Capitolo 3

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5 Ottobre 1971

Arrivarono all'antico anfiteatro mentre il sole stava ancora levandosi nel cielo.

La mattina era ancora fresca ma una leggera brezza tiepida preannunciava una giornata altrettanto calda.

La troupe si mise subito all'opera e controllò che tutti gli amplificatori fossero al loro posto.

C'era ancora il soundcheck da fare e questo avrebbe portato via alla band qualche ora.

Adrian ne approfittò per immortalare qualche immagine della vecchia Pompei. Il posto pullulava di mosaici, statue, immagini di una vita quotidiana rimasta sospesa nel tempo dove il silenzio rimbombava.

I quattro ragazzi invece erano rimasti nell'arena a provare il suono. Roger si rivolse al tastierista. «Rick, attaccheresti con l'intro di Echoes, per favore? Cominciamo con questa»

Richard eseguì, e il primo Si si librò nell'aria, seguito dalle altre note del pianoforte, che morbide, soavi si muovevano sospese nel cielo come in una danza, mentre Nick, seduto alla sua batteria, provava qualche colpo sui tamburi e sui piatti.

Adrain aveva ragione: l'acustica di quel luogo trascendeva il divino. E non avevano ancora iniziato a suonare.

David iniziò ad accordare la chitarra, allentandosi di tanto in tanto il collo della maglietta, per poi sfilarsela definitivamente, seguito a ruota da Richard, che gli sorrise quasi si fossero letti nel pensiero; per essere Ottobre faceva veramente troppo caldo, per loro che erano abituati al freddo umido dell'Inghilterra.

Quando il regista tornò erano pronti per iniziare.

Il sole ormai aveva raggiunto il suo punto massimo nel cielo.

Una telecamera li riprendeva dall'alto, avvicinando la prospettiva mentre l'eco della chitarra di David si fondeva con i tasti del pianoforte di Richard, al quale si aggiunsero anche la batteria e il basso, in un suono caldo, morbido, che sembrava poter riportare in vita quel luogo inviolabile.

Quando le voci di David e Richard attaccarono con la prima strofa la vecchia città di Pompei sembrava essersi risvegliata come per magia. Le note vibravano nell'aria e andavano a nascondersi in ogni pietra, in ogni colonna, tra le tessere dei mosaici e in ogni filo d'erba, trasformando quel luogo in un Paradiso Terrestre, il portale dove l'umano incontra il divino, sfiorandolo con la punta dell'indice. Se l'universo aveva un suono, doveva essere proprio quello.

Andarono avanti per un po', interrotti ogni tanto da Roger che non era pienamente soddisfatto di quello che stavano facendo. Non lo era quasi mai.

Si fermarono con la prima parte, per poter eseguire un controllo della qualità di ciò che era stato registrato, un lavoro che eseguivano meticolosamente con ogni produzione.

Solo allora David si rese conto di due bambini seduti su una grande pietra all'ingresso dell'anfiteatro. Ci mise un po' a riconoscere in uno dei due il fratellino di Sofia, Carlo, e si avvicinò ad Adrian, indicandoglieli.

«Bambini, non potete stare qua!» li rimproverò il regista, domandandosi come diavolo avessero fatto ad intrufolarsi. Era certo di aver fatto chiudere bene tutte le entrate.

«Falli rimanere» gli disse David. «Poi li riportiamo noi a casa»

Adrian acconsentì, a patto che stessero buoni e che non disturbassero. «E va bene. Ma rimanete in silenzio!» ordinò loro, facendogli cenno con il dito.

David si avvicinò a loro e gli domandò «Tua sorella sa che sei qui?»

Il ragazzino lo guardò perplesso: non sembrava aver capito.

A Saucerful of PompeiiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora