortunatamente non era andato troppo in profondità.

Continuai a piangere ma lei si distaccò da me per fare la stessa procedura sulle sue ferite.

Una volta finito si assicurò di calmarmi.

Non mi calmai in fretta, rimasi due ore a piangere con gli occhi spalancati mentre lei, la prima vittima, cercava di farmi stare meglio.

Una volta "calmo" lei iniziò a parlarmi.

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