8 Luglio 2016
Pompei si è di nuovo svegliata.
In un turbinio di luci, suoni, musica e grida di migliaia di persone.
Due ore di pura magia durante le quali mi giro a guardare più volte il viso di Davide, che nella bellezza dei suoi sedici anni e con gli occhi di lapislazzulo umidi come rugiada, rimane incantato nell'ascoltare l'ultimo, grande assolo, di quello che è stato il suo idolo da quando era ragazzino.
«Nonna, non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi portato qui!»
Gli sorrido amorevolmente, portandogli una ciocca di capelli castani dietro l'orecchio, e gli do un bacio sulla guancia per poi voltarmi di nuovo a guardare sul palco l'uomo che, ora perso completamente nella sua musica, da quarantacinque anni a questa parte non ha mai smesso, seppur in maniera indiretta, di mantenere vivo in me un amore così intenso da rimanere segreto per tutti questi anni.
Il tempo non ha risparmiato nessuno, né me, né lui.
Rughe sul volto, mani venose, capelli d'argento.
Ma guardandolo ora mi sembra di rivedere lo stesso ragazzo che, seduto per terra nell'arena, con la stessa espressione e lo stesso cuore, ci fa dono dell'immensità della sua musica.Una lacrima scende sul mio volto quando sento la folla gridare il suo nome; ripenso ai suoi racconti e alla strada che ha percorso per diventare quello che è adesso e Dio solo sa quanto avrei voluto essere al suo fianco. Ma il destino ha deciso per noi due strade completamente diverse: la mia vita al casale è rimasta quella che era, la famiglia si è allargata con dei figli e dei nipoti, tra cui Davide, il nipote prediletto, che ora si è unito al coro di voci che gridano il nome di una leggenda.
David scruta il suo pubblico, rivolge sorrisi e inchini fino a che il suo sguardo non si posa su di me, che dalla prima fila ricambio il sorriso. Rimaniamo a guardarci negli occhi per un istante che sembra durare un'eternità; la stessa eternità di quei quattro giorni di quell'ottobre del 1971, che mi hanno cambiato la vita in meglio, le hanno dato un senso, insegnandomi per la prima volta che cosa significa amare.
Mi fa un cenno con la testa, prima di sparire di nuovo dietro il palco.
Davide non se ne è accorto, troppo preso a commentare la grandezza di quel concerto con un ragazzo in piedi di fianco a lui.
Quando il concerto finisce, lo prendo sotto braccio e ci incamminiamo verso l'uscita.
«È stata la serata più bella della mia vita! Ti prego, nonna, raccontami ancora una volta di quando sono venuti al casale!»
Tiro un grosso sospiro. «Un giorno ti racconterò tutto» rispondo.
Davide non sa di tutti i dettagli, e nemmeno gran parte della mia famiglia, anche se mia sorella Adele lo ha sempre sospettato senza dirmi niente, e così mia madre, che nonostante i dissapori, si portò tutti i suoi dubbi con sé nella tomba.
Mentre ci dirigiamo lentamente verso la macchina ripenso a quel lontano 1971, a quell'amore che non ho mai più provato nel corso degli anni.
Nemmeno per mio marito.
E ora che la mia vita è passata per più della metà, che mi sono sposata, che ho avuto dei figli, i quali a loro volta hanno avuto dei figli, se mi guardo indietro mi rendo conto che io, quel giovane chitarrista inglese dai modi gentili e il cuore d'oro, non l'ho mai dimenticato.
FINE
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A Saucerful of Pompeii
FanfictionCosa sarà successo in quei quattro giorni in cui i Pink Floyd hanno girato il loro film concerto a Pompei? ecco una (Im)probabile storia