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❝ What you doing with your life? Do you think about it? Do you contemplate where we came from? Lately, we've been makin' out a lot not talkin' 'bout the stuff that's at the very heart of things ❞
Fui svegliata, la mattina successiva, dall'albore che filtrava attraverso le tende.
La luce del cielo mi feriva agli occhi, e quando cercai di evitarla girandomi dall'altra parte, cacciai un lamento per la fitta che sentii subito alla schiena.
Urtai contro il corpo di Galen, che si rovesciò supino sul materasso, e trattenni il respiro per non fare il minimo rumore.
In un baleno, le mie membra doloranti mi ricordarono cosa fosse accaduto appena la notte.
Guardandomi intorno, come se fosse un mondo nuovo quello a circondarmi, incominciai piano a prendere consapevolezza.
Quella mattina pensai che avrei ricordato a vita di come la mia prima volta con un uomo non fosse stata quel dolce far l'amore che avevo sempre immaginato, ma un sesso così violento e spietato da divenire quasi mortale.
Non volevo svegliarlo subito, desideravo osservarlo dormire ancora un po', così mi sdraiai sul fianco rivolta verso di lui.
In quel momento più che mai prima di allora, riflettei su quanto fosse folle il contrasto che c'era tra quanto bianco e celestiale apparisse all'esterno, e quanto nero e torbido fosse nel suo recondito.
Ero riuscita a conquistare Galen Cipriani, il cui già solo il nome aveva ormai il sapore della lussuria nella mia bocca.
Lo avevo convinto a possedermi, a farmi provare una sensazione nuova dell'essere penetrata. Mi aveva permesso di sentire il potere insito nell'accogliere la parte di un uomo, di lui che potevo finalmente proteggere abbracciandolo dentro di me, allontanando per sempre quella sensazione di repulsione e fragilità del dovermi difendere da essa, insieme alla vergogna come punizione del non esserci sempre riuscita.
Perché, con Galen, avevo capito cosa significasse poter essere una donna e non più una bambina, che poteva finalmente decidere da chi essere valicata nella sua parte più vulnerabile.
Avrei dovuto detestarlo per il modo in cui lo aveva fatto, che anche se si trattava di me, lui non riusciva a vedere nient'altro che se stesso. Ma la verità è che, forse, detestavo più me stessa per il fatto che continuavo ad accettare ciò che mi faceva, fidandomi ogni volta delle sue intenzioni, in un copione fin troppo familiare per rendermene davvero conto.
Cacciarlo dalla mia vita sarebbe stata la cosa più razionale da fare, eppure qualcosa dentro di me mi diceva che fosse la scelta sbagliata e non dipendeva solo dal piacere carnale che era capace di darmi.
Mi mettevo alla prova, provando a riflettere su come mi sarei sentita al solo pensiero che, fino alla morte, non lo avrei visto mai più.
Ciò che ne derivava, era persino peggiore della sua stretta di mano al collo.