Attenzione: per motivi puramente narrativi ho cambiato la data reale della presentazione della gelateria Lec.La valigia non si chiudeva.
Un classico.
Ogni viaggio era un incubo proprio per colpa dell'organizzazione della valigia.
«Forse puoi lasciare fuori i tacchi neri?» propose Cristina, accanto a me che cercava di capire come risolvere il dilemma.
Le gettai un'occhiataccia.
«Secondo me, ho lasciato qualcosa dall'ultimo viaggio e non me ne sono resa conto» pensai, riaprendo l'oggetto del terrore.
Gettai fuori i vestiti eleganti e i jeans.
Sul fondo della valigia c'era il cappello da spiaggia molto voluminoso che avevo dimenticato lì quando l'avevo svuotata precedentemente.
Presi l'oggetto incriminato gettandolo il più lontano possibile, non curandomi di dove sarebbe andato a finire.
«Adesso possiamo riprovare» dissi alla mia amica, rimettendo i vestiti nello stesso posto di prima.
Ora si poteva notare la differenza, infatti la valigia si era chiusa senza problemi.«Per me hai portato troppe cose» continuò a sostenere Cristina, aiutandomi a sollevare il mio bagaglio dal letto per poggiarlo sul pavimento.
«Da Milano vado direttamente in Giappone, te lo sei dimenticata?» la sgridai.
Conosceva benissimo i miei piani folli, non poteva fare la finta tonta.
Alle mie parole, sospirò rumorosamente e alzò gli occhi al cielo.Sospirai a mia volta, guardando fuori dalla finestra. I colori accesi del tramonto danzavano tra di loro, creando uno spettacolo naturale.
Mi sentivo fortunata di poterlo vedere tutti i giorni, e puntualmente era una piccola cosa positiva che rallegrava tutte le mie sere.
L'aspetto che più amavo del mio carattere era proprio questo: permettevo ai brevi attimi di svoltare le mie giornate. Poteva essere una risata con le mie amiche, un saluto ricambiato di un bambino, un qualsiasi animale, che fosse domestico o meno.
Tutto poteva trasformarsi in un sorriso sfuggente, ed era proprio quello per cui dicevo 'grazie' prima di chiudere gli occhi e addormentarmi ogni notte.La notifica del messaggio che stavo aspettando mi fece girare la testa verso il letto, su cui si trovava il telefono. Era ora di andare.
Cristina mi aiutò a portare i bagagli al piano inferiore, lanciandosi verso di me per abbracciarmi.
Ricambiai, dicendole: «Non moriremo solo perché non ci vediamo per due giorni».
Ridacchiai, poiché si era subito staccata dopo aver sentito le mie parole.
«È brutto stare da sola a casa, Carlos arriva domani» ribatté, permettendomi di vedere un velo di tristezza nei suoi occhi.
Le accarezzai una spalla per consolarla.
«Prima o poi dovrò avere una casa mia, lo sai Crissi» le ricordai.
«Non posso pensare a queste cose depresse per troppo tempo, altrimenti mi vengono le rughe d'espressione. Chiederò a Lula di uscire probabilmente» continuò, assicurandosi di avere il telefono in tasca per mandare un messaggio alla nostra amica più tardi.
«Io vado, ci vediamo tra qualche giorno».
La salutai di nuovo e uscii di casa, trovando una macchina nera fuori dal cancello di casa.
Charles uscì dall'abitacolo dell'auto e mi venne incontro.
«Dai qua questa valigia. Non riesci neanche a trascinarla!» esclamò, afferrandola senza troppi giri di parole per metterla nel bagagliaio.
«Potevo farlo anche da sola» ribattei, sbuffando e sedendomi sul sedile posteriore, seguita dal pilota che si era riaccomodato davanti.
Il ragazzo alla guida si era voltato verso di me, porgendomi la mano destra.
Mi presi un secondo per osservarlo.
Aveva i lineamenti marcati, il naso dritto e la mascella squadrata. In contrasto, gli occhi scuri erano gentili e ispiravano fiducia.
Guardandolo nella sua interezza, lo riconobbi: non poteva che essere Joris, uno degli amici più cari di Charles che lo seguiva ogni tanto ai Gran Premi.
«Sono Joris, un amico di Charles» si presentò appunto, sorridendomi piano.
Ricambiai subito la stretta e dissi il mio nome, anche se sospettavo che lui lo sapesse già.
«Ci accompagnerà all'aeroporto» chiarì il monegasco accanto a lui, mentre l'altro metteva in moto, allontanandosi man a mano dalla casa di Cristina, finché non sparì dalla vista.
«Qualcuno vuole salutarti» continuò Charles porgendomi la borsa da viaggio per animali, che ormai era diventata familiare.
Un ampio sorriso si aprì sul mio volto, capendo immediatamente chi volesse vedermi.
Mi appoggiai allo schienale posteriore, posizionando la borsa sull'altro sedile, intravedendo un piccolo muso di cane dalla parte retata.
Aprì la zip della borsa e presi in braccio Leo, che iniziò a leccarmi la mano e a farmi le feste, minuscole come lui.
«Anche tu mi sei mancato» gli mormorai, come se potesse percepire tutto l'affetto che ero pronta a dargli dopo qualche giorno di separazione.
Vidi con la coda dell'occhio i due uomini davanti a me guardarsi di sfuggita, per poi rivolgere di nuovo lo sguardo sulla strada.
Continuai imperturbata a coccolare il cagnolino e lui a regalarmi baci, o quello che per lui erano.
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Red race - Charles Leclerc
FanfictionDue ragazze italiane a Monte Carlo, entrambe fan della Ferrari. Una è la fidanzata di Carlos Sainz, l'altra è la sua amica di sempre, da poco trasferitasi a Monaco, che la seguirà in tutte le gare, conoscendo di conseguenza i vari piloti. Chissà cos...