8: Sangue e memoria

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Anna si svegliò con un sussulto, il respiro affannoso e il corpo scosso da tremori. Si passò una mano sulla spalla, dove Thranduil l’aveva colpita durante lo scontro. La ferita, che solo poche ore prima le aveva strappato un gemito di dolore, era completamente guarita. La pelle liscia, intatta, come se nulla fosse mai accaduto. Si alzò dal letto, incredula, e si osservò allo specchio. Come poteva essere possibile? La sua mente cercava spiegazioni, ma nulla sembrava logico. *Un essere umano non guarisce così, non così in fretta.* Fu allora che una visione la colpì, improvvisa e vivida, come se fosse stata trasportata in un ricordo sepolto da tempo. Vide un uomo: alto, slanciato, dai lunghi capelli biondi che brillavano come oro sotto il sole. Il suo volto era calmo, ma solenne, gli occhi di un blu profondo le parlavano di saggezza e dolore antico. Lo conosceva? Eppure, non riusciva a ricordare chi fosse.
Il suo cuore accelerò, come se quella figura sconosciuta fosse legata a lei in un modo che ancora non riusciva a comprendere. Non aveva un nome per lui, né un contesto, ma sentiva che quell'uomo era importante, fondamentale per capire chi fosse veramente. Le sembrava di percepire una connessione nascosta tra di loro, qualcosa che trascendeva il tempo e lo spazio. Il ricordo svanì velocemente, lasciandola sola, con più domande di quante ne avesse prima. Si sedette sul letto, la testa tra le mani, cercando di mettere ordine nei pensieri. Chi era quell'uomo? Perché lo aveva visto proprio ora, dopo lo scontro con Thranduil?
"Non sono ciò che pensavo di essere..." sussurrò a se stessa, il cuore che batteva furiosamente nel petto. Ma se non era umana, allora cosa?
Anna si fermò per un attimo davanti alla porta della sua stanza, sentendo ancora il calore della tensione del recente scontro con Thranduil. Il suo corpo, nonostante fosse segnato dai colpi scambiati, si sentiva già più leggero, come se le ferite stessero guarendo a una velocità incredibile. Il pensiero le balzò in mente con un misto di meraviglia e inquietudine. *Cos’ho di diverso?* rifletté, strofinandosi il polso, dove una lieve abrasione si stava già dissolvendo. Decise di non pensarci troppo. Non ora.
Senza farsi notare, uscì silenziosamente dalla stanza e attraversò il corridoio, determinata a fare ciò che le dava sempre pace: montare il suo cavallo, Morningstar. Il fiero enorme destriero nero era stato con lei per tutto il tempo, il suo compagno fidato, e l'unico in grado di capirla senza bisogno di parole. Ma ora, ogni volta che i suoi occhi si posavano su di lui, una strana consapevolezza si faceva strada dentro di lei. *Anche tu sembri ricordarmi qualcosa che non so,* pensava, sfiorando l'elegante criniera del cavallo nelle sue passeggiate solitarie.
Si affrettò verso le stalle, ignorando il fatto che Thranduil non le avesse concesso il permesso di cavalcare da sola. *Non mi interessa cosa pensa,* si disse risoluta. Non era disposta a piegarsi ai comandi del Re, non ora. Non dopo quel confronto. Aprì la porta della stalla e trovò Morningstar ad aspettarla, come sempre, con quegli occhi profondi e intelligenti che sembravano vedere dentro la sua anima. "Ciao, Mellon nin," mormorò, accarezzandogli il muso. "Andiamo via da qui, anche solo per un po'." Come... Come ti ho chiamato? Sono parole elfiche... Ah no, non vuol dire nulla. Mi ero dimenticata che avevo imparato parole in Sindarin... Montò in sella con agilità, sentendo una nuova forza nei muscoli, una fluidità nei movimenti che non aveva mai percepito prima. "Sarà solo una cavalcata, nulla di più," sussurrò a se stessa, mentre tirava le redini e Morningstar si mosse, obbediente e pronto. Ma sapeva che era una bugia. Sentiva qualcosa muoversi dentro di lei, come una corrente sotterranea che stava emergendo. Con un colpo secco di talloni, spinse il cavallo al trotto, uscendo dalle mura del palazzo, poi lo mise al galoppo. Godette del vento che le sferzava il viso ma, soprattutto, di aver scelto di ignorare Thranduil. Rise, felice e sentì il cuore che le batteva all’unisono con quello di Morningstar. Era libera adesso!!! Mentre Morningstar galoppava con impeto lungo i sentieri boschivi, Anna lasciò che il cavallo seguisse il proprio istinto, guidato dal vento e dall'energia selvaggia che sentiva in quel momento. La sua mente vagava libera, cercando di afferrare i pensieri che le sfuggivano come sabbia tra le dita. Ogni passo di Morningstar la portava più lontano dal regno di Thranduil, e un senso di liberazione la pervase. Non aveva una meta precisa in mente, ma sentiva il bisogno di esplorare, di scoprire qualcosa oltre le mura del palazzo elfico. Dopo qualche ora di cavalcata, l'orizzonte cominciò a schiarirsi e, tra le colline e i boschi diradati, Anna intravide in lontananza un riflesso scintillante. Tirò le redini e rallentò, scrutando con attenzione. La sagoma di una città costruita su palafitte iniziava a delinearsi davanti a lei. Esgaroth, la Città del Lago. Si raccontava tanto di quel luogo, un tempo prospero grazie ai commerci con Erebor e ora in fase di ricostruzione, ma Anna non l’aveva mai visto con i propri occhi. Un leggero fremito la percorse mentre sentiva la vastità della Terra di Mezzo aprirsi davanti a lei. Eppure, un altro elemento attirò la sua attenzione: Erebor, la Montagna Solitaria, si stagliava all’orizzonte con la sua maestosità senza tempo, come una sentinella che osservava il mondo dall'alto. La sua vista evocava un misto di curiosità e inquietudine. Anna si fermò, contemplando quella scena con occhi socchiusi, cercando di comprendere l'importanza di quei luoghi. La Montagna Solitaria era così distante, eppure esercitava su di lei una strana attrazione, come se la stesse chiamando. "È solo una montagna," mormorò tra sé, ma la sua voce tradiva incertezza. C'era qualcosa che la tirava in quella direzione, qualcosa che non poteva ancora spiegare. Morningstar sembrava percepire il suo turbamento, rallentando il passo mentre l’aria diventava più fresca, quasi rarefatta. Anna si prese un attimo, accarezzando la criniera del suo destriero, ma non poteva negare la sensazione di essere osservata. "Non sei sola," si disse sottovoce, lasciando che quel pensiero si insinuasse lentamente nella sua mente.
Doveva decidere: proseguire verso Esgaroth o cedere alla curiosità che Erebor stava risvegliando in lei?
Anna si fermò, osservando la figura che si nascondeva da lei. “Sei qui per aiutarmi?” chiese, la curiosità affiorando nel suo sguardo. “Non hai paura di Thranduil?” si nascondeva nell'ombra.

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