Capitolo 2

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«Salve, signor Carter», mi saluta cordialmente l'infermiera di turno dell'ospedale. Ormai passo così tanto tempo in questo posto, da conoscere tutto il personale e persino i loro turni di lavoro. Ricambio il saluto e domando, «Posso vederlo?».
«Ma certo», acconsente, guidandomi verso la sua stanza. «L'orario delle visite è quasi terminato», mi avvisa. «Non ci metterò tanto», le assicuro prima di entrare nella stanza.

Ad accogliermi c'è il solito rumore del macchinario che monitora il suo battito e quell'insopportabile odore di disinfettante. Prendo una sedia e la porto accanto al letto, sedendomi. «Ciao, fratello», lo saluto come faccio sempre. Gli prendo la mano e la tengo nella mia, mentre gli parlo e gli racconto di come procede la mia vita. Sono ormai quattro mesi che facciamo così, nella speranza che lo possa aiutare a risvegliarsi. I medici ci dicono che può sentirci, e a noi piace credere che sia veramente così, che una parte di lui sia ancora fra noi. Solo questa flebile speranza mi permette di sopportare la sua assenza.

«Abbiamo una nuova pista. Credo che questa sia la volta giusta. È vero, lo dico ogni volta che ci si presenta una nuova traccia da seguire, ma io devo crederci. Non posso perdere la speranza. Anche se è difficile mantenerla, quando tutti i tuoi amici ti dicono di lasciare perdere, Quando tutti i tuoi amici credono che non ci sia più nulla da fare. Solo la tua Leyla ci crede tanto quanto me. E c'è anche Alexander. È lui che mi ha aiutato e trovare questa nuova pista. È lui che viene con me ad ogni tentativo, anche se finiamo sempre per non concludere nulla. Nonostante ciò, non si è arreso come gli altri. A essere onesto, non so perché lo stia facendo, fino a qualche mese fa voleva ucciderla e farmela pagare, ma gliene sono grato. In questo momento così, il suo aiuto è prezioso per me. So che se tu fossi sveglio, saresti dalla mia parte. Mi sosterresti come hai sempre fatto, non mi volteresti mai le spalle», iniziano a pizzicarmi gli occhi.

È vero, Aiden c'è sempre stato. Mi ha aperto gli occhi sui miei sentimenti per Aria, mi ha aiutato innumerevoli volte con lei. Mi ha persino spinto a tornare dall'Italia con uno stupido tranello. E quando tutti mi erano contro per il modo pessimo in cui avevo trattato Aria, lui era quello a non perdonare il mio errore ma a starmi accanto comunque. L'unico che non ha mai creduto fino in fondo che potessi essere così stronzo. L'amico che non ci ha pensato su neanche per un secondo, quando ha scoperto che saremmo entrati di nascosto in quel caveau, rischiando la sua vita.

«Ti voglio bene, amico mio. Ti prego, sbrigati a svegliarti, qui manchi a tutti. Inoltre, presto riporterò Aria da noi, e anche lei vorrà vederti sveglio. Se l'è presa con se stessa per quello che ti è capitato, e sono sicuro che non se l'è ancora perdonata. Quindi sbrigati, abbiamo tutti bisogno di te». Vederlo steso, immobile,mi distrugge. Lui odia stare fermo, deve sempre trovare un pretesto per muoversi. È sempre stato iperattivo, e adesso è costretto su questo dannato letto. Il suo viso è sereno però, rilassato. Al polso ha un bracciale, che gli ha portato Leyla, così che non sia mai del tutto solo.

Sul mobiletto accanto al letto, il vaso con i fiori è stato svuotato e riempito con dei fiori freschi. Anche a questo pensa sempre Leyla, non li fa mai arrivare a sfiorire. «Signor Carter, il tempo è finito», mi informa l'infermiera di prima, da dietro la porta. «Va bene», mi alzo e metto a posto la sedia. Gli do una pacca affettuosa sulla spalla e vado via. Entro in macchina e avvio il motore, quando mi arriva una chiamata. Se è Luke, non rispondo. Ne ho avuto abbastanza per oggi.

«Nicole, ciao!», saluto la zia di Aria. «David, caro, come stai?», risponde lei con quel suo tono gentile. «Come al solito. Voi come state? Ci sono problemi?», indago subito. «No no, tranquillo. Mi chiedevo se ci sono novità».
«No, mi spiace», mento. Ho cercato di nascondergli la verità per un mese, nella vana speranza di riuscire a trovare Aria e non farli preoccupare inutilmente, ma passato quel mese, ho dovuto dirglielo. Stavano iniziando ad insospettirsi sempre di più, non sentendo la nipote da così tanto tempo. Da allora, li tengo aggiornati su ogni movimento che faccio ed è sempre un dolore dover sentire le loro voci spezzarsi al mio ennesimo "Non l'abbiamo trovata". Per questo motivo, dopo l'ultima volta, ho deciso di non dire loro nulla per un po'. Almeno non fin quanto ci sarà qualcosa di più concreto.

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