Annabeth

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La voce di Hermes risuonava nel silenzio di quella zona appartata del cortile.

"Haven, Connor."

"Io, Percy."

"Zeus, Clarisse."

"Hades, Travis."

"Apollo, Thalia."

"Hera, Leo."

"Ares, Will."

"Poseidon, Nico."

"Athena, Annabeth."

Ero contro Athena. Sinceramente, non sapevo se esserne soddisfatta, avendo la possibilità di batterla, oppure irritata dal dovermi ritrovare faccia a faccia con una persona che non mi andava a genio e a cui, avevo capito, non andavo a genio.

Hermes aprì il suo zaino e ne tirò fuori una scacchiera. La aprì per farne uscire i pezzi e disporli nel modo corretto.

"Allora." Esclamò. "Haven e Connor sono stati i primi, venite qua e fatevi sotto."

Haven prese i bianchi e Connor i neri. All' inizio della partita poteva sembrare che quest'ultimo avrebbe avuto la meglio, ma alla fine commise un errore e la ragazza vinse.

"Conosci i patti amico, sentiamo cos'hai da dirci." Disse Hermes.

Connor emise un breve sospiro silenzioso. Talmente tanto fine che ancora non so se lo abbia fatto davvero o se me lo sia immaginato data la situazione.

"Io..." Si decise a cominciare Connor "nel periodo in cui sapevo che forse non saremmo sopravvissuti a ciò che stavamo passando mi sono messo a riflettere. Avevo sempre pensato che io e Travis saremmo rimasti insieme fino in fondo, poi mi chiesi: e se così non fosse stato? Ho sempre creduto che se lui fosse morto io non sarei potuto andare avanti in nessun modo. Però poi mi dissi che non potevo saperlo, che forse, al momento del bisogno, l'unica cosa che sarebbe importata sarebbe stata la mia vita. Non so ancora se sia vero oppure no, nonostante tutto ciò che abbiamo passato. So solo che me ne vergogno, di questi pensieri che ho fatto."

Silenzio.

"Bè, direi che possiamo andare avanti." Fece poi l'ideatore del gioco con aria di chi voleva smettere di pensare alle parole di Connor. Forse capiva ciò che aveva detto?

In seguito fu il turno di Percy contro Hermes, non ero sicura che il mio ragazzo conoscesse neanche le regole. Infatti fu battuto in fretta dal suo avversario. Non ero felice di questa cosa. Sapevo che ciò che frullata nella testa di Percy era altamente tossico per sé stesso. Ma soprattutto non volevo che altri si facessero gli affari suoi senza che lui lo volesse o approvasse. In ogni caso, lo guardai per fagli capire che io ci sarei stata qualsiasi cosa sarebbe accaduta.

"Quando..." Si schiarì la gola perchè la voce vibrava. "Quando mi sono trovato nella situazione e nel luogo più difficili e brutti della mia vita. Ho fatto una cosa, che per quanto fosse l'ultima spiaggia per la situazione in cui ci trovavamo sono andato troppo oltre. E ho spaventato la persona che mi accompagnava." Ricordavo bene quell'avvenimento nel Tartaro, fin troppo bene. Per quanto Percy avesse potuto spaventarmi ci aveva salvati, e io lo avevo perdonato fin da subito, cosa che lui non aveva fatto con sé stesso.
"Tutto ciò è stato possibile soltanto per alcune... Capacità. Che io possiedo. Che fanno parte di me. Che la maggior parte del tempo sono una cosa che adoro perché posso fare cose davvero fantastiche. Ma capita che io non sia in grado di controllarle, questo mi porta ad una paura e talvolta odio verso me stesso. Ma soprattutto rimango terrorizzato all'idea di poter di nuovo spaventare le persone che amo, specialmente una. Che nonostante tutto mi sta ancora sempre affianco."

Rimasi di stucco, sentivo le orecchie fischiare. Sapevo di questa insicurezza provata dal mio ragazzo ma non avevo idea che fosse qualcosa di così profondo e radicato. Percy aveva fatto sì che io non lo capissi. Proprio perché non se lo era mai perdonato.

Giochi tra Dei e SemideiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora