Capitolo 2

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6 Giugno 2009 – Amalfi (Salerno)
Ore 18.30

Chi l'avrebbe mai detto! Chi l'avrebbe mai detto!
Solo questo continuano a sentire le mie stanche
orecchie. Dopo una vita passata da single impenitente sono qui, davanti al prete, ad aspettare Greta, quella che tra qualche istante diventerà mia moglie. Che strano,
pensavo che sarei restato il piacione di sempre, e invece quella che mi ha fregato è arrivata, lei dai dolci capelli biondi e dalle labbra carnose, lei con il suo metro e ottanta di altezza, lei con i suoi giochetti erotici e le semplici risate, lei...
Abbiamo deciso di sposarci in Costiera Amalfitana giacché lei, anche se vive a Roma come me, è di origini campane. All'inizio ho proposto un matrimonio civile in spiaggia ad Amalfi, ma lei ha insistito. Ergo, mi trovo
sulla scalinata della Cattedrale di Sant'Andrea
Apostolo ad aspettarla.
In questi momenti ti passa davanti tutta la vita; è anche vero che se ti sposi giovane questo pensiero è effimero, ma io avevo già quarant'anni e avevo già vissuto una
bella fetta di vita.
Laureato in Fisica, non avevo mai esercitato: avevo scritto un racconto nel periodo universitario che mi era valso un premio in Accademia, che  dopo tanti turbini
era finito in mano a un editore che aveva deciso di pubblicarlo.
Non guadagnai nulla; le royalties erano davvero misere, ma mi diede quella piccola fama che mi permise di arrivare in TV su un canale privato per un'intervista dal mio appartamento di Roma. Nel giro di dieci anni avevo scritto già diversi racconti, giudicati
ora da me robaccia; ciononostante vendevo qualcosa e mi riuscivo a mantenere in quel modo.
Il lavoro porta lavoro, mi cercavano per tante serate, ad alcune di queste c'erano sempre delle sgallettate della mia età, e a volte anche più giovani, e finiva sempre che
una o due le rimorchiavi sotto effetto di alcol e droghe sintetiche varie.
Premesso, non ero un divo, ma nuotavo in quel torbido mare, per la gioia del mio editore, che si prendeva sempre il 75% di quello che producevo, ma quantomeno era sempre presente a ogni mia uscita ufficiale.

Sono qui che osservo questa fantastica struttura: ci sono tre grandi archi centrali che si ergono di fronte all'ingresso; il marmo verde e bianco si alterna a blocchi a forma di parallelepipedo e, da buon fisico, ci vedo molta matematicità. Sopra, nel timpano centrale,
un Cristo azzurro pastello domina la piazza con il braccio alzato in segno di monito ai miscredenti, forse anche a me.
Greta sta per arrivare. È medico e ha da poco finito la specializzazione. Ha trentadue anni ed è gastroenterologa per la precisione; adesso sta entrando a piedi nella piazza, accompagnata, credo, da un collega, anche se non l'ho mai visto, da sola, poiché è orfana di genitori dalla nascita.
Si sposta dolcemente i capelli da un lato, forse è proprio quello il gesto che più adoro di lei.
La nostra relazione è sempre stata molto strana, evidentemente ha proprio un carattere da medico: freddo, a volte distaccato sino al punto che mi sembra di non conoscerla bene come dovrei.
Non sono mai andato a trovarla nemmeno una volta sul posto di lavoro, mi dice che è poco professionale e così io vago per la nostra capitale in cerca di ispirazione.
Una cosa che non capisco è perché, pur avendo una posizione molto laica, lei abbia insistito così tanto per sposarsi in chiesa; però le donne sono strane, si sa.
Inizia a percorrere la lunga scalinata e finalmente i nostri occhi si incrociano:
"Guarda che mi dovevi aspettare all'altare!", dice con voce tonante e io, imbarazzatissimo, con uno scatto in stile Adriano Celentano scappo dentro la Cattedrale.
Appena varcata la soglia l'organo inizia a suonare la marcia nuziale di Mendelssohn e inciampo disastrosamente nel tappeto rosso tirato a lustro nella navata centrale; cadendo, urto la testa contro l'inginocchiatoio in ultima fila e la musica, insieme alla luce, si spegne.

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