Capitolo 6 ~ Thomas

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«Ecco i vostri caffè!»

Sorrido ai due clienti seduti al tavolo vicino alla finestra mentre poggio delicatamente le tazze fumanti sul tavolo.

Il mio è un sorriso di pura soddisfazione.

Sono riuscita ad attraversare l’intera sala col vassoio in perfetto equilibrio, senza inciampare né versare il contenuto. È una soddisfazione personale.

«Per qualsiasi cosa sono al bancone.» dico con dolcezza ma non mi dilungo oltre.

Ho ancora un altro cliente da servire e non voglio farlo attendere.

Mi volto di scatto ed urto sbadatamente contro qualcuno di decisamente alto e massiccio.
Per non cadere mi aggrappo a lui e le sue braccia corrono in mio soccorso. Il vassoio mi sfugge dalle mani e cade rumorosamente a terra.

Una camicia bianca e immacolata, un completo di pantalone e giacca blu scuro e un profumo forte da uomo che mi riempie le narici.

«Mi dispiace, io…» sollevo il capo.

Capelli perfettamente ordinati, barba curata e due occhi neri che mi scrutano con aria severa.

Ho già visto quello sguardo.

«Quanto sei goffa, signorina Wine.» le sue labbra si piegano in un ghigno che cozza con quegli abiti perfetti.

Aggrotto le sopracciglia, in un primo momento non lo riconosco vestito in quel modo e con i capelli perfettamente sistemati. Ma quegli occhi rabbiosi sono inconfondibili.

«Sei tu.» sbotto accigliata.

«Non mi chiedi neanche scusa?»

Sono troppo intenta a guardargli i vestiti per seguire quello che ha da dire.

«Ti piace almeno quello che stai toccando?» sussurra con fare malizioso.

Abbasso lo sguardo sulle mie mani, aggrappate alla camicia, proprio all’altezza dei pettorali.

Il mio volto si infiamma e mollo subito il tessuto.

«Scusami!» riesco finalmente a dire.

Lui sospira e le sopracciglia si aggrottano mentre va a distendere il tessuto della camicia con fare chiaramente infastidito.

«Sei fortunata.» dice «Se mi gettavi qualcosa addosso avresti dovuto trovare un modo convincente per farti perdonare.»

Lo ascolto ma di sfuggita perché mi accorgo solo in quel momento che il vassoio è caduto ai nostri piedi. Mi inginocchio per raccoglierlo e lui ride.

«Sì, così va molto meglio.» sollevai gli occhi su di lui e vidi il piglio malizioso della sua bocca. «Potrei perdonarti all’istante se ti inginocchiassi…»

Sono distratta e goffa ma non certo una sciocca. La sua allusione l’ho colta al volo.

«Sei nauseante.» gli dico stringendo il vassoio contro il petto.

Il rossore mi pizzica le guance e la vergogna mi spinge a dargli le spalle e rifugiarmi dietro il bancone.

È una salvezza che dura un battito di ciglia.

Mi volto e lui è lì, con i gomiti poggiati sul bancone e un sorriso strafottente.

«Non puoi liberarti di me così facilmente, signorina Wine.» prende a tamburellare sul legno del bancone. «Sono pur sempre un cliente.»

«Allora deve attendere perché ho un altro tavolo da servire.» gli rispondo con tono gelido, iniziando a preparare la macchina per il cappuccino all’italiana.

«Mi chiamo Thomas.»

«Nessuno te l’ha chiesto.» neanche lo guardo in faccia quando gli rispondo.

«Eppure scommetto che volevi saperlo.» ride «Così potrai scriverlo sul tuo diario segreto.»

Poggio la tazza sotto la macchina del cappuccino e premo il tasto di avvio prima di voltarmi a guardarlo. Sono indispettita e non riesco a nasconderlo.

«Non uso il diario segreto da anni…» il mio tono piccato gli strappa un nuovo sorriso.

«Ah no?» solleva la mano e mostra un taccuino nero esattamente come il mio. «E questo cos’è?»

Spalanco gli occhi all’istante e porto una mano alla tasca del grembiule. È vuota.

«Come hai fatto…» inizio ma poi la sorpresa si trasforma in rabbia quando lo vedo intento ad aprirlo. «Ridammelo subito!»

Ogni pagina contiene uno schizzo. Un viso, un dettaglio, un paesaggio. Lui li lascia scorrere sotto i suoi occhi distanziandosi dal bancone per impedirmi di riacciuffarlo.

Poi arriva al disegno dei suoi occhi e il cuore mi sprofonda.

«Mi hai disegnato…» sussurra e, per la prima volta, sono io a sorprendere lui.

Resto in silenzio e stringo i pugni. Detesto che si guardi il mio taccuino, è come se si guardasse dentro di me.

«Perché lo hai fatto?» mi chiede sollevando quegli occhi scuri su di me.

«Dammelo.» dico solamente, non sono disposta a rispondere ad alcuna sua domanda. Allungo la mano in attesa e lui alla fine cede.

«Gli occhi non sono l’unica parte bella di me, lo sai?» torna a sporgersi sul bancone mentre sistemo la tazza di cappuccino sul vassoio. «Posso farti da modello personale…»

Le guance avvampano e sono troppo imbarazzata anche solo per rispondergli male.

Consegno il vassoio alla mia collega che ne approfitta per squadrare Thomas con un certo interesse prima di allontanarsi.

«Cosa posso servirti?» chiedo sperando di distrarlo.

«Un caffè lungo da portare via.» fa una pausa «Ti prego di non gettarmelo addosso, il completo non è mio.»

Deve aver letto qualcosa nella mia espressione per essere arrivato a pregarmi.

«Come mai sei vestito così bene?» la domanda mi sfugge letteralmente dalle labbra e un attimo dopo mi pento di avergli mostrato il mio interesse.

«Oggi inizio a lavorare.» Si tira giù la manica della camicia nonostante la giacca a coprirla. «Mi hanno detto di essere elegante.»

Sembra improvvisamente corrucciato e teso, come se quei vestiti gli stessero stretti.

«Lo sei.» gli metto davanti il caffè da portare via. «Ma devi cambiare atteggiamento.»

Thomas raccoglie il suo caffè ma indugia ancora per un istante.

«Posso cambiare l’esterno ma non l’interno, signorina Wine.» fa per voltarsi.

«Mi chiamo Rosemary.»

Lui accenna ad un sorriso mentre si volta leggermente a guardarmi poi si volta diretto a passo svelto verso l’uscita.

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