Continuo a rigirarmi nel letto senza trovare pace.
Non ho neanche idea dell’ora ma, a giudicare dal buio esterno, deve essere molto tardi.
Sono sola nella stanza ed è questo che mi impedisce di prendere sonno. Helena è tornata nella sua città natale per trascorrere il fine settimana con la sua famiglia ed io soffro tremendamente la sua assenza.
Non ho paura del buio ma di dormire da sola in un qualsiasi posto che non sia casa mia. Non sono mai stata abituata a farlo e, quando sono costretta, vivo qualcosa simile ad un attacco di panico.
Un suono brusco e improvviso mi fa pietrificare nel letto. Forse l’ho immaginato, forse qualcuno nelle stanze adiacenti alla mia hanno fatto cadere qualcosa.
Faccio per rigirarmi sul fianco quando quel suono si ripresenta.
Proviene indubbiamente dalla porta della mia stanza. Qualcuno vi sta tamburellando sopra con una certa insistenza.
Mi sollevo dal letto e in un attimo sono alla porta. Il cuore martella come un tamburo nel petto mentre stringo la maniglia, indecisa se aprire o meno.
Il suono dall’altro lato cessa e, quell’improvviso silenzio, mi convince a far scattare la serratura e spalancare la porta.
Quello che mi ritrovo davanti è un volto intriso di sangue oramai rappreso ed un corpo massiccio, ma mollemente appoggiato contro lo stipite della porta.
Mi manca il fiato e solo la sorpresa ed il terrore mi impediscono di urlare.
«Rosemary.»
La voce roca di Thomas mi permette di ritornare alla realtà e di mettere a fuoco il suo viso sotto quella maschera di sangue.
Accenna ad un sorriso ma il dolore lo trasforma in un ghigno. Noto che si tiene l’addome con un braccio.
«Thomas…» sono frastornata, ma riesco finalmente a dire qualcosa di sensato. «Che cosa ti è successo?»
«Scusami, io…» deglutisce a fatica e ogni parola gli causa dolore. «Non sapevo dove altro andare…»
Lo tiro delicatamente per il tessuto della felpa così da farlo entrare all’interno della stanza. Chiudo la porta alle nostre spalle e mi volto a guardarlo.
Emozioni contrastanti mi travolgono. La preoccupazione e il terrore per quello che vedo mi tolgono il respiro, eppure sono felice che abbia pensato di chiedere aiuto proprio a me, una completa estranea.
Lui sembra piuttosto impacciato mentre lascia vagare lo sguardo sull’intera stanza. Nonostante il dolore, noto che studia tutto con molta curiosità e i suoi occhi puntano al letto vuoto di Helena.
«La tua compagna di stanza non c’è?»
«No, sono da sola.»
Vedo le sue spalle abbassarsi, forse in segno di sollievo, e fa per voltarsi nuovamente verso di me che sono ancora appoggiata con la schiena contro la porta.
«È la prima volta che entro nella stanza di una ragazza…» le labbra si piegano in quel mezzo sorriso che conosco bene. «Non credevo che la prima sarebbe stata la tua.»
Per quanto il tuo tono sia scherzoso, non riesco a mascherare l’irritazione, sottolineata dal modo in cui aggrotto le sopracciglia.
«Siediti sul letto.» gli dico, decidendo di non considerare minimamente la sua ultima uscita. «Per tua fortuna, la mia compagna di stanza studia medicina e ha organizzato una scatola con tutto il necessario per curare le ferite.»
Mi sposto verso il lato della stanza di Helena. So bene dove tiene le sue cose e, infatti, non ci metto molto ad individuare la scatola di latta su uno degli scaffali più alti della libreria.
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The Devil's Garden
ChickLitRosemary è una ragazza come tante. Ha iniziato a frequentare l'Università di Boston e lavora in una caffetteria. La sua quotidianità sta per essere stravolta dall'arrivi di un misterioso assistente...