Uno scheletro e un angelo nell'armadio

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Il Gran Premio del Giappone era alla porte.

Il viaggio in aereo era stato tanto noioso quanto lungo, fatto da molteplici riposini.
Charles era stato pensieroso per tutto il volo.
Potevo soltanto ipotizzare cosa avesse, su cosa rimuginasse, quali sentimenti provasse.

Era impossibile non essere a conoscenza di quello che era successo ormai dieci anni fa proprio sull'asfalto di quel circuito: l'incidente di Jules Bianchi. 

Charles oltre a essere rinomato per il suo talento, era conosciuto per le sue perdite: il suo padrino, suo padre e uno dei suoi amici Antoine.
Potevo pensare quanto dovesse pesare ogni anno correre sullo stesso tratto di strada, dove una delle persone più importanti della sua vita l'aveva lasciato.
Quest'anno, l'ombra del passato doveva gravargli sulle spalle più che mai, essendo ufficialmente passato un decennio.

Mi ero sentita un po' in colpa ad analizzare questa situazione, avendolo affianco, addormentatosi con Leo stretto al petto.
Lo aveva accolto tra le sue braccia come se fosse stato in grado di scappare via da un momento all'altro, abbandonandolo.

Egoisticamente parlando, avevo desiderato di poter sbloccare le porte della sua mente e del suo cuore per condividere con me i suoi pensieri e i suoi sentimenti.

Era ovvio che sperasse di raggiungere il gradino più alto del podio sul circuito che gli aveva sottratto una parte di sé, per poter essere finalmente pari.
Un trofeo non avrebbe mai colmato la sua mancanza, ma sarebbe stato una dedica indimenticabile.

Mi trovai a un certo punto a dover bloccare i miei flussi di coscienza per scendere dall'aereo e andare in hotel con il pilota.
Charles era entrato in una fase di mutismo, inserendosi nelle conversazioni poche volte, abbozzando una risata qua e là.

Nell'albergo, sfuggì subito dalla mia vista, mentre io mi fermai nella hall, avendo visto Chiara seduta su un divanetto, sorseggiando quella che poteva essere solo acqua.
Mi avvicinai, salutandola e accomodandomi vicino a lei.
«Oggi avrai intenzione di essere sincera con me?» chiese, guardandomi fisso negli occhi.
Corrugai la fronte, cercando di capire a cosa si riferisse.
«La domanda che ti ho fatto in Australia» continuò, facendomi l'occhiolino.
La mia mente mi catapultò di nuovo nella discoteca di Melbourne, al tavolo, quando mi aveva chiesto se fossi la fidanzata di Charles.
Arrosii subito, chinando la testa per far scivolare i capelli davanti al volto.
Sospirai prima di rispondere.
«Potrei non essere stata completamente sincera con te quella sera» confessai.
In effetti, non eravamo ancora fidanzati in quel momento, quindi la mia non era una bugia vera e propria.
«L'avevo capito da come vi stavate muovendo, sempre insieme e vicini. Appena lo guardi ti si illuminano gli occhi e lui sta attento ad ogni tuo movimento. Mi avete ricordato me e George agli inizi» spiegò, con un sorriso a trentadue denti.
Restai di stucco ascoltando quelle belle parole con cui Chiara ci aveva descritto.
Purtroppo non rappresentavano il vero.
Forse i miei occhi potevano anche brillare, ma di certo Charles non controllava la terra su cui dovevo camminare prima di farmici poggiare i piedi.
La giovane donna seduta accanto a me aveva percepito la mia incertezza, poiché continuò: «Dico davvero, siete molto affiatati».
«Abbiamo costruito una bella amicizia prima di fidanzarci. Penso sia dato da questo» risposi solo perché sentivo che avrei dovuto dirle un paio di parole per non destare sospetti.

Non che credessi a una sua minima affermazione, forse ci aveva scambiati per qualcun altro.

Cambiai velocemente discorso, iniziando a discutere di body e marche di pannolini, come se me ne intendessi o fossi una madre anch'io.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03 ⏰

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