Capitolo 5

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Il tavolo su cui erano stati fatti accomodare dava su un piccolo balconcino e la vista da lì era mozzafiato: il Vesuvio dominava la scena, come un attore protagonista su un palco di acque melliflue e luci soffuse della città. La luna sorgeva timida ma imponente, facendosi spazio nella coltre di stelle che illuminavano il cielo.

David e Sofia sedevano uno di fronte all'altra, beandosi del panorama che si ergeva di fronte a loro e della reciproca compagnia.

«È molto carino qui» esordì David, guardandosi intorno.

«È un posto storico: è qui dal 1931, non ha mai cambiato una ricetta. Il proprietario si è fatto anche una certa nomea negli anni: durante la guerra si è rifiutato di rifocillare i tedeschi. Non so come abbia evitato la fucilazione»

«Audace! Non c'è che dire»

«Qui la gente è molto orgogliosa della propria terra e delle proprie tradizioni» puntualizzò Sofia, non senza una punta di soddisfazione nella voce.

«Anche tu?»

La ragazza si prese qualche secondo per pensarci. «Io amo la mia terra: il rumore del mare che si infrange sugli scogli, il sole che ti brucia la pelle, la brezza del mattino che porta con sé il fruscio delle foglie e il canto degli uccelli; il vento qui odora di sale e foglie di limone, a volte mi fermo ad ascoltare e mi sembra di sentire l'eco delle storie di vite passate che il vento e il mare portano con sé». Si fermò a guardare David, che la ascoltava rapito. «Ti sembrerà una cosa scema...»

«No» la interruppe lui. Le raccontò di come avesse avuto la stessa identica sensazione in quei due giorni alle rovine di Pompei, dove la storia riecheggiava nell'aria, nella terra e nelle pietre.

«Io ci sono stata da piccolina con mio padre, lo ricordo a malapena»

«Dovresti tornarci allora»

«E quando? Non ho mai tempo»

«Domani»

Sofia lo guardò interrogativa, la sua non sembrava una domanda, ma le avevano detto che il film-concerto che stavano girando fosse chiuso al pubblico. «Io credevo che...»

«Vieni con noi, ci sentirai suonare. Sono certo che Adrian non avrà nulla da obiettare»

Non fece in tempo a rispondere che un cameriere arrivò con due pizze fumanti, servendogliele.

Sofia cambiò prontamente discorso. «Ora... la mia cucina ti avrà anche stupito, ma questo... è il cibo degli Dèi»

David rise divertito.

«Ho conosciuto poche persone come te nella vita»

«Come me, come?» domandò Sofia, non capendo a cosa si riferisse.

«Appassionate» chiarì lui. «Il modo in cui ti esprimi, in cui mi parli della tua terra...»

Sofia rimase colpita dalla strana e inusuale lusinga.

«Tu non lo sei?» gli chiese.

«Io vengo da una città che è umida e piovosa dieci mesi l'anno»

«Però hai la tua musica»

«Sì, è vero. La musica mi ha sempre accompagnato in ogni momento della mia vita e tutto quello che provo io lo esprimo così. Che senso ha vivere se non c'è passione? È la passione per qualcosa che ti spinge a svegliarti ogni mattina. Tu ce l'hai per questi luoghi meravigliosi e lo esprimi prendendoti cura ogni giorno di casa tua»

Sofia rimase senza parole: per la prima volta si era sentita messa a nudo dalle parole di un giovane che conosceva da appena due giorni ma che era riuscito a capire molto più di lei di quanti avessero mai fatto, leggendola come se fosse un libro aperto.

A Saucerful of PompeiiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora