Fendente

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"Condoglianze"

Una parola nel silenzio di una telefonata improvvisata.
Un fendente netto e diretto lascia una ferita che mai avrei pensato si fosse materializzata.
Per un attimo, il cuore non regge il colpo,
una fitta dritta al petto.
Avrei preferito un pugno dritto in setto.

La vista si annebbia, vedo a fatica,
mi fermo.

In pochi attimi realizzo.

Con lo sguardo perso, opacizzo l'udito
voci e rumori diventano sibili,
bisbigli in lontananza.
Salto dall'essere ragazzo
all'essere uomo
nel tempo d'una telefonata.
Cado in un perenne stato d'ansia
che niente calma,
che ancora m'accompagna.

In autostrada le nuvole la fanno da padrone
d'altronde il sole se solo si fosse presentato
gli avrei dato del cafone.

E penso.

E ripenso,
a ciò che avrebbe potuto essere
e lo confronto con ciò che è stato.

E mi chiedo.

Perché?
tal freddezza.
Perché?
Destinato a talmente tanto dolore
costretto ad ascoltare il rumore
del cuore che nel petto si spezza
per ore.

Perché io non c'ero?
Perché io non sapevo?

Una carezza mi riporta ove ero.

Il cielo nel frattempo ha deciso di piangere.

Questi spasmi prendono il sopravvento.
Il volante di cemento.
Il mio respiro si fa pesante.
La fitta al petto rimane costante.

Uno-due secondi di silenzio.

"Grazie della vicinanza"

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