"Vieni da me quando ne hai bisogno"

0 0 0
                                    

Mentre mi preparo per andare a letto, la casa è immersa nel silenzio. I miei genitori stanno già dormendo, e io mi sento stranamente serena dopo la serata con Leo. I pensieri su di lui mi girano in testa mentre mi sdraio, ma proprio mentre sto per spegnere la lampada sul comodino, sento un rumore alla finestra.

Il mio cuore salta un battito. Chi potrebbe essere a quest'ora? Mi alzo lentamente e mi avvicino alla finestra, aprendo la tenda con cautela. Quello che vedo mi lascia senza fiato.

Leo è lì, in piedi sul tetto del portico, con un occhio nero e il labbro sanguinante. I suoi vestiti sono sgualciti, e ha l'aria di chi ha appena passato l'inferno. Appena ci incrociamo con lo sguardo, prima ancora che io possa dire qualcosa, lui parla a bassa voce, con un tono che trasuda urgenza e disperazione.

"Scusami, non sapevo dove andare. È ancora valida la proposta del 'vieni da me se hai bisogno?'"

Quelle parole mi colpiscono dritto al cuore. Senza pensarci due volte, apro la finestra il più silenziosamente possibile e gli faccio cenno di entrare. Leo si arrampica dentro con una certa difficoltà, visibilmente esausto e dolorante. Appena è dentro, chiudo la finestra e tiro la tenda, poi mi giro verso di lui.

"Leo... cosa ti è successo?" chiedo a bassa voce, cercando di trattenere l'ansia che mi stringe il petto.

"Ho litigato con mio padre," risponde lui, senza nemmeno cercare di mascherare la stanchezza e la rassegnazione nella sua voce. "Non potevo restare lì... Avevo bisogno di... andarmene."

La mia rabbia cresce al pensiero di quello che ha subito, ma so che questo non è il momento per fare domande. "Aspetta qui," sussurro, mentre corro alla porta della stanza e la chiudo a chiave. Non posso permettere che i miei genitori lo trovino qui in questo stato.

Quando torno, vedo che Leo si è seduto sul bordo del mio letto, la testa china e le mani tremanti. Mi inginocchio di fronte a lui, cercando di catturare il suo sguardo.

"Non ti preoccupare, ora sei al sicuro," dico cercando di rassicurarlo. "Ma dobbiamo pulirti le ferite."

Leo annuisce debolmente, senza dire nulla. Mi alzo rapidamente e corro in bagno a prendere dell'acqua ossigenata, del cotone e qualche cerotto. Tornata da lui, inizio a pulire con delicatezza il sangue che gli cola dal labbro.

Ogni volta che il cotone tocca la ferita, vedo Leo stringere i denti per il dolore, ma non si lamenta. È chiaro che è abituato a sopportare questo genere di cose, ed è proprio questo che mi fa arrabbiare di più.

"Non dovresti sopportare questo," mormoro, cercando di mantenere la calma mentre lo pulisco. "Non è giusto."

"Non importa," risponde Leo, con una voce che trasuda una rassegnazione che mi spezza il cuore. "L'importante è che nessuno lo sappia. Non posso permettere che la gente sappia cosa succede davvero."

"Non devi farlo da solo, Leo," dico, mentre finisco di pulire le sue ferite e lo guardo negli occhi. "Non sei solo. Puoi fidarti di me."

Leo abbassa lo sguardo, come se stesse lottando con qualcosa dentro di sé. Alla fine, si limita ad annuire leggermente, senza dire nulla. La sua mano si stringe attorno alla mia, in un gesto che sembra voler dire molto più di qualsiasi parola.

Mentre finisco di sistemare il cuscino, noto che Leo è incredibilmente stanco, quasi esausto. "Devi riposarti," gli dico con dolcezza. "Puoi restare qui per la notte, ma dobbiamo fare in modo che nessuno ti veda domani mattina."

Leo annuisce, visibilmente grato. "Grazie, Mira. Non so cosa avrei fatto senza di te."

"Non c'è bisogno di ringraziarmi," rispondo con un piccolo sorriso. "Cerca di dormire un po'. Domani penseremo a cosa fare."

L'echo di un battito Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora