Abbandono la mia bici sgangherata dietro gli alberi, assicurandomi che un gruppo di cespugli la celi a chiunque imbocchi il sentiero. Il bosco è silenzioso, a parte i suoni della natura che lo abita. Mi addentro seguendo la strada battuta che ho percorso decine e decine di volte senza, però, il batticuore che avverto oggi. Il battito mi sembra così sonoro che ho quasi paura che tradisca la mia presenza.
Non sono sicura di trovare qualcuno, ma l'istinto – che ormai si è risvegliato definitivamente dal torpore in cui era caduto da quando ho messo piede in paradiso – mi urla di tenere un bassissimo profilo e non fare alcun rumore. Procedo quasi in punta di piedi, attenta a non far scricchiolare foglie e rametti secchi sotto le mie converse.
Si sta facendo sera e l'aria è elettrica. Il vento si è alzato come ad annunciare una tempesta e le fronde dei pini sbattono tra loro, investendomi con i loro aghi pungenti. Più mi avvicino al lago e più mi sembra di sentire qualcos'altro oltre lo stormire del vento. Voci.
Con il cuore in gola, decido di aggirare il lago nascondendomi dietro i tronchi degli alberi, attenta a non uscire allo scoperto prima di aver controllato la situazione a distanza di sicurezza. Perciò, smetto di seguire il sentiero e affondo i piedi nella terra morbida e smossa che copre le radici di quelle conifere secolari. Dalla molteplicità di voci che sento, mi sembra di capire che ci siano più di quattro persone, per lo più uomini. Cerco un punto d'osservazione riparato ma ottimale, scegliendo di celarmi dietro un tronco abbastanza vicino alla riva, eppure non tanto da farmi beccare.
Individuo immediatamente Salathiel, la sua figura slanciata inconfondibile tra gli energumeni che lo circondano. Le braccia conserte, sta dando ordini agli uomini che armeggiano con quella che mi pare una piccola barca scricchiolante. Ci sono due medici – lo capisco dal camice bianco che indossano e dallo stetoscopio appeso al collo – chinati sopra una barella. Non vedo distintamente chi la stia occupando, ma posso immaginarlo: Derek.
Se Derek è davvero vivo come dicono, deve tornarsene nel mondo dei vivi. Sulla Terra.
La mia teoria finalmente comincia a raccogliere le conferme di cui ha bisogno. Il Lago delle Anime è un passaggio tra la Terra e il Paradiso, tra la vita e la morte, tra il mio passato adorato e il mio solitario presente. È una scappatoia, il varco su una seconda possibilità.
L'attrazione verso quel luogo – la stessa che mi aveva spinta a immergermi nelle nere acque – è così forte che per un attimo penso di essermi sporta troppo dal mio ridicolo nascondiglio. Quanto ci avrebbero messo a scoprirmi? Spero che siano troppo occupati per accorgersi di me che li osservo, ma nel dubbio mi impongo di non posare lo sguardo sul Superiore, la cui ira è quella che temo di più.
Gli energumeni vestiti interamente di nero, come tecnici dello spettacolo che montano e smontano le attrezzature su un palcoscenico prima e dopo di una macabra performance, prendono Derek come se fosse un sacco di patate e lo spostano dalla barella alla barca.
Uno dei medici, una donna dai capelli neri lisci come seta nonostante l'umidità che aleggia sul lago sotto forma di nebbia, sale sull'imbarcazione insieme a due degli energumeni. Altri due uomini robusti, invitati da Salathiel ad affrettarsi, spingono la barca nel lago. Anche se la mia visuale è limitata dalle ombre buie che si stanno impadronendo del cielo, posso seguire benissimo la lenta scia della barchetta sulle placide acque del lago melmoso.
Non ho bisogno di restare a guardare per capire che hanno l'intenzione di gettare il corpo addormentato di Derek nel lago, nella convinzione che quel bacino oscuro lo risputi tutto intero dall'altra parte. Ancora vivo e vegeto.
In effetti, è surreale che per tutto questo tempo la via per tornare a casa sia stata proprio sotto i miei occhi: ero stata in quel posto una miriade di volte, ignara che avesse una così preziosa funzione. Eppure, non posso essere certa che il passaggio funzioni anche con me che, invece, sono realmente morta. Se non avesse funzionato? Dove sarei finita? Nel Nulla? In una sorta di Limbo? Dritta nell'ufficio del Grande Capo arrabbiato perché mi sarei permessa di giocare a fare Lui?

STAI LEGGENDO
Mortale. Le due vite di Evelyn Sullivan.
FantasíaLa vita di Evelyn Sullivan è cambiata dopo l'incidente. Non ha più la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici: sono bastati una notte ed un pirata della strada a portarle via tutto. La solitudine, nel luogo in cui è costretta a stare, è qualcosa che...